lunedì 26 giugno 2017

L'aterritorialità, ma non globale, della cultura.

Stefano Rodotà se ne è andato.
Insalutato ospite.
Il candidato grillino sarebbe durato poco alla Presidenza della Repubblica.
Portò dalla Sorbona lo spirito illuminista e si diede da fare per fecondarne le istituzioni e coniugarle con quella cultura.
Tentativo vano, un po' bizzarro già nella sua genesi.
Anche se l'illuminismo conobbe nell'ottocento due declinazioni, in Italia.
Quella lombarda,  interpretata da minoranze liberali, neppure univoche, e dal sentimento popolare contro l'oppressione, intersecato da forti tradizioni culturali cattoliche.
Manzoni, che condivideva le due dottrine, ne rappresenta una sintesi colta. 
L' espressione laica più bella dell'illuminismo settentrionale fu, sul piano filosofico-giuridico, "Dei delitti e delle pene" di Cesare Beccaria.
Quella napoletana, anch'essa liberale e crociana, non fu conosciuta, perché non divulgata, dai lazzari e  fu borbonicamente accolta e metabolizzata.
Il fatto che sia stata digeribile ne denuncia i gravami formativi e la monca, quindi sterile, evoluzione. Anche quella milanese non fu, nelle sue potenzialità rivoluzionarie, adeguatamente partecipata.

L'illuminismo, la cultura non si importano, scaturiscono dall'Ego delle nazioni; quelli italiani - sono molti e dispersi - non vi hanno attinenza.
Alla Sorbona insegnò, da esule o da latitante anche Toni Negri che, comunista trascendente, fu ottimo professore, ma non esportatore, neanche produttore, di alcuna influenza, tranne che sugli studenti, che se la lasciarono alle spalle dopo la laurea.
Del resto era solito dire: "trenta, tanto lei non ha capito un cazzo, né mai lo capirà".
L'illuminista del sud fu sempre residente a Roma dove visse in simbiosi con l'intellighenzia radicale di Eugenio Scalfari e di Ettore Scola, nella città meno illuminista del mondo, a meno che non si voglia equivocare il cinismo e il nichilismo pigri, con il sovvertimento di tutti i principi feudali, legati alla terra e sanfedisti legati alla religione, che è il basamento della cultura nazionale francese.
Ancora oggi.
Rodotà che pure, a quanto pare, raccomandò la figlia perché entrasse in una redazione giornalistica - altrimenti, a Roma, ma anche altrove, non vi sarebbe mai approdata - parlò al ponentino e a se stesso, fu celebrato e reso pubblico dalla stampa autoreferenziale di un'intellettualità importante, ma di rivalsa nei corridoi parlamentari, onanisticamente autoconsolatoria nella varie "terrazze" romane o, ancor prima, sotto il marmo dei tavolini del caffé Greco.
Perché sotto e non sopra? Ma, ventimila seghe sotti i marmi, si diceva.
Stefano Rodotà è stato un esponente di quella cultura, appresa sui libri e sotto influenze del tutto imparagonabili, che In italia non ha mai avuto, né mai avrà, alcun diritto di cittadinanza.
Sarà ancora ignorata  e aggredibile da anticorpi formatisi nella sua non conoscenza, per la commistione fra l'impronta cattolica onnipresente e la confluenza, che resterà assolutamente autonoma, non ibridabile, dell'islamismo.
Ibride, per altro, farebbero ancora più danni.
Rodotà ha quindi, con appassionata oziososità, parlato ai suoi acculturati amici, si è distratto partecipando ai rozzi convegni della CGIL, ha anche sfilato qualche volta con i manifestanti, convinti dal servizio d'ordine che quel sofisticato professore condividesse i loro elementari non pensieri, solo perché era sceso per strada.
Sarà dunque ricordato solo nelle lobby autoincensantesi alle quali aderiva, in questo italianissimo, anche se di nicchia e, per toponomastica urbana, anche i passanti ne leggeranno il nome e lo prenderanno a riferimento per qualche appuntamento. 

Senza la mafia, il malaffare e le clientele non si governa.

Pochi ne parleranno, tutti presi alla disamina dei possibili assetti di potere, prima che le prossime elezioni politiche ne sanciscano il ribaltamento, la dispersione o la conferma, ma il fenomeno Trapani, nell'astensionista Sicilia di provincia, è particolare.
Dopo una serie reiterata di ordini di arresto, avvisi di garanzia, era rimasto in lizza un solo candidato; quello esente da avvisi di garanzia o richieste di arresto.  
Cetto La Qualunque, nonostante l'invadenza e l'interferenza dei pubblici ministeri, era uscito stravincitore al primo turno.
Subito dopo, ripetuta la richiesta d'arresto, si era ritirato.
Era rimasto in campo un unico candidato, che però non è riuscito a raggiungere il quorum previsto da una legge della regione Sicilia.
Quindi l'astensione è stata un voto, un chiaro pronunciamento politico, nel senso degli affari clientelari, apportati da chiunque, tranne, forse, dal candidato bocciato.
Adesso, il commissario dovrà navigare sulle onde o sulle increspature di un mare insidioso, senza ritenere di avere un potere effettivo, sia pur delegato.
Non vale la pena di rimetterci la pelle quando il tuo nemico di facciata alligna anche fra i tuoi collaboratori, lasciatovi dalla precedente amministrazione.
Dovunque, nelle altre plaghe, l'ex elettorato del partito comunista, culturalmente spiazzato, ha smesso di andare a votare.
Che la destra, senza finzioni, in questo modo vinca, non lo disturba, anzi è un elemento di chiarezza.
Per questo non si esprime più e lascia le sue storiche roccaforti in mano ad alieni particolaristici, di minoranza.
La mancanza di rappresentatività svela l'ipocrita finzione della democrazia attuale e il mondo nostalgico e romantico della sinistra che fu, non supporta  quelli che non sono neppure i suoi surrogati.
C'è in questo un'analisi od una presa d'atto seria: non solo la sinistra è morta, ma anche la politica.
I ceti privilegiati non hanno mai smesso di esserlo e adesso facciano pure i loro giochi interni, tanto le classi subordinate la loro socialità la ritroveranno nei circoli, per strada, nei quartieri, dato che la chiesa non c'è più e il suo sostitutivo non è frequentabile.
Prima che una generazione vada nel dimenticatoio.   

domenica 25 giugno 2017

Non dare nulla per scontato e non assecondarne la corrente.

C'è un'attitudine  a vedere nell'evolversi di situazioni in atto, una congiura criptica: dai Savi di Sion, ai Massoni, passando per tutte le esoterie filosofiche di uso e conoscenza ( vaga ) corrente, il continuum di una congiura alla quale opporne un altro, anch'esso puramente mentale.
Ciò nonostante, sono rilevabili delle coerenze in progress, che testimoniano semplicemente di una prevalenza temporanea, ma in espansione dinamica su omogenee aree di riferimento.
E' un dato di fatto che le democrazie nazionali dei paesi meno solidali e più corrotti, in un mutato contesto di rapporti di forza e di equilibrio, non esistano più, tranne che nelle forme falsificatrici e dispersive che possono coniugare l'interesse di un decaduto sistema politico, con la subordinazione ultraricettiva  dell'imperio remoto e di quello, commissariale, prossimo.
E' stato stipulato un trattato fra l'Unione europea e il Canada, delegato degli Stati Uniti che si erano visti respingere un identico, ma più intimorente, dato il loro peso specifico, protocollo conforme.
Sotto lo pseudonimo, fornito da uno Stato che in ambiti così vasti non potrebbe agire motu proprio, ecco sancita l'anarchia nella veicolazione di ogni prodotto e servizio di quelle entità super partes, anche nel nome, di multinazionali, secondo le loro regole commerciali e distributive.
Eventuali arbitrati, a precondizioni favorevoli per le multinazionali, si svolgerebbero in caso di opposizioni nazionali, in nome della propria ( Quisling-canadese ) legislazione sull'ambiente e sul lavoro.
In realtà si tratta di una sovrapposizione globalista dell'arbitrio minicompensatorio al quale sono demandate le cause di lavoro in costanza di rapporto.
Questo trattato si chiama CETA e si inscrive sulla desertificazione dei diritti degli Stati sovrani o di alcuni di essi, maturati, in un'altra era storica, appena conclusa, nel clima equilibrato della contrapposizione fra blocchi; almeno sul continente europeo.
Insomma, a seconda della convenienza del prezzo, si importerà di tutto, anche il grano duro che, in nord America, viene coltivato con un massiccio uso del glifosato, anche se cancerogeno.
E' solo uno dei tanti esempi che si potrebbero proporre. La diga è saltata  e ci muoviamo sulla piena con barchette rimediate.
Il parlamento degli stipendiati in ottica previdenziale, ratificherà certamente un altro trattato deprimente sia l'economia autoctona, sia il morale.
D'altra parte, negli ultimi anni, il parlamento era così delegittimato anche ai propri occhi che ha approvato di tutto, anche la propria formale estinzione senatoriale ed è stato rimesso al suo posto, almeno formalmente, dal referendum costituzionale del 4 Dicembre scorso.
I disarcionati di allora sono di nuovo in sella.
La guerra commerciale alla democrazia non conosce soste, anzi parlare di democrazia è ormai retorico.
Per quel che può valere, bisognerà evitare, fuori dai ranghi istituzioanli, di volgere lo sguardo da un'altra parte. 


Fra lo ius soli e lo ius sanguinis.

La genitorialità quale attributrice anche dell'Ego nazionale oppure, come tutte le legislazioni e le dottrine giuridiche laiche affermano, la nazionalità culturale che verrà per chi nasce su di un suolo diverso da quello dei genitori?
E' stato dato per scontato che sia cittadino chi inizia e cresce in una nazione della quale sarà chiamato, ma non in interiore homine, a interpretare i connotati acquisiti, dopo averli sperimentati.
Anche interiorizzati?
Non è escluso, ma certamente sarebbe un processo contraddittorio, influenzato dal clima, dal sentimento e dalle diverse tradizioni della famiglia, fino all'incongruità del senso religioso, soprattutto quando è il prodotto di una radice comune, che anche per questo ha dato frutti in conflitto, potenzialmente fagocitantisi.
In realtà, sia pur attraverso una rimozione-finzione, il problema non si porrebbe se i figli dei migrati fossero pochi, distribuiti sul territorio in un numero esiguo.
Il fenomeno diventa molto più impegnativo e i sacri principi non più applicabili, quando le migrazioni, le invasioni, anche se per sottomettersi ad un lavoro ingrato, sono di massa ed a maggior ragione quando lo scarto delle guerre da noi stessi prodotte ed incrementate, va rancorosamente verso i lidi dei vincitori, in cerca di sussistenza , insieme all'angoscia di aver perso i propri approdi.
L'arricchimento, l'imborghesimento in loco, è stato tentato ed è fallito per la pronta reazione dei costumi e dei simboli di potere minacciati ( che sono, invece, rimasti intonsi ); adesso si tratterà di tentarli sui luoghi d'importazione di questa mano d'opera  che, in forme tribali, replicherà la lotta di classe delle categorie etniche subordinate, "forti" solo di una religiosità rivendicativa e riappropriativa, di un'irrazionalità che, non adattandosi, porterà scompiglio e ghettizzazione insieme.
All'atto pratico, antropologicamente, le cose non cambieranno: non possono cambiare, ma la ecclesia dei paria riaccostumati non sarà più il partito comunista dei lavoratori di tutto il mondo...industriale, ma, di nuovo, le moschee o più dimessi luoghi di riunione e di terapia di gruppo o autocoscienza partecipata.
Non a tutti la terapia servirà, ci sarà sempre qualcuno a differenziarsi, a ritrovarsi solo e ad agire disperatamente contro un nemico immaginario, che non si ritiene tale. Eppure differenza ed emarginazione, in un contesto alieno, sono dati reali.
La storia dell'emigrazione conosce per la prima volta, non l'affluenza di ex colonizzati in casa del colonizzatore, ma un esodo, un cambio di continente, che si porta appresso una cultura irriducibile ed aliena.
Provvederanno le condizioni di vita che, sia pur insufficientemente e faticosamente accettabili, terranno a freno la violenza rivendicativa, oppure, se insostenibili, la libereranno.
L'esito di un principio giuridico, che si era affermato, spesso apparentemente, attraverso la modernizzazione e il miglioramento relativo delle condizioni di vita e del costume, affrancandolo dall'appartenenza bio-culturale, è di nuovo traballante, quale che sia il risultato delle stantie ed imitative votazioni parlamentari.

Venti di guerra in medio-oriente. Le guerre per procura.

Mentre i neo-colonizzatori, già ex, bombardano senza tregua i residenti nelle zone dei conflitti, esogeni, esportati ed intestini e nelle calde serate in discoteca, i rampolli di una borghesia assente - fu assente anche dalle guerre patriottiche, da altri al posto loro combattute, secondo le tradizionali differenziazioni di classe - vanno in bricole.
Laddove gli interessi petroliferi si ammantano di interpretazioni religiose e di alleanze sataniche, si passa ufficialmente alle predichiarazioni di guerra, come nell'europa ottocentesca.
L'Arabia saudita, la più ipocritamente retrogada dinastia sanfedista, ha prodotto un ultimatum al Qatar.
Ne sono cofirmatari l'Egitto, l'Unione degli emirati arabi e il Bahrein.
La guerra potenziale non coinvolgerebbe solo la parti protocollari, ma anche le due potenze regionali più ricche e militarmente e tecnologicamente forti: la Turchia e l'Iran. Codesti paesi sono già presenti sul campo di battaglia con truppe stanziali e addestratrici.
Il fastoso connubio degli alleati più stretti degli Stati Uniti nella regione, si scaglia con medievale risentimento contro l'unica agenzia d'informazione libera o fuori dalle righe del consesso e del contesto: Al Jazeera.
La testata televisiva, in lingua araba ( quella più invisa ai dichiaranti ) e in lingua inglese, è la più seguita nel mondo arabo ed ha lo stile delle testate laiche e radicali dell'occidente. Porta ogni giorno inchieste, reportages e filmati sul contesto mondiale, in rapporto alle vicende belliche dell'area di insediamento, con filmati reali, introvabili altrove.
Ecco che l'oscurantismo peloso ritrova i suoi simbolici nemici.
Le accuse con cui l'aristocratica coalizione, più l'Egitto, antagonizza, prima di colpirlo, il Qatar, non sono completamente infondate, ma rappresentano, nella loro enfatizzazione, un pretesto per cancellare l'influente politica di contrasto, contenimento e sommovimento dialettico degli stantii regimi del golfo, assisi sul bitume energetico.
Nella poliangolazione, oltre agli Stati Uniti entra certamente anche Israele, già temporaneo alleato della Turchia in funzione anti-iraniana.
Che cosa perplimerebbe i sodali e i loro complici silenti?
Che il Qatar, pur piccolo, ricco e satollo, finanzi ed appoggi mediaticamente, in maniera indiretta, l'Isis ( lo fa anche la Turchia, tremila soldati della quale sono permanentemente in servizio sul suolo del piccolissimo emirato ), Al Qaeda, Hamas, i Fratelli musulmani contro i quali l'Egitto, dietro appoggio e sollecitazione degli americani, condusse un colpo di Stato, la deposizione e la condanna a morte ( poi tramutata in ergastolo ) del Presidente democraticamente ( per la prima volta ) eletto, secondo l'influenza di Al Jazeera, moderno diffusore del pensiero democratico accessibile e non privo di sottintesi ambigui per i suoi censori, in quanto favorevole a quell'ambiente culturale, da formare attraverso l'informazione, che oggi si vorrebbe eradicare, per riconfermare un potere atavico.
Fuor di finzione, la guerra, ancora non guerreggiata, si esercita sull'informazione, su quella cultura indotta non assoggettabile tecnologicamente alla tradizione desertica, sia pur in versione climatizzata.
Nell'intimazione, conforme al costume diplomatico degli stati assoluti europei nella richiamata situazione del diciannovesimo secolo, si ordina di espellere i tremila addestratori turchi, la cessazione immediata delle relazioni pericolose con le organizzazioni politiche armate citate prima e anche la revoca dei rapporti con l'Iran sciita, con il quale il Qatar ha forti cointeressenze nel campo del metano.
E poi, il divieto di poter naturalizzare tutti i cittadini provenienti dai paesi sospettati di attività terroristiche e la loro deportazione e consegna.
Fine dei finanziamenti ad altri due social televisivi di impronta liberale, uniformità e allineamento con le posizioni economiche e politiche strategiche del direttorio costituito dal consiglio di cooperazione del golfo e, dulcis in fundo, a rimarcarne il danno economico agli interessi non favoriti, il risarcimento dei danni provocati fino ad oggi.
La situazione non va letta con occhi faziosi. Di certo c'è solo l'irricevibilità diplomatica di una simile pretesa a tutto campo, mentre per quanto riguarda le correnti disordinate degli interessi, ma anche del modello culturale da veicolare per sostenerle o per contrastarle, le posizioni assunte per la creazione della situazione in questione, si irrigidiscono.
Al Jazeera, quella in lingua inglese, ha subito alzato il vessillo della democrazia e della libertà, mentre quella in lingua araba, la più influente, ha per ora taciuto, non potendo rifarsi a concetti estranei al sentire popolare e al costume gerarchico dei suoli.
La Turchia, come la Russia in Siria, non ha nessuna intenzione di sguarnire il suo fronte Qatariota: la sua base semmai si rafforzerà. Anzi, il suo ponte aereo, insieme a quello navale dell'Iran si sintensificherà, per portare, in patnership, ai qatarioti quell'ottanta per cento del cibo che consumano.
Non c'è chi non veda come l'intersezione degli interessi e delle relative, mobili influenze, si articoli ed abbia bisogno di un'informazione conforme.
Il Qatar è, in questo senso, come Davide contro Golia: Golia è un prepotente presuntuoso, Davide  cerca, con l'ingegno, di trar profitto dalle contraddizioni dei suoi vicini e competitori e cerca di metterli in difficoltà ed eventualmente di abbatterli con qualche sassaiola mediatica.
Una condizione, sia pur non ( completamente, molto? )  autonoma, molto interessante in un reticolo beduino, prodotto di una civiltà arcaica.         

sabato 24 giugno 2017

Le rivoluzioni apparenti e le apparenti opposizioni.

La Chiesa cattolica non è una democrazia, ma un sistema mondiale di natura feudale. Di questo assetto è composta la Curia romana, costituita da ministri plemnipotenziari di tutto il mondo: la burocrazia del Papa che è il Sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano e dell'interpretazione dottrinaria degli esegeti del Vangelo.
E' noto che Papa Bergoglio si propone di scardinare e sovvertire gli equilibri consolidati della Curia che dovrebbe affiancarlo e che invece è profondamente divisa sull'atteggiamento politico ed ideologico da assumere nei suoi confronti.
Di fatto, i dogmatici che si opppongono alle riforme interpretative di Francesco I, tendono a ristabilire un equilibrio, prima che una nuova configurazione del governo spirituale e materiale della chiesa possa risultare uno stato di fatto.
Dal punto di vista della dottrina, le loro osservazioni non sono infondate, ma lo scopo è principalmente di mettere da un canto Bergoglio, del quale i contestatori non sono stati certamente degli elettori, divisi come sono stati gli ultimi due conclavi fra Ratzinger e Bergoglio, che gli è succeduto dopo la rinuncia. I Vescovi tradizionalisti sono rimasti, a quel punto, spiazzati e, insieme a tutta la destra politica, informativa ed ecclesiale, si sono posti all'opposizione nella speranza di contenerne gli effetti e di creare, anche al livello dei fedeli, una corrente di opposizione conservatrice al magistero papale.
Ne consegue che, riuscendovi, la modifica strutturale dell'apparato curiale si ricomporrebbe e rinsalderebbe, tale e quale a prima.
La Chiesa dunque torna alle sue storiche divisioni, non spese sul versante filosofico, bensì su quello delle gerarchie alla Bertone ed alla dominanza psicologica sui fedeli residui, attraverso la dogmaticità di tre istituti sacramntali: il matrimonio, la confessione e l'eucarestia.
Il gesuita Bergoglio ritiene invece che la rappresentanza evengelica nell'europa scristianizzata vada rivolta agli ultimi della terra, in via di vorticoso incremento, vuole quindi non una Chiesa di dignitari satolli, tali perché difendono un'interpretazione, trasformata in dottrina, nella quale trovavano prestigiosa e comoda identità.
La Chiesa non sta conoscendo la democrazia, non è nella sua genetica, bensì una lotta fra feudatari, nella quale la maggioranza silente, espressa dai Quattro Cardinali conservatori, sembra voler mettere in "stato d'accusa" il suo sovrano. A disconoscerlo, non tanto progettando una scissione, ma un sistematico lavoro di logorio contro un Papa, che, svincolandosi dalle dimore lussuose abitate dai suoi predecessori, ha mantenuto un'autonomia che ora vuol far valere, troviamo quattro portavoce di ampie sezioni della medesima Chiesa ufficiale, che a loro volta si scontrano in maniera sempre più accesa, pur fra mille salamelecchi confermativi della devozione che si è appena finito col non dimostrare, espressa attraverso pubbliche lettere richiedenti spiegazioni, come se il Papa dovesse o volesse inanellare le spire di un interminabile dibattito, che non si esaurirebbe con la disamina della "Amoris laetitia ".
Si prolunga, solo in parte manifestamente, un duello d'altri tempi.
Allora si concludeva sempre con la rovina delle correnti ostili al papato, sotto l'attenta regia dei gesuiti.
Vedremo se Bergoglio sarà in grado di fare altrettanto o se la cricca curiale riuscirà a invalidarne l'opera.

L'immobilità reale.

Non si da luogo a partecipazione alcuna, sull'onda delle informazioni che vengono imposte a un pubblico annoiato, avido di risentimenti e di pettegolezzi.
Questo è sempre stato il ruolo dell'informazione, che poteva essere decifrato alla luce delle appartenenze.
Si da tempo di sorvoli, di falsi miti, di scandali sentimentali.
L'analisi dei dati e dei prospetti si è rifatta approssimativa, aprioristica, fuori dai ranghi, dagli studi e dalle accademie. Per quanto riguarda queste ultime, non sempre è un male.
Gli attentati ritorsivi contro le potenze coloniali europee che hanno riscoperto, in versione aggiornata, i loro spiriti animali, sono, per chi li compie, solamente atti di autoimmolazione: non interessano a chi li fomenta, non interessano ai cittadini occidentali sfuggiti agli eventi, come sono estranei al massacro compiuto con metodi tecnologici, dalle proprie forze armate, nei paesi islamici.
Cominciano a manifestarsi gli atti ritorsivi autonomi ( caratteristica da investigare ) contro i mussulmani riuniti in preghiera, come tocca ai cristiani in regioni dell'Islam, dove sono presenti da millenni, pur in condizione minoritaria.
A Londra qualcuno si è lanciato,  con la sua auto, contro i partecipanti ad un rito, che si stavano recando in moschea.
A Parigi, un altro arabo kamikaze si è scagliato contro alcuni mezzi della polizia. con l'intenzione di fare esplodere le bombole di gas che portava nell'abitacolo.
Passati pochi giorni, di quei gesti non rimane nulla nella coscienza sociale, a confermare il nichilismo insito in quell'attimo di assoluto...annullamento.
La guerra condotta per strada è una conseguenza della società liquida in cui ci agitiamo senza riferimenti e non ha senso meravigliarsene.
Il perdono cristiano non può esercitarsi ( quando mai è avvenuto? ), perché nessuno vuole trovare cittadinanza in un contesto così ipocritamente violento perché nessuno vuole o può pentirsi.
Non vogliono i Paesi falso-umanitari, i rovesciatori dei regimi o, per contraltare, il loro manutengoli, non possono quelli dell'Islam sotto le bombe per un neo accaparramento delle materie prime, lasciate alla mercé di tutti, dopo la deposizione violenta dei tiranni.
Uno spostato qualunque, per cause endogene ed esogene, può sfogare la sua rabbia frustrata contro simboli di aliene tradizioni in qualsiasi momento e portare a termine la sua piccola rivincita im molti luoghi.
La guerra sul campo, quello escluso dalle azioni belliche, fu inaugurato pochi anni fa, in Israele, quando alcuni coloni, che si ritenevano espropriati o limitati dalle decisioni del loro governo, che attribuivano alla pressione palestinese e dei Paesi che con loro si erano schierati, entrarono in una moschea e aprirono il fuoco.
Se, sul piano della neurologia sociale va prendendo spazio la pazzia estemporanea nel mare degli alienati, osservabili anche per strada, su quello politico-ideologico, si è riaffacciata una concezione della destra, secondo la quale tutti i border line dovrebbero essere internati, levati cioè solo dalla vista, come le prostitute.
La controriforma reazionaria contro lo sforzo di Basaglia, durato tanti anni e conclusosi con l'apertura dei  Manicomi, viene rilanciata alla grande in quest'atmosfera propizia, nella quale non si distinguono più le ragioni della sinistra, scimiottatrice della reazione.
Intorno, l'estraneità e l'indifferenza, rimuovibili, in termini irrazionali, solo in presenza di una "nostra" vittima fra i caduti.
In fondo, placati i fuochi del rito immolatorio, il turbamento per il sovvertimento della stabilità, tanto agitata internamente, ma tenuta sotto controllo dalla comodità apportata dai beni fondamentali e anche qualcosa di più, la società passiva torna, come un branco appena predato, al suo tran-tran, indifferente a quanto non le è individualmente toccato.

lunedì 12 giugno 2017

Mutatis mutandis.

Ci sono zavorre morali in ogni rapporto, in ogni famiglia, in ogni ambito di lavoro.
A volte si notano, altre volte si avvertono.
Quando, alla luce di un'impressione, si individua una personalità in grado di capirci, si va soggetti all'innamoramento consolatorio, al desiderio di trovarvi rifugio.
Le relazioni istituzionali sono, in molti casi, dei ring per farsi del male, senza poter uscire, per imprinting psicologico, per regola coattiva, dalle corde che lo delimitano.
Le corde sono la famiglia, i sentimenti, il peso di un condizionamento, intrinsecamente o esplicitamente violento, una sorta di gabbia o di tenaglia, alla quale dopo troppi sedimenti esperienziali e la continua rielaborazione statica, non si riesce più a sfuggire.
Ci si chiude e si viene respinti dagli altri, secondo la corretta analisi ( rara ) o sensazione  per cui, ritenendo normale l'eremitismo accigliato e difensivo, si finirebbe per trascinarci chi non se ne accorgesse.    
Eppure, esistono le affinità, apparenti ed inconsce: molte personalità custodiscono tratti intersecabili e, sulla base di questo tortuoso riconoscimento, si allacciano in una spirale lacunosa, che non sanno e non vogliono ricostruire quando se ne evidenziano le falle e ricercano un nuovo, in fondo strumentale, legame. Che sia scioglibile o meno, non ne cambia la natura.
Il portarsi su diversi fronti, con elasticità, è portato strettamente legato all'autonomia economica, anche se qualcuno/a si inoltra nell'inesplorato cammino delle occasionalità, che cessa, ma non sempre, con la nascita tardiva e sistematrice, di un erede, proprio od offerto.
Non credo, non ho mai creduto, nell'approdo naturale alla famiglia; è una figurazione retorica, nella quale allignano un'infinità di contraddizioni, che, portate in un ambiente ristretto, rendono la vita coniugale un  calvario.
Non tutti divorziano, ma ciascuno, per suo conto, gliela dà su, privando di argini, per contenerne ed indirizzarne l'evoluzione, i figli malcapitati.
Sabato scorso, si è sposata, o meglio, si è unita civilmente, una ex ragazza che ha condotto la sua vita infantile e adolescenziale, fuori dagli schemi inclusivi, ma condizionanti delle convenzioni totalitarie eppur disattese da tutti, vigenti quando è nata.
La nuova famiglia ha già una bambina di tre anni, avuta da padre ignoto, attraverso la fecondazione eterologa in Danimarca.
Una delle convolanti è figlia di una prostituta, anche suo padre è rimasto ignoto: è stato il cliente occasionale e non identificabile di sua madre o, forse, solo della sua genitrice.
Non esistono gerarchie morali aprioristiche, si può essere madri e prostitute e genitrici cerimoniali ma non effettive. Oppure, il contrario.
Le solidarietà eterologhe le ha trovate casualmente, come la vita stessa, la vita in senso etologico. Pochi anni fa si è laureata, poi ha coltivato la sua relazione saffica e, infine, almeno per ora, l'ha portata a compimento.
Non so se quest'unione sarà felice e se durerà; di sicuro molte stabili e ufficialmente proposte, recitate combinazioni, si mantengono per ragioni spontanee, ma anche calcolate, sopraggiunte o rivelate, estranee all'immaginata sopravvalutazione dell'oggetto amato, se valutazione sentimentale ci fu.
Credo anzi che le dinamiche di convivennza saranno le stesse degli etero sessuali, casomai senza figli per ragioni economiche o d'interesse.
Fra tre anni ci sarà il debutto scolastico della figlia di due madri e comincerà per lei il difficile canonicato dei pregiudizi sottaciuti del personale docente e non, indottrinato a celarli, anzi a propagandarli, nonostante le riserve mantali, ma soprattutto dei coetanei, da subito orgogliosamente e ignorantemente sicuri della loro diversità.
Inevitabilmente, la religione cattolica ed islamica, ci metteranno un carico da 11.
Le differenze si intersecheranno anche nelle culture etniche, un nuovo, forte elemento di separatezza, ma anche di identità, si creerà fra nordici e sudici, con violente caratteristiche razziste, che saranno meno virulente da parte dei laici settentrionali.
E' anzi prevedibile che, se qualche difficile rapporto omosessuale maschile potrà tentare di essere portato alla luce del sole, a mezzogiorno, a rischio dell'incolumità e della dignità personale, quelli saffici resteranno nel cono d'ombra delle cose non dette e nascoste, per salvaguardarsi da vere e proprie violenze, anche intradomestiche, che ricadrebbero, nel momento in cui sono inconsapevoli ed indifesi, soprattutto, direttamente e di riflesso, sui figli delle creature di Lesbo.
Figurarsi l'indovina chi viene a cena, fra le diverse antropologie delle Alpi e delle piramidi, le presunzioni di dominanza o di preminenza, in una, per quanto negata e rimossa alterità fra Nord e Sud. 
La famiglia, cellula fondamentale della società, aumenta le  sue opzioni e innesta certezze non ancora verificate e profondi dissidi di civiltà che, quanto più saranno travisati, tanto più saranno fuorvianti ed insidiosi.
Sabato, sul prato dove si è svolta la cerimonia, una delle spose ha suonato e cantato per l'altra, mentre le foto di gruppo sono state una stucchevole copia delle felicitazioni-partecipazioni al coito riproduttivo.
In fondo, alla base di un matrimonio c'è per lo meno un'ipotesi, un progetto, che anche le due spose certamente coltivano, una possibiltà che non va isolata e studiata in vitro, bensì in un'aperta dinamica sociale e socializzante, perché la mutazione ( forse più apparente che reale ) non sia soggetta ad agguati tesi a dimostarne la fallimentarietà.
Una malignità distruttiva, comunque, che alligna misconosciuta, anche fra le convenzioni e le conventicole tradizionali, per il "panta rei"-πάντα ῥεῖ tumultuoso e limaccioso della vita.
Adesso non più le sole.

domenica 11 giugno 2017

Mi sembra di essere vivo solo quando dipingo.

Vincent Van Gogh scorre, nelle sue opere, insieme alla sua biografia, sulle pareti di un Tempio profano.
Il film del suo viaggio espressivo, che per lui coincise con la sua vita.
Fu ricoverato due volte in una clinica psichiatrica che ritrasse in termini spogli, emozionalmente rarefatti e alieni.
Amo gli artisti pazzi e senza scuola.
Van Gogh, a parte i rudimenti del disegno, appresi con il denaro del non ricco, amatissimo, fratello Theo, non sapeva preparare l'imbrattamento delle tele.
Aveva però un mondo interiore da esprimere, la sua osmosi con l'apparente e il sub conscio e lo ha fatto in maniera commovente.
La sua forza, la forza religiosa delle sue abbacinazioni, è stato il colore, il cromatismo impressionistico, come impressionistica è stata la sua anima.
Nello scorre diacronico sulle pareti, al caos esistenziale che non è stato ancora decifrato, né lo sarà, per uno dei paradossi del Fato, si sono sovrapposte, sui muri, i fregi e i capitelli del tempio risecolarizzato, figure cangianti e modificatrici dei tratti dell'artista, archetipiche, originali, riformulate casualmente, come la vita in natura.
Il mondo interiore di Van Gogh non è stato programmato, è consistito nell'atomizzazione fluttuante della materia vitale, della quale ha ricercato la difficile espressione, perché disorganizzata in una chimica non organica.
E' stato un impegnativo lavoro, non per affermarsi, ma per vivere.
E' stato un pittore autodidatta.
Sono incappato, nel quartiere latino di Parigi, popolato da artisti in fuga dalla gabbia degli scopi economici, nella casa in cui Van Gogh abitò durante i suoi due anni nella capitale dell'intellettualità.
Uno dei pochi ricordi urbani, di cui l'artista celebrerà il clima creativo e il senso della libertà della mente.      
E' questa, almeno è anche questa, la pazzia?
Sul pavimento della cripta, sul quale scorrevano, come sulle pareti, le riproduzioni interattive di quell'anima, nella quale arte e esistenza si identificavano, una bambina molto piccola, esteticamente, astrattamente graziosa, si muoveva con eleganza intrinseca e si confondeva con le luci che alimentavano la mostra, ibridandola in una rappresentazione teatrale spontanea, nella quale l'inconsapevolezza si sposava con la metafisica presenza del pittore.
Van Gogh non fu mai ingaggiato, né protetto da qualche signore, dalla Chiesa e quant'altri committenti: fu sempre libero.
Insieme al turbinio naturalistico, ne dipinse anche la melanconica staticità crepuscolare del lavoro nei campi, la rassegnata fatica dei contadini, le case coloniche nelle quali abitavano, insieme alle donne dalle amplissime vesti.
Il suo colore preferito è stato il giallo: il colore del sole.
In realtà, ha dipinto di tutto: i suoi interni francesi sono una belle époque a digradare, intersecantesi ed avvolgentesi, le promenades sono rarefatte e rappresentano l'unica concessione nebbiosa al deambulare in marsina e crinoline, all'ozio in passerella della classe borghese.
Vincent Van Gogh ha fatto della sua menomazione il volano rappresentativo della sconosciuta e misconosciuta infelicità di tante, tantissime casuali esistenze.
Vite che non possono, non sanno, non sono state aiutate a manifestare, esteriorizzare la loro espressivamente troppo povera, infantile eppur dolente, tarpata proiezione sul mondo circostante e che non riescono a universalizzarlo.
Fu molto poco quel che potè fare per lui, in base alle sue possibilità, il fratello Theo, ma fu quello che gli sarebbe mancato.     
" L'amore a volte cessa, ma la sua essenza rimane eterna".
Frase di un artista infelice, nella sua dimensione religiosa.
Foss'anche, lui l'avrebbe provato, non importa se solipsisticamente.
Un amore come tanti che senso e valore superiori avrebbe avuto?
Avrebbe distrutto tutto e invece nelle sue tele rimane, per sempre.


sabato 10 giugno 2017

Quando la strategia si riduce alla tattica.

Come era scontato, la kermesse frettolosa per varare una legge elettorale a tre ( larghisime intese ) si è infranta, ridicolmente per la mancata premessa che si trattava di un voto segreto, contro l'obiezione dei deputati che non sarebbero stati rieletti e, quando un attimo dopo, il bi-Presidente borbonico-sabaudo ( nell'aspetto ), ha detto un'ovvietà - ma in circostanze normali - per la quale si vota alla scadenza della legislatura, mentre si provvede alla legiferazione calendarizzata, fino al termine.
Ma questo non lo ha detto.
Scambio di attribuzione di responsabilità e ritorno sui propri passi - contrordine, compagni! -.
L'Italia non esiste?
Per questo non può mutare?    

Ruoli.

Le insulse gazzette televisive riprendevano stasera due vecchi che si rendevano visita: il Papa dal Presidente della Repubblica, nell'antico palazzo dei Papi-Re.
Un'iconografia museale in un mondo che di contenuti etici e di astrazioni giuridico-istituzionali non è più impregnata.
Forse solo in qualche piega superstiziosa dell'anima.
I contenuti mediatici si sovrappongono e si sciupano in un vortice consumistico, eterna, eppur aggiornata versione, dell'aspirazione simbolica al possesso, inutile ma competitivo ed oppositivo.
I network dell'importazione, della vendita, provvedono alla proposta inderogabile; ogni sorta di mercimonio dispersivo e depressivo, si consuma passo dopo passo, dalle tabaccherie-ricevitorie- casino, alle banche assicuratrici, maghe nella moltiplicazione delle banconote, sui marciapiedi dove i mendicanti organizzati fanno gli occhi tristi ogni cinquanta metri, nella pornografia cocchiera della prostituzione nelle forme aziendali che si prospettano.
Ogni attività lucrativa si aggiorna trasformisticamente e lascia inalterato lo stato delle merci e delle maestranze e toglie loro la possibilità di identificarsi e solidarizzare fra loro, almeno sul piano politico.
Quei due vecchi sembravano incasellati in un lussuoso ospizio, senza nessun ruolo, ridotti ai confusi ricordi della senescenza.
Qualsiasi icona vincente prescinde da qualsivoglia contenuto morale che non sia quello della ricchezza e del conseguente arbitrio, invidiato ed imitato, casomai solo negli atteggiamenti. 
La replica della ritualità vacanziera viene officiata non appena chiudono le scuole e finalmente i parcheggi ritornano usufruibili.
E' finita la battuta alla caccia di Igor: pare che da metà Maggio, anche i cani molecolari ne abbiano smarrito le tracce.
Ecco dunque che, per indagare le cause e trovare un diversivo alla scomparsa del ricercato, si va a setacciare ( pare con altrettanto esito ) la zona grigia delle frequentazioni informali di un uomo noto da sei anni, come un frequentatore abituale della Bassa, come un rapinatore buffo e occasionale, ma non estraneo all'ecosistema nel quale si muoveva come un brigante di lesina, ma non estraneo, ne estraniato da quella ragnatela. 
Ecco che finalmente le residue forze dell'ordine si pongono queste domande, un po' tardivamente, molto negligentemente riguardo alla vita "minore", anche nelle sue declinazioni criminali, come se in quelle superstiti paludi si potesse compensare tutto, come nelle "énclaves" particolaristiche o mafiose.
Perchè tanta poca paura per quel bandito col fucile?
Il padrone sembra avere confidenza con lui, lo disarma e lo bastona.
Un avventore non si scompone e continua a tenere ostentatamente le mani in tasca come se quanto stava accadendo potesse rientrare in una pigra opportunità, lo strano appartarsi nel retrobottega, dopo gli "scappellotti" con il calcio del fucile, tenuto per la canna, dove è avvenuto l'omicidio.
Strano che ad una settimana di distanza Igor potesse casualmente incappare in una ronda contro il bracconaggio, con tanto di "volontario" sacrificale, per essere derubata di un "Fiorino", poi abbandonato intriso di sangue.  
La rabbia dei residenti e dei famigliari si esprimerà nella "votazione" del titolare del bar poco frequentato e dagli incassi scarsi, mentre nessuna causa risarcitoria sarà possibile senza una sentenza di condanna, impossibile se il reo ( ancora presunto ) non si trova. 
Insomma, pare che l'Italia "solidale" si trovi nelle sabbie mobili di aree naturalisticamente belle, se si abbandonano prima dell'imbrunire, mentre quella in nome della quale si ripetono sermoni stantii, si sia ridotta ad una imbarazzata caricatura di se stessa.
Ma in fondo anche l'ambiente del quale Igor è stato una componente, è stato ed è caricaturale.
Igor lo sapeva e si esibiva in positure artisticamente dissimulatorie.
Diversamente(?) dissimulatorie.

Quando i figli si scoprono orfani.

Sanders e Corbyn, sono due vecchietti, ma anche Trump lo è e Hillary Roda Clinton non è una ragazzina.
Se le candidature finanziarie non evessero impedito a Bernie Sanders di candidarsi contro Trump, forse gli esiti elettorali non sarebbero stati diversi, ma, anche gli Stati Uniti, come ora l'Inghilterra, avrebbero una opposizione molto più caratterizzata, non solo per sé, ma anche per tutta la sinistra occidentale e per il suo logos dialettico.
Questi due anziani politici, in uno scenario di pupazzotti giovanili, stupidi e vacui ( ce ne sono certamente nell'ombra, di ben altri ) hanno riportato sul proscenio i fatti e i contenuti reali e, proprio dai giovani, sono stati "promossi" in politica.
I giovani, o gran parte di essi, hanno identificato in loro, la conoscenza e la consapevolezza che l'élitarismo finanziario ( intrinsecamente molto cafone ) del quale i politici fanno parte o si valgono servilmente, è quello che li esclude o che fa terminare loro l'università - quando ci riescono - con il più alto tasso di indebitamento, per l'esosità privatistica delle tasse.
Hanno capito, sulla loro pelle, con una precoce e rude esperienza, di che cosa si sostanzi la pubblicità di un mondo precipitato nel suo passato, attraverso la deprivazione delle possibilità e, quindi, delle speranze e dell'impegno, per l'egoismo, di nuovo riportato all'essenziale, di ristrette coalizioni sociali e dei loro rampolli, quasi sempre viziati e presuntuosi.
Un regresso anche culturale "mostruoso".
Siccome l'età è uno spiffero storico, biologico, ma una costante del corso esistenziale, poco incline a farsi suggestionare dal "nuovo", che non esiste, ma è solo una proiezione generazionale da cavalcare, sono questi vecchi, colti, esperti, ma fuori dai giochi a far germoliare una rinnovata - non nuova - rappresentanza popolare e a dar luogo, in occidente, dove loro stessi si sono formati, ad una eternamente ripetitiva, ma necessaria, opzione di sinistra. 

Ognuno per sé, nell'avvenire delle illusioni.

L'Isis attacca, ogni giorno, dovunque.
Non trascura, anzi rende più concreta, la competizione coi vicini musulmani, di altra dottrina intrinseca.
Li vuole instabili per non esserne assorbita.
In questo contesto implicito è normale che ricchi Stati finanzino le imprese dei miliziani del califfo, per trarne vantaggiose carambole e riservandosi di scaricare ed aggredire i figli disconosciuti, quando e se il gioco non riuscirà, quando non serviranno più.
niente di diverso da quanto fanno tutte le diplomazie belliche, prima sotto traccia e poi, pretestuosamente, in maniera palese e diretta.
L'Islam miltante è tornato ad essere il contraltare di un globalismo che è solo occidentale, giudaico e cristiano. In questo non sbagliano e la ragnatela dell'amore ecumenico, rilancio paralizzante della spiritualità crociata, non li irretirà.
I martiri ed assasini delle strade delle megalopoli infedeli, hanno estinto la loro infelicità in un'allucinazione, nella quale non avevano fede, dato che si sono portati dietro quante più persone possibili, con i loro micidiali, ma ridotti, mezzi occasionali.
L'ideologia - si fa per dire - è dunque in catalessi solo nell'occidente in crisi che le ha partorite per poi disconoscerle; altrove è ben viva, nei Paesi islamici e nella diaspora, freme e si catalizza fino a precipitare nella simbologia entropica.
La lotta al male si ripete nelle avvertenze prudenziali di ogni giorno, nelle città in conflitto, nelle quali, ogni giorno, vengono impartite istruzioni e inibite facoltà, anche per portare i bambini a scuola, in una simulazione accademica dell'incombente pericolo di attacchi, che, nessuna sceneggiata securitaria impedisce.
La demenza indotta dalla paura, da un lato e dal fanatismo dall'altro, cementifica l'ostilità popolare nei musulmani emigrati anche da se stessi e nei buoni frequentanti della movida stanziale.
La guerra non è più di popolo, di coscrizione, in occidente, perché non ci sono più blocchi di nazioni, con chiari e delimitati confini, a fronteggiarsi in un equilibrio instabile, ma inamovibile, lo è rimasta presso le plebi, autoctone e trasmigrate come corpo estraneo presso i derivati della trasformazione e del comemrcio delle (loro) materie prime, dalle quali, per loro, in patria, non è dato lavoro.
Secoli e secoli di esperienze e di costumi paralleli e inconciliabili.
Come dimostrato e non solo per loro, l'irriducibilità è all'interno del logos, chi per interesse senza fede e chi per evasione, con conseguenze mortali, dalla propria realtà.

Per ritornare dal produttore al consumatore.

Jeremy Corbyn ha perso, Theresa May ha vinto, ma il primo ha scalfito la sua sicumera, costringendola ad allearsi con gli undici deputati nord irlandesi.
Niente di anomalo: anche gli "unionisti" fanno parte, del Regno unito, sull'onda dell'appartenenenza etnico-religiosa.
Come farà la Chiesa cattolica a convincere questi europei, isolani e frazionisti, ad ecumenizzarsi?
Il modello culturale cattolico è più prossimo al mondo latino, di origine agreste e meridionale.
Theresa May fa bene a tirare diritto, il suo non è un governo italiano e a Helmut Koll bastò, per un'intera legislatura, un solo parlamentare per fare la maggioranza, con la quale realizzò l'unificazione tedesca e amministrò la discrasia completa fra le due esperienze post belliche, oltre che storico-culturali con la Prussia.
La May, casomai, è screditata dalle sue sbandate spericolate, pur di cavalcare una carica, anche una carica qualsiasi: prima paladina della permanenza della Gran Bretagna nell'Unione europea, poi vessillifera della Brexit più dura, non appena il pronostico su cui aveva puntato era stato sovvertito.
Ora resta in sella, come i risultati le consentono, ma il suo terzo azzardo l'ha ridimensionata come meritava.
In Inghilterra si vota di giovedì e solo per appartenenza stanziale alle diverse contee, ma non è la prima volta che la forzatura, in base a statistiche presuntive ( come la legge britannica consente al Premier ) si sono risolte in un "contrappasso".
In questo caso ha solo perso la maggioranza assoluta che deteneva: credeva di essere Erdogan...o Renzie?
L'Inghilterra sceglie, il gioco è desacralizzato e, per questo, imprevedibile. Dopo non ci si mette d'accordo con qualche pretesto retorico. 
Corbyn, anziano e socialista, inviso a buona parte del suo partito, ( come Trump negli Stati Uniti, per l'incerto rifugio centrista dei partiti frastornati ) ha attratto una fetta imprevista di elettori e, soprattutto, ha messo in dubbio l'acritica adesione ai dettami, contraddittoriamente liberisti ( non liberali ) e dirigisti che allignano nella ex sinistra europea continentale.
Certamente questo non è avvenuto nel povero P.D. italiano.
La ventata riformista - quanto impetuosa, si vedrà, giunge ancora dalla triste ( per i lavoratori ) patria del capitalismo e, secondo l'opportunistica visione del politico - non necessariamente di quello che salta sul carro del vinvitore - fa supporre alla parte appiattita o emarginata delle sinistre internazionali, che si possa e si debba essere rappresentativi delle esigenze e del mandato popolare.
"Denaro per il popolo, non per le banche".

mercoledì 7 giugno 2017

L'eterno ritorno.

Riascoltavo le voci impresse nei dischi che hanno accompaganto la mia vita fino al crepuscolo e le riconoscevo attuali, come se non si fossero mai estinte, mentre non potrò più udire il suono di parole familiari, che non sono state registrate.
Le voci di dentro e quelle ancora udibili si spegneranno con me. 
Il remake musicale compendia atmosfere che hanno impressionato la parte cosciente delal mia psiche e l'hanno fatta coincidere con il sentimento comune - in realtà un compendio di romantiche solitudini - di un'epoca brevissima, ma ormai desueta, prodromica - l'attuale - come, inavvertitamente, quella vissuta e non compresa nell'illusione di rassicuranti presunzioni.  
Allora, anche le intemerate dei menestrelli impegnati, spesso mi infastidivano, le criticavo, mentre adesso, pur intrise di dati storici e riferimenti socio-politici scomparsi, mi sembrano storicamente accettabilissime, attraverso il binocolo rovesciato con il quale le osservo.
Le altre impressioni, quelle mute, continueranno a condizionarmi, inavvertite, fino alla fine di quel sogno inconscio, fatto di equivoci e cangianti - nell'aspetto - simbologie, che in forma diluita si sono trasmesse, per parziale contagio, anche alle generazioni familiari ormai in procinto di iniziare la loro vita adulta.
Di parzialità in parzialità si riassembleranno in un mosaico trasformato di un'infinita gamma di figurazioni possibili, in una pandemia  intrinseca, inidentificata.
Un sequel bizzarro, non trascendente, che è piacevole, nonostante tutto, sapere che sarà rimesso in scena, da altri ( nuovi? ) interpreti.

martedì 6 giugno 2017

Esenzioni.

L'Italia, finora, è stata esente dal terrorismo, a  differenza di quanto è toccato a Francesi, Inglesi e anche Tedeschi.
Anche la Spagna, fra i grandi Paesi, pare esserne indenne.
Meglio così, ma perché?
Siamo talmente inetti che non ci fuma nessuno?
Siamo talmente teatrali che le nostre pigre parate in occasione di eventi pubblici, vogliono simulare un pericolo per gli spettatori, mentre i militari intorno alle camionette chiacchierano e fumano con i mitra a tracolla?
Anche, certamente.
Ma c'è dell'altro.
Italia e Spagna hanno cospicui interessi economici, extrapetroliferi con il mondo arabo ricco, quello che non conosce danni alle sue magnificenze urbanistiche, ma che finanzia il terrorismo, le milizie irregolari e il Califfato, che hanno stabilito solidi addentellati acnhe nei paesi di emigrazione di tanti poveri diavoli da immolare.
Come sempre, ci sono dei macroscopici paradossi nel contegno di codesti paesi, come l'ostracismo decretato da alcuni di essi verso il Qatar, certamente colpevole, ma da parte dell'Arabia saudita... senza trascurare quello monumentale degli Stati della coalizione antiterrorismo, Stati Uniti in testa, che trafficano e colpiscono dove non fa male ai loro "alleati" petroliferi, che, indirettamente, non si curano di non far male a loro.
Ma, in occidente, il dosaggio costi-benefici fa aggio, anche morale, su tutto.
Ecco che un certo disprezzo, ricambiato per altri apprezzamenti, ci sta, giustificatamente.
In Italia e anche in Spagna, gli sceicchi hanno robusti e poco noti interessi immobiliari, industriali e mercantili e, soprattutto finanziari e questo, nelle sicure trattative sotto traccia ha un peso enorme.
Oltretutto, con i buoni uffici della mafia, all'approdo e nell'inoltro, i terroristi transitano, da sud a nord, verso il continente zeppo di confratelli e di facilmente costituibili o convertibili organizzazioni criminali, pronte a passare dalla droga alle armi...alla guerra sul campo.
Italiani e Spagnoli non sono esenti solo in patria, ma anche in missione; per quel che ci riguarda, si sostiene, che paghiamo i capi tribù e concordiamo la tregua particolare che ci interessa.
Insomma, tutta l'europa "pig", anche sul piano del contrasto al terrorismo ha interessi diversi da quelli dei Paesi forti, dentro e fuori dall'euro, più levantini e collaborativi.
Su questo piano non si fa coinvolgere.
E' però altrettanto vero che, per questa via rassicurante, anche se incerta e fragile, attestiamo la nostra esclusione diretta dai grandi business energetici, la nostra perifericità dalla geostrategia imperiale, cioè, in sostanza, la nostra subalternità molto bottegaia e, nel caso dell'ENI, ma in Africa, ridottamente mercantile.
In medio oriente siamo amici, in compagnia delle tre nazioni impegnate in guerre senza termine, in terre già da noi disastrate, di  Paesi che mai hanno affermato di esserci alleati, ma solo sorridenti partners commerciali, mentre nel mondo capitalistico ed in europa siamo dei buoni interpreti di un ruolo...subdolamente vicario.
Non so se l'Irlanda - ma gli ultimi attentatori di Londra venivano da lì - sia del novero anche per questo aspetto ( i rapporti con gli inglesi non sono mai stati idilliaci ), ma Italia, Spagna, Portogallo e Grecia fanno comunella, con latina e levantina consuetudine.
Come dicono i Greci - ma anche i Turchi - "stessa faccia, stessa razza".

Il solito dibattito fuori tema.

L'Italia è una nazione buffonesca e incolta, anche in molti dei suoi paludati megafoni. 
Codesti, da ventiquattro ore, stanno - come al solito - sproloquiando di perdono a Totò Riina.
Niente di meno avulso dal concetto espresso dalla Corte di cassazione, circa la morte dignitosa di chiunque abbia accelerato su quella china. E' un concetto laico, che sfugge ai sociologi cattolici, anche se di sinistra. 
Devo dire che il civile principio è alquanto teorico e ben lonatno dalla prassi incivile di ogni giorno, del paese e delle sue istituzioni: ergastolani meno referenziati muoiono in carcere o, al più, in qualche ospedale, con un'apposita sezione riservata ai detenuti, dopo esservi stati portati, alla fine.  
Va detto che la morte dignitosa è un altro portato irrazionale, dopo che la vita del soggetto è stata indegna in due sensi: quello della sua mattanza criminale e il successivo, trascorso in una tomba anticipatrice. 
Perché estrarvelo, per rimettervelo, coperto da una lapide?
Oltretutto, la morte dignitosa per Totò Riina non può essere altra che quella di un santone mafioso, che muore ostracizzato pubblicamente, ma staticamente imbozzolato nella sua mitologia, per cui, in fin di vita, ci si può spegnere nel sacello spoglio della propria solitudine.
Come tocca, infine, a tutti.
E' dunque questo staterello fasullo che vuole accreditarsi, non agli occhi di una popolazione incolta o di un uditorio internazionale smaliziato, bensì, in termini ipocritamente sentimentali, presso la cultura mafiosa, che fa parte anche del suo D.N.A., ammiccando al sentimento religioso del sud.
A quando, dopo le condanne a morte della mafia e dell'altra criminalità, ai detenuti che non riescono a suicidarsi, sarà, invece, consentita l'eutanasia, il viaggio in Svizzera, accompagnato dai secondini e dai carabinieri?
Sarebbe dignitosa morte?
Quanti ne muoiono e ne muoriranno, condottivi senza parere, nelle corsie degli ospedali-aziende, con o senza leggi europee, sull'economica conduzione affrettata delle procedure della morte? 
Riina ha chieso di uscire?

Epistola.

Vedi come è facile cambiare il sembiante?
E' stato bello il film?
La giustificata amarezza, trascinatasi per mancanza di giustizia, passa nell'inconscio e si ritorna a ridere fino alla prossima riemersione, anche non omologa, ma dall'inconscio rielaborata.
Se ne fugge, dopo essersi illusi che non faccia, dopo prove successive, ancor più male. 
Un omicidio attraverso simboli psicologici, come nelle culture primitive nelle quali era ritualmente praticato, davanti ad una società partecipe, complice, per apparente paradosso, spettarice, estranea.
Comprendi come non si possa trovare amicizia, se non superficiale, tranne che in termini individuali o di conquistato cenacolo?
Comprendi come non si possa trovare amicizia, se non individuale,  precipitato di una coinvolgente e rarissima frequentazione, più che sentimentale?
Sei stata in villa, secondo la tua decameronica attitudine?
Hai goduto l'estate? 
Di me, meglio tacere.
Il caldo mi spossa, mentre il cervello ribolle.
La tua mamma putativa, a te compagna, dopo aver subito un trauma, non da gratuita sentenziosità, ma da gratuita, indifferente sentenza, si è adattata o è entrata in un'altra elaborazione esistenziale, che nella riflessione immobile  diventerà totale, onnicomprensiva?
La vita è costituita, culturalmente, da tante particolarità, che, per ciascuno, tendono a solidificarsi e a diventare una gabbia da ripercorrere con gli stessi passi acquisiti, anche se cessa materialmente la costrizione.
Per tua madre, abituata a lottare, le facoltà diventeranno infine puramente interiori e questa, purtroppo, è un'ulteriore mutilazione.
Scusa,
Forse sei al cinema con lei.
Buona notte, allorquando non si elabora nelle forme diurne, a tutte e due.
Pier Paolo            

lunedì 5 giugno 2017

Lungo il cammino.

Ci sono circostanze, incontri e situazioni, nelle quali si avverte la natura malevola, quando non malvagia, di persone e di ambienti nei quali cercano di dominare, con riserve mentali, autoconvinzioni inconfessabili, apporti culturali allogeni, etnici, linguaggi criptici, insinuandosi negli accordi combriccolari, concorrendo alle esclusioni arbitrarie e nutrendone le presunzioni malevole che ne derivano.
E' una condizione etologica, prima che diventi pseudo-culturale.
E' ravvisabile negli asili, nelle case protette, nei cortili abbandonati delle case popolari e, con particolare malignità, laddove si creino gerarchie o le si ereditino, facendole valere per un riflesso naturalistico.
Il modo si porsi, di allearsi, di subire o di reagire, sono gli antefatti identici delle contese sociali, o presunte tali, in democrazia.   
A volte, da queste situazioni non si può evadere, tal'altre non si vuole, legittimamente, ma ci si espone al gioco perverso di nature squallide.
La mentalità, l'ambiente formativo, le relazioni, senza o insieme al possesso immeritato di denaro anche in età precoce, mettono in circolo dei delinquenti, prima potenziali e poi in atto, responsabili di abusi , emarginazioni ed esclusioni, che passano a man salva sotto la tutela implicita e quindi omertosa, degli scenari sociali in cui si collocano.
Queste impressioni rimangono in fondo alla psiche, nell'inconscio e riemergono quando non ci se lo aspetta, allorquando, nelle connessioni nascoste dell'habitat adulto, ci si imbatte in talune di queste dissimulate, ma non imperscrutabili personalità, spesso in grado di impaurire, di inibire e quindi di prevalere, all'ombra di un pretesto e di una malizia inglobata in un contesto formalisticamente dissimulato e coeso, sia pur superficialmente, per escludere apporti non cinici.
Desiderio di non frequentazione, disagio, talvolta paralizzante, per passate frequentazioni, meccanismo che non consente di appartarsi senza esserne distrutti o accettati in veste insignificante o subordinata: gli stessi effetti che aveva sancito l'abusante, organico al sistema ed al modello, verso il quale, proprio per questo, sono - o sono ritenute - impossibili reazioni che rimettano le personalità violate in una sicurezza, non più, per ingenuità, repulsa, ma integrata.
L'integrazione, a questo punto, non è più possibile.
Il subconscio sociale si coalizza silenziosamente contro di lui.  
Queste persone sono immediatamente riconosciute dalla parte profonda dell'anima, dalla quale (ri)emerge un senso di insicurezza e di percezione di ostilità occulta che attivano il freno a mano dell'incertezza.
Sono personalità nevrotizzanti, perché malevole.
Sono personalità contagiose: lasciano il "corpo" malato, ma non sovvertito, in un perenne squilibrio, apportatore di dolore e di fallimenti.
L'adattamento ad un'esperienza ( di base ) perversa, perverte la percezione del giusto  e la adagia nel conformismo senza principi.
Da questo deriva il possibile pervertimento, del normale costume relazionale.
 

domenica 4 giugno 2017

L'indissolubile bilanciamento fra amore e odio.

La società-spettacolo si esercita in scontate, ma non prevenute imitazioni.
Ora va quella del kamikaze-martire, come è avvenuto al veglione di fine Champions a Torino.
Immagine e reazione di fuga inconsulta, a provocare la quale si esercitano attori  che trasformano il gioco delle feste private in un partecipato disastro.
Se fosse un embrione di spiegazione delle stragi terrroristiche, comprese le stragi di Stato compiute, ad ogni latitudine, ogni volta che le circostanze politiche lo richiedono?
La guerra portata sul suolo degli aggressori remoti dai tanti discendenti autoctoni dei musulmani che sono usciti, in minima parte, dal bozzolo degli usi integrativi, dopo due o tre generazioni, è intrisa da un odio verso l'occidente ed i suoi costumi, che è rimasto intatto, parallelo alle comuni incombenze quotidiane.
E' una guerra di civiltà, condotta nell'ambito di un perimetro comune, alla quale non seguiranno separazioni, anche se il tentativo, maldestro e violento, di imborghesire, arricchendoli, i popoli islamici ( i popoli, non le cosiddette élites ) è naufragato negli usi delle guerre "crociate", mentre i ricchi feudatari - non i dittatori laici, deposti e uccisi - del rifiuto culturale fanno la leva della loro sopravvivenza, mentre i desposti religiosi e dinastici ( fra i despoti, sociologicamente e antropologicamente, le differenze sono apparenti ) finanziano le moschee, luoghi di diffusione della dottrina ed anche gli attentati in tutto il mondo influenzatore.
C'è una crasi, uguale a quella dei calendari, temporale e culturale, che trova il suo ricongiungimento a ritroso nei metodi, nei linguaggi, estremisti o diplomatici, della tradizione beduina.
Nel mondo non coinvolto nella modernità si continuano ad usare gli elementi verbali e propagandistici che anche i crociati, nell'anno 1943...dall'Egira anteponevano ai loro misfatti, riguardanti soltanto le popolazioni al riparo di fragili dimore o esposti senza riparo nelle strade.
Nelle società non più coscritte, perché la guerra non conosce più, per ora, un nemico sui confini o sulla stessa placca territoriale, gli usi, gli svaghi, le assemblee, le passeggiate, i ritrovi, non concoscono variazioni, tranne quelle imposte dai frequenti ed inutili stati d'allarme civico che vengono a intersecare la pur immutata vita ricreativa, ma anche scolastica, in classi multietniche.
I discendenti degli immigrati non frequentano le scuole umanistiche e storiche, figlie di una tradizione aliena ed avversaria, raramente quelle scientifiche, a loro volta elitarie, bensì, dopo quelle di base, le scuole tecniche, durante le quali ed all'uscita dalle quali, conosceranno uno sbocco professioanle secondario e limitato, salvo eccellenze utili alle imprese.
Le culture che conferiscono il senso di sé, rimangono intonse e non basta un rimescolio superficiale o, appunto, tecnico a omogeneizzarle, tanto meno a subordinarle.
Per questo, a seconda delle contingenze storiche, risorgono con i loro elementi intrinseci ed interconnessi, che non sono solo di pace e di amore, ma prevedono irremovibilmente, il loro contrario.
Si giustificano a vicenda. 

Nevrosi o psicosi?

Riunioni di massa, una volta i comizi, adesso le grandi riunioni mitologiche, musicali, sportive...cedimenti di strutture sovraccariche..ciascuno pensi per se, come se non si fosse tutti insieme a celebrare un rito.
Un'imitazione della guerra autorecitata, un richiamo all'irrazionale, alla festa immolatoria della vittoria che, trasformandosi in sconfitta, richiede un congruo bagno di sangue, il pianto, la paura il dolore...prima che si ritrasformino in rivalsa, in nuovo rito.
Ripetizione di un'altra mattanza etnica  in forma simbolica.
Nevrosi o psicosi, stato d'animo di disordine emotivo o circoscritta pazzia?    

Che cos'altro?

Nuove incursioni sul terreno, non di ruderi di città bombardate, ma di "passeggi" turistici, dove l'allarme terrorismo è entrato a far parte della quotidianità, come le sirene prima delle incursioni della seconda guerra mondiale.
Però, quest'ultima non sarebbe guerra.
Perché? Portata da chi?
I frutti marci e sparpagliati del globalismo, la reazione primitiva all'aggressione alle proprie culture preindustriali - figurarsi prefinanziarie - espressa, a sua volta, in forme ferine, l'organizzazione "razionale" della difesa sul proprio suolo e dell'attacco remoto, secondo un modello mondialista, ma lacunoso, si confondono nel macello e tornano a differenziarsi nell'analisi di parte, anzi di una sola parte.
E' l'assimetria simmetrica della guerra.  

venerdì 2 giugno 2017

Sopravvenienze.


La festa della Repubblica italiana è stata una manifestazione postuma, celebrata da uno degli ultimi Presidenti in grado di ricordarla.
Chissà se i Mattarella,  in casa, erano stati monarchici o repubblicani: al sud molti ancor oggi sono monarchici.
La Lega nazionalista non ha festeggiato e si è differenziata, in questo, dalla sua base storica, per la quale, al tempo del movimento operaio, la Repubblica fu l'obiettivo per cui si perse.
Fuori dalle burocrazie capitoline, in gestione ad una movimentista a cinque stelle, la Festa non ha interessato nessuno, tranne i pontieri delle vacanze brevi; all'interno della bassa cucina dell'alma Roma, i più improbabili ed imprevedibili seguaci maligni di Harry Potter, stavano spignattando le salse più tossiche per un Paese immiserito da vendersi a basso prezzo.
Il risorgimento popolare - che sarebbe stato accantonato e tradito subito dopo l'uso - è considerato ostativo alla definitiva riaffermazione della dittatura di classe, questa volta commerciale e sempre basata sull'ignoranza diffusa.
Il lento processo di omologazione, verso la metà, delle classi sociali è stato sostituito dalla mediocrità dei consumi.
Oggi che nessuno crede più in niente, la festa sopravvive a se stessa.

Il rischio insito. I rimedi particolari.

La politica e gli interessi che la sottendono, sono un maccanismo insano.
Gli equilibri, non più compensativi, bensì paralelli - ecco che "l'assurdità" ingenua di Aldo Moro, riferentesi solo alla storia italiana in corso dell'Italia - si impone alle discoste alleanze di placca, mentre, apparentemente, le prime democrazie, per genesi e successione, Gran Bretagna e Stati Uniti ( per emigrazione ) si appartano.
L'europa neo guglielmina, dopo che la Merkel ha scaricato Trump, si affretta a stringere un'alleanza suicida proprio con la Cina - che ha fatto finta di aprirsi a qualche correzione sul clima - finanziarizzando ed estremizzando l'interscambio diseguale  con il continente asiatico.
Proprio quanto ha codeterminato il crollo delle industrie piccole e medie e delle attività collaterali alle medesime.
E' un'alleanza pericolosa economicamente e, conseguentemente, politicamente, istituzionalmente, che renderà presto evidente, a chi ancora non se ne sia accorto, come le democrazie bastarde scaturite "dall'imprimatur, più che dall'imprinting" delle truppe alleate, già in una fase liquida, entreranno in quella di un diverso, molto diverso, consolidamento.
Dopo quasi mezzo secolo, la politica nord americana si focalizzarà sull'oriente domato e da domare, con la Cina continuerà necessariamente a confrontarsi ed a trattare, anche per il possesso da parte dei cinesi del debito pubblico ovest-imperiale.
Si metteranno in atto delle sinergie, le cui origini sono in atto da molto prima che se ne manifestassero i sintomi, verso esiti, a loro volta lungo-temporanei, di cui, anche se si intravvedessero i connotati, sarebbero svalutati come le inascoltate profezie di Cassandra.
Si viaggia sempre con il pericolo a fianco, ma ci si meraviglia solo quando ci si incorre.      

giovedì 1 giugno 2017

L'unica luce.

La Chiesa cattolica sta conducendo una battaglia di verità, unica nel ripiegato conformismo dei cooptati.
Non ha cominciato oggi a contrastare le tendenze predominanti nel mondo crociato, nel quale auspica, anzi, l'accoglienza di intere popolazioni di altre culture.
Sul finire del comunismo, ci pensò un Papa polacco a condurre una guerra nazionalistica contro la Russia e l'inglobamento nell'Unione sovietica della Polonia, cattolica e destrorsa. Accompagnò, forse senza intersecarla, la stretta economica che gli Stati Uniti resero insostenibile, con i sistemi missilistici spaziali, che avrebbero lasciato indifesa la Russia o troppo indebolita.
Le conseguenze della caduta del comunismo sono state drammatiche in occidente, dove i lavoratori hanno perso tutele, dignità e rappresentanza, ma anche nell'ex Impero, dove la popolazione è stata condannata alla miseria, all'emigrazione e alla prostituzione di massa dentro e fuori i confini.
Per la prima volta nella storia recente, la Chiesa prende la testa della rappresentanza dei poveri, degli esuli e deglli sfruttati o deprivati del lavoro.
Questa riforma evangelica sarà possibile solo se Papa Francesco riuscirà a rivoltare la Curia e i suoi costumi.
In ogni occasione, il Papa argentino ribadisce ed accentua l'ingiustizia delle strategie implicite, non dichiarate, di una congerie di governi-Quisling, che hanno abdicato a qualsiasi autonomia ed autorevolezza, in un'autovendita alla Germania, in un ripristinato sistema di primazia delegata e di opportunistica cortigianeria, dal quale ci libererà forse, ancora una volta lo zio Sam.
Un altro paradosso apparente.
Gli Stati uniti hanno abbandonato da tempo il loro puritanesimo protestante e, contestualmente, la loro etica guerresca. Ha prevalso il razzismo, coltivato verso gli arabi, i musulmani militanti, gli asiatici, con i quali, da posizioni di forza, si ripromettono di gestire un'economia di marca levantina.
L'europa guglielmina ne ha preso atto e, su questa base, Angela Merkel distacca il suo avversario socialdemocratico, appoggiandosi sul mai rimosso sentimento eurocentrico, nel senso di germano-centrico, della popolazione cattolica e riformata di centro-destra, che, in cuor suo, non hanno mai abdicato alla base morale che fece del nazismo una forza supportata dalla maggioranza dei voti e dalla mancata opposizione ( salvo eccezioni individuali ).
La storia della Merkel, già funzionario politico nella DDR, non è rassicurante, stante la macroscopica debolezza dei partners, venduti, per quel che ci riguarda, da Romano Prodi, già liquidatore di molte esperienze, a cominciare dall'I.R.I., di cui era stato presidente, e, quella non riuscita molti anni fa, dell'Alitalia, purtroppo decotta come l'Italia tutta.
Prodi non ha puntato su una reazione, ma su un adattamento antipopolare, alla volontà dei vincitori riemersi, ridiventati nostri alleati ( fino a quando? ).
Ha poi provveduto Mario Monti a fare il resto e ad aprire la strada ad apprendisti stregoni senza facoltà e quindi ininfluenti, tranne che per se stessi.  
La Chiesa è rimasta sola a proclamare semplici verità, ma l'isolamento non le nuoce.