venerdì 6 ottobre 2017

Lo stratega.

Durante i tre discorsi tenuti a Bologna dal Papa, è stata rischiarata la sua strategia politica su quel suolo italiano di cui riconosce le differenze e le particolarità, meglio dei leghisti.
Mi ero chiesto che cosa avesse mandato a fare a Bologna un Vescovo scalzo, un assistente dei poveri emarginati, rimuovendolo da una sede urbana intrisa di diseredati come Roma, per una provincia dove il numero dei senza tutela e speranza è stato fino ad ora limitato. E' pur vero che è in via di rapido aumento, ma le proporzioni sono incommensurabili.
Poi Francesco è venuto a parlarci - più che a parlare a tutto il gregge - del modello emiliano, a lodarlo ed a riconoscerne l'ormai quasi storica efficienza ed utilità
Ha apprezzato il metodo cooperativistico, ha parlato utopisticamente agli universitari - secondo me, i più restii ad accettarlo, a parte le lobby anche lì diffuse ed influenti.
Ha infine definito l'anima cittadina, identificandola con la Chiesa, il Comune e l'Università.
Non ha citato le periferie ex operaie, ora in crescente colonizzazione della criminalità immigrata ed autoctona.
Si è rifatto al costituendo nucleo storico cittadino, all'insegna della solidarietà elitaria, intellettuale, ma, bisogna riconoscerlo, suffragata dall'impegno- parziale - della Chiesa di Monsignor Zuppi.
E' stato archiviata la " Bologna sazia e disperata " del cardinale Biffi, pur proveniente dalle case di ringhiera milanesi e l'aristocrazia teologica di Caffarra, conservatore e dubbioso sull'operato del Papa, l'uno e l'altro esponenti della contrapposizione istituzionale ecclesiastica all'humus della énclave da sempre ribelle - come la definì - quel popol pravo - Bonifacio VIII, la cui statua celebrativa giace nei magazzini comunali, dopo aver troneggiato in Piazza maggiore.
Così come è toccato a Vittorio Emanuele II, a sua volta sfrattato dal Centro e ricollocato a cavallo all'ingresso sud dei Giardini Margherita, con l'omissione di "Regina" che resta però nella denominazione ufficiale.
Ecco che la Chiesa francescana - un Francesco politicamente finissimo - torna sui suoi passi. 
Il comunismo è alle spalle - e si può ripresentare col saio laddove sembrava(?) espulsa, fortemente minoritaria e riproporsi come leader di un sistema accogliente ( anche troppo, tanto da costituire la sua debolezza sociale, ma da essere il vanto dell'amministrazione ).
Qualche decennio fa, sul Corriere della Sera, il direttore Piero Ottone fece scrivere che " Bologna è in Scandinavia ".
L'istituzione cattolica vi era allora ai margini, almeno della condivisione popolare, sostituita efficacemente dall'organizzazione comunista e dalle ottime disposizioni che avevano consentito alle famiglie operaie di godere di due redditi ( attraverso l'istituzione e la diffusione degli asili nido gratuiti  ) e di precostituire un avvenire meno fatalistico ai propri discendenti, migliorando il clima dell'intera città.
Un clima tollerante ed ironico, ma senza sarcasmo, che attrasse ed attrae, purtroppo non solo chi era ed è alla ricerca di comprensione ed inserimento, ma anche coloro che, orgogliosi e presuntuosi, pieni di pregiudizi e di portati borbonici, si approcciavano e si perpetuano per sfruttare la realtà locale disprezzandola e giustificandone l'offesa.
Per questi avremmo e dovremmo essere meno accoglienti.
Ma i tempi sono rapidamente cambiati e la Chiesa sociale si offre di contribuire, anzi no: di cogestire con ruolo di preminenza, il modello infranto.
Qui sta il limite della laicità non più spendibile popolarmente, dato che di laicità e sociologia cattolica non si sa niente a Borgo Panigale, a San Donato e alla Bolognina.
Per generazioni si è tramandato, nelle famiglie, che i fascisti - e Bologna fu una delle città più fasciste d'Italia, prima di convertirsi con prontezza trasformista in comunista - si riunivano nelle sacrestie e che  la Chiesa fu al loro fianco nella nostra regione.
Il Papa è francescano e spera, a sua volta di essere accolto. Ma non da solo.
Ha già ringraziato.
In tutto questo ha avuto influenza l'asse con il Vescovo- assistenziale ( con encomio sincero ) ed ecco la gesuitica mossa sulla scacchiera.
Bologna, in passato aveva sperimentato la contrapposizione politica con la Chiesa, nei preti volanti del cardinale Giacomo Lercaro, che interferivano con i comizi della lista " Due torri " per il Comune e della bandiera nazionale semicoperta dal drappo rosso con la falce e il martello ( gli attrezzi ) del comunismo nazionale nel gurgite vasto dell'internazionalismo.
La Giunta del Sindaco Guido Fanti gli conferì in seguito la cittadinanza onoraria, che fu accettata e che gli costò la mancata elezione al Soglio di Pietro nel successivo Conclave.
La " Civiltà cattolica " è presente, in abbonamento, presso tutte le cancellerie mondiali, a prescindere dalla loro cultura, religione o cifra ideologica: è uno strumento intepretativo, stimato e considerato, di analisi politica e di base strategica; in primis della Chiesa cattolica.
Il tono belante della vecchiezza e quello ambiguo e fremente dell'ecclesialità giovane, la gravità, ora sicura, ora frustrata, dell'età di mezzo dei preti, viene adesso convogliata verso l'universalismo evangelico, ma non rifugge dalle esperienze storiche, anche se un po' traballanti, di controllo sociale alternativo, affiancandosi e collaborando al loro mantenimento, nell'attesa eventuale di un loro smottamento.
E' nelle cose.
La giornata bolognese del Papa non è stata esclusivamente pastorale - qui i cani da guardia avevano cambiato casacca - ma intrinsecamente politica.
Ha colto, insieme a parte della Curia e degli uffici apostolici, il sentore di una difficoltà crescente e la perdita di identità del modello emiliano e lo ha esortato a conservarsi, con l'appoggio o appoggiandosi alla Chiesa apparente, come la politica, del suo pontificato.
Chiesa, Comune a Università.
L'Università, nelle sue facoltà professionali, può offrire, al massimo, una devozione opportunistica , se il cattolicesimo di sempre, in foggia d'occasione, favorirà  prebende, affari e carriere. Comunione & fatturazione ha già una forte influenza nelle facoltà degli affari e delle professioni ed interseca,  rappresenta il mondo delle discendenze della ricchezza delle conoscenze e del prestigio, facendo intravedere agli altri la possibilità di accodarsi e, per i meno ingenui, l'opportunità di contendersi a suon di ruffianerie, delle posizioni vicarie, per sè e per la famiglia.
Resisteranno testimonialmente parte delle inutili facoltà umanistiche e, in senso lato, astratte, come la dottrina della Chiesa, culturali ma non assolutiste come è il cattolicesimo, che, sotto traccia, resta immutato.
Anche in quest'ambito la conquista convertitrice sarà esercitata pesantemente, non diversamente da quanto faceva il comunismo realizzato con i corsi di ateismo, ma vi troverà il suo naturale, relativistico contraltare.
La trincea dialettica va presidiata e il dialogos - tranne che nelle famiglie, purtroppo - non si potrà interrompere.
Il pampa-Papa parla bene, con profondità e semplicità ma è sempre l'esponente, per di più osteggiato dalla sua stessa Curia e da ampia parte del clero, dell'eterna controriforma cattolica.
La società bolognese, soprattutto quella colta, esclusi i professori universitari, che trasmigrarono in massa, dopo la guerra, dal fascismo tutelante al comunismo che gli consentiva di mantenere i ruoli di tranquillo privilegio, collocandosi all'opposizione e interpretando l'egemonia culturale  del P.C.I., conoscerà non nuovi, ma riproducentisi agoni sommersi
La cultura cortigiana degli accademici e degli intellettuali panteisticamente minuziosi ed organici, .è traditrice, inaffidabile.
Quella priva di interessi connessi non è effettivamente inutile: non dà pane, ma salvaguarda una importantissima categoria di vetta, disconosciuta nutrice delle attuali o future declinazioni del meglio.
Sarà la propaganda incensatoria, di tutto e del suo contrario, senza cambiare gli incensatori, a (ri)cominciare a svilirla.
La carriera va portata a termine.
Che ne sarà di Francesco?
Al massimo sarà santo.

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