giovedì 19 ottobre 2017

Senza titolo.

Le cronache della nostra vita, da quelle recitate a quelle letterarie, esulano dalla malattia implicita, nascosta, ma ben presente nella psicopatologia quotidiana.
I pensieri compulsivi, gli effetti dei traumi, l'influenza pesante della famiglia d'origine, tutto quanto è sedimentato nella psiche dall'infanzia, quando le esperienze materiali e morali non sono ancora filtrate da un'ideologia adattatoria e le impressioni si imprimono nell'anima, mentre verranno sepolte, ma non spente, nel profondo, da una serie di ragionamenti e di cultura superficiale, in quanto incapace di fotografare e trasmettere la verità del nostro essere.
Le rimozioni sono diverse: da quella ambientale, sociale, sovrastrutturale, al senso di violata dignità, all'inferiorità indotta da coalizioni formali e non, di esclusione e manipolazione.
Frequenti anche i gesti di pura criminalità precoce, nella quale il senso del danno e dell'umiliazione dei più esposti e deboli, è ben presente agli aguzzini, che non ne traggono alcuno scrupolo e la cui messa in opera non necessita di alcuna rimozione.
Quando l'evolversi della loro vita lascerà quell'approdo crudelmente immaturo, il ricorso mnemonico compiaciuto resterà a concimare l'orgoglio offensivo, accompagnato dal compiacimento per aver colpito a man salva.
Per questo la nostra biografia pubblica non darà mai conto né degli abusi, né delle capitolazioni e le une e le altre saranno escluse dalla valutazione comune.
Sottotraccia, però, le diverse nature, maligne e benigne, si riconoscono, ma solo le prime si metastatizzano, interagiscono in un corpo multimembra, in un'altra figurazione della dea Kalì.
C'è un mondo celato, a volte avvertito, ma mai dichiarato, banalmente noto ad altri, capace di alterare le dinamiche vitali di chi ne è stato l'oggetto, a deformarne la mente e le condotte, in genere autoafflittive.
Fra il provocatore/i e la società morale, corre una solidarietà criminale non dichiarata che fa di ogni profittatore, opportunista, ingannatore, abusante, un elemento perfettamente integrato nel suo ambiente sociale, dopo aver escluso da ogni forma di integrazione, i bersagli di una specifica cattiveria.
Si perché la malvagità trova accoglienza e tutela in ambiti coerenti nei quali la riconoscibilità è la condizione per essere esclusi dalle persecuzioni, per le quali, anzi, si viene arruolati, come prova di affiliazione.
L'originalità, il nervosismo, l'asocialità sono prodotti derivati, ignoti o rimossi, che lasciano indifese le vittime, per le quali qualunque sentimento morale si trova nella condizione di abbandono, gravata da una sterile indifferenza.

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