domenica 25 giugno 2017

Venti di guerra in medio-oriente. Le guerre per procura.

Mentre i neo-colonizzatori, già ex, bombardano senza tregua i residenti nelle zone dei conflitti, esogeni, esportati ed intestini e nelle calde serate in discoteca, i rampolli di una borghesia assente - fu assente anche dalle guerre patriottiche, da altri al posto loro combattute, secondo le tradizionali differenziazioni di classe - vanno in bricole.
Laddove gli interessi petroliferi si ammantano di interpretazioni religiose e di alleanze sataniche, si passa ufficialmente alle predichiarazioni di guerra, come nell'europa ottocentesca.
L'Arabia saudita, la più ipocritamente retrogada dinastia sanfedista, ha prodotto un ultimatum al Qatar.
Ne sono cofirmatari l'Egitto, l'Unione degli emirati arabi e il Bahrein.
La guerra potenziale non coinvolgerebbe solo la parti protocollari, ma anche le due potenze regionali più ricche e militarmente e tecnologicamente forti: la Turchia e l'Iran. Codesti paesi sono già presenti sul campo di battaglia con truppe stanziali e addestratrici.
Il fastoso connubio degli alleati più stretti degli Stati Uniti nella regione, si scaglia con medievale risentimento contro l'unica agenzia d'informazione libera o fuori dalle righe del consesso e del contesto: Al Jazeera.
La testata televisiva, in lingua araba ( quella più invisa ai dichiaranti ) e in lingua inglese, è la più seguita nel mondo arabo ed ha lo stile delle testate laiche e radicali dell'occidente. Porta ogni giorno inchieste, reportages e filmati sul contesto mondiale, in rapporto alle vicende belliche dell'area di insediamento, con filmati reali, introvabili altrove.
Ecco che l'oscurantismo peloso ritrova i suoi simbolici nemici.
Le accuse con cui l'aristocratica coalizione, più l'Egitto, antagonizza, prima di colpirlo, il Qatar, non sono completamente infondate, ma rappresentano, nella loro enfatizzazione, un pretesto per cancellare l'influente politica di contrasto, contenimento e sommovimento dialettico degli stantii regimi del golfo, assisi sul bitume energetico.
Nella poliangolazione, oltre agli Stati Uniti entra certamente anche Israele, già temporaneo alleato della Turchia in funzione anti-iraniana.
Che cosa perplimerebbe i sodali e i loro complici silenti?
Che il Qatar, pur piccolo, ricco e satollo, finanzi ed appoggi mediaticamente, in maniera indiretta, l'Isis ( lo fa anche la Turchia, tremila soldati della quale sono permanentemente in servizio sul suolo del piccolissimo emirato ), Al Qaeda, Hamas, i Fratelli musulmani contro i quali l'Egitto, dietro appoggio e sollecitazione degli americani, condusse un colpo di Stato, la deposizione e la condanna a morte ( poi tramutata in ergastolo ) del Presidente democraticamente ( per la prima volta ) eletto, secondo l'influenza di Al Jazeera, moderno diffusore del pensiero democratico accessibile e non privo di sottintesi ambigui per i suoi censori, in quanto favorevole a quell'ambiente culturale, da formare attraverso l'informazione, che oggi si vorrebbe eradicare, per riconfermare un potere atavico.
Fuor di finzione, la guerra, ancora non guerreggiata, si esercita sull'informazione, su quella cultura indotta non assoggettabile tecnologicamente alla tradizione desertica, sia pur in versione climatizzata.
Nell'intimazione, conforme al costume diplomatico degli stati assoluti europei nella richiamata situazione del diciannovesimo secolo, si ordina di espellere i tremila addestratori turchi, la cessazione immediata delle relazioni pericolose con le organizzazioni politiche armate citate prima e anche la revoca dei rapporti con l'Iran sciita, con il quale il Qatar ha forti cointeressenze nel campo del metano.
E poi, il divieto di poter naturalizzare tutti i cittadini provenienti dai paesi sospettati di attività terroristiche e la loro deportazione e consegna.
Fine dei finanziamenti ad altri due social televisivi di impronta liberale, uniformità e allineamento con le posizioni economiche e politiche strategiche del direttorio costituito dal consiglio di cooperazione del golfo e, dulcis in fundo, a rimarcarne il danno economico agli interessi non favoriti, il risarcimento dei danni provocati fino ad oggi.
La situazione non va letta con occhi faziosi. Di certo c'è solo l'irricevibilità diplomatica di una simile pretesa a tutto campo, mentre per quanto riguarda le correnti disordinate degli interessi, ma anche del modello culturale da veicolare per sostenerle o per contrastarle, le posizioni assunte per la creazione della situazione in questione, si irrigidiscono.
Al Jazeera, quella in lingua inglese, ha subito alzato il vessillo della democrazia e della libertà, mentre quella in lingua araba, la più influente, ha per ora taciuto, non potendo rifarsi a concetti estranei al sentire popolare e al costume gerarchico dei suoli.
La Turchia, come la Russia in Siria, non ha nessuna intenzione di sguarnire il suo fronte Qatariota: la sua base semmai si rafforzerà. Anzi, il suo ponte aereo, insieme a quello navale dell'Iran si sintensificherà, per portare, in patnership, ai qatarioti quell'ottanta per cento del cibo che consumano.
Non c'è chi non veda come l'intersezione degli interessi e delle relative, mobili influenze, si articoli ed abbia bisogno di un'informazione conforme.
Il Qatar è, in questo senso, come Davide contro Golia: Golia è un prepotente presuntuoso, Davide  cerca, con l'ingegno, di trar profitto dalle contraddizioni dei suoi vicini e competitori e cerca di metterli in difficoltà ed eventualmente di abbatterli con qualche sassaiola mediatica.
Una condizione, sia pur non ( completamente, molto? )  autonoma, molto interessante in un reticolo beduino, prodotto di una civiltà arcaica.         

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