lunedì 12 giugno 2017

Mutatis mutandis.

Ci sono zavorre morali in ogni rapporto, in ogni famiglia, in ogni ambito di lavoro.
A volte si notano, altre volte si avvertono.
Quando, alla luce di un'impressione, si individua una personalità in grado di capirci, si va soggetti all'innamoramento consolatorio, al desiderio di trovarvi rifugio.
Le relazioni istituzionali sono, in molti casi, dei ring per farsi del male, senza poter uscire, per imprinting psicologico, per regola coattiva, dalle corde che lo delimitano.
Le corde sono la famiglia, i sentimenti, il peso di un condizionamento, intrinsecamente o esplicitamente violento, una sorta di gabbia o di tenaglia, alla quale dopo troppi sedimenti esperienziali e la continua rielaborazione statica, non si riesce più a sfuggire.
Ci si chiude e si viene respinti dagli altri, secondo la corretta analisi ( rara ) o sensazione  per cui, ritenendo normale l'eremitismo accigliato e difensivo, si finirebbe per trascinarci chi non se ne accorgesse.    
Eppure, esistono le affinità, apparenti ed inconsce: molte personalità custodiscono tratti intersecabili e, sulla base di questo tortuoso riconoscimento, si allacciano in una spirale lacunosa, che non sanno e non vogliono ricostruire quando se ne evidenziano le falle e ricercano un nuovo, in fondo strumentale, legame. Che sia scioglibile o meno, non ne cambia la natura.
Il portarsi su diversi fronti, con elasticità, è portato strettamente legato all'autonomia economica, anche se qualcuno/a si inoltra nell'inesplorato cammino delle occasionalità, che cessa, ma non sempre, con la nascita tardiva e sistematrice, di un erede, proprio od offerto.
Non credo, non ho mai creduto, nell'approdo naturale alla famiglia; è una figurazione retorica, nella quale allignano un'infinità di contraddizioni, che, portate in un ambiente ristretto, rendono la vita coniugale un  calvario.
Non tutti divorziano, ma ciascuno, per suo conto, gliela dà su, privando di argini, per contenerne ed indirizzarne l'evoluzione, i figli malcapitati.
Sabato scorso, si è sposata, o meglio, si è unita civilmente, una ex ragazza che ha condotto la sua vita infantile e adolescenziale, fuori dagli schemi inclusivi, ma condizionanti delle convenzioni totalitarie eppur disattese da tutti, vigenti quando è nata.
La nuova famiglia ha già una bambina di tre anni, avuta da padre ignoto, attraverso la fecondazione eterologa in Danimarca.
Una delle convolanti è figlia di una prostituta, anche suo padre è rimasto ignoto: è stato il cliente occasionale e non identificabile di sua madre o, forse, solo della sua genitrice.
Non esistono gerarchie morali aprioristiche, si può essere madri e prostitute e genitrici cerimoniali ma non effettive. Oppure, il contrario.
Le solidarietà eterologhe le ha trovate casualmente, come la vita stessa, la vita in senso etologico. Pochi anni fa si è laureata, poi ha coltivato la sua relazione saffica e, infine, almeno per ora, l'ha portata a compimento.
Non so se quest'unione sarà felice e se durerà; di sicuro molte stabili e ufficialmente proposte, recitate combinazioni, si mantengono per ragioni spontanee, ma anche calcolate, sopraggiunte o rivelate, estranee all'immaginata sopravvalutazione dell'oggetto amato, se valutazione sentimentale ci fu.
Credo anzi che le dinamiche di convivennza saranno le stesse degli etero sessuali, casomai senza figli per ragioni economiche o d'interesse.
Fra tre anni ci sarà il debutto scolastico della figlia di due madri e comincerà per lei il difficile canonicato dei pregiudizi sottaciuti del personale docente e non, indottrinato a celarli, anzi a propagandarli, nonostante le riserve mantali, ma soprattutto dei coetanei, da subito orgogliosamente e ignorantemente sicuri della loro diversità.
Inevitabilmente, la religione cattolica ed islamica, ci metteranno un carico da 11.
Le differenze si intersecheranno anche nelle culture etniche, un nuovo, forte elemento di separatezza, ma anche di identità, si creerà fra nordici e sudici, con violente caratteristiche razziste, che saranno meno virulente da parte dei laici settentrionali.
E' anzi prevedibile che, se qualche difficile rapporto omosessuale maschile potrà tentare di essere portato alla luce del sole, a mezzogiorno, a rischio dell'incolumità e della dignità personale, quelli saffici resteranno nel cono d'ombra delle cose non dette e nascoste, per salvaguardarsi da vere e proprie violenze, anche intradomestiche, che ricadrebbero, nel momento in cui sono inconsapevoli ed indifesi, soprattutto, direttamente e di riflesso, sui figli delle creature di Lesbo.
Figurarsi l'indovina chi viene a cena, fra le diverse antropologie delle Alpi e delle piramidi, le presunzioni di dominanza o di preminenza, in una, per quanto negata e rimossa alterità fra Nord e Sud. 
La famiglia, cellula fondamentale della società, aumenta le  sue opzioni e innesta certezze non ancora verificate e profondi dissidi di civiltà che, quanto più saranno travisati, tanto più saranno fuorvianti ed insidiosi.
Sabato, sul prato dove si è svolta la cerimonia, una delle spose ha suonato e cantato per l'altra, mentre le foto di gruppo sono state una stucchevole copia delle felicitazioni-partecipazioni al coito riproduttivo.
In fondo, alla base di un matrimonio c'è per lo meno un'ipotesi, un progetto, che anche le due spose certamente coltivano, una possibiltà che non va isolata e studiata in vitro, bensì in un'aperta dinamica sociale e socializzante, perché la mutazione ( forse più apparente che reale ) non sia soggetta ad agguati tesi a dimostarne la fallimentarietà.
Una malignità distruttiva, comunque, che alligna misconosciuta, anche fra le convenzioni e le conventicole tradizionali, per il "panta rei"-πάντα ῥεῖ tumultuoso e limaccioso della vita.
Adesso non più le sole.

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