domenica 4 giugno 2017

L'indissolubile bilanciamento fra amore e odio.

La società-spettacolo si esercita in scontate, ma non prevenute imitazioni.
Ora va quella del kamikaze-martire, come è avvenuto al veglione di fine Champions a Torino.
Immagine e reazione di fuga inconsulta, a provocare la quale si esercitano attori  che trasformano il gioco delle feste private in un partecipato disastro.
Se fosse un embrione di spiegazione delle stragi terrroristiche, comprese le stragi di Stato compiute, ad ogni latitudine, ogni volta che le circostanze politiche lo richiedono?
La guerra portata sul suolo degli aggressori remoti dai tanti discendenti autoctoni dei musulmani che sono usciti, in minima parte, dal bozzolo degli usi integrativi, dopo due o tre generazioni, è intrisa da un odio verso l'occidente ed i suoi costumi, che è rimasto intatto, parallelo alle comuni incombenze quotidiane.
E' una guerra di civiltà, condotta nell'ambito di un perimetro comune, alla quale non seguiranno separazioni, anche se il tentativo, maldestro e violento, di imborghesire, arricchendoli, i popoli islamici ( i popoli, non le cosiddette élites ) è naufragato negli usi delle guerre "crociate", mentre i ricchi feudatari - non i dittatori laici, deposti e uccisi - del rifiuto culturale fanno la leva della loro sopravvivenza, mentre i desposti religiosi e dinastici ( fra i despoti, sociologicamente e antropologicamente, le differenze sono apparenti ) finanziano le moschee, luoghi di diffusione della dottrina ed anche gli attentati in tutto il mondo influenzatore.
C'è una crasi, uguale a quella dei calendari, temporale e culturale, che trova il suo ricongiungimento a ritroso nei metodi, nei linguaggi, estremisti o diplomatici, della tradizione beduina.
Nel mondo non coinvolto nella modernità si continuano ad usare gli elementi verbali e propagandistici che anche i crociati, nell'anno 1943...dall'Egira anteponevano ai loro misfatti, riguardanti soltanto le popolazioni al riparo di fragili dimore o esposti senza riparo nelle strade.
Nelle società non più coscritte, perché la guerra non conosce più, per ora, un nemico sui confini o sulla stessa placca territoriale, gli usi, gli svaghi, le assemblee, le passeggiate, i ritrovi, non concoscono variazioni, tranne quelle imposte dai frequenti ed inutili stati d'allarme civico che vengono a intersecare la pur immutata vita ricreativa, ma anche scolastica, in classi multietniche.
I discendenti degli immigrati non frequentano le scuole umanistiche e storiche, figlie di una tradizione aliena ed avversaria, raramente quelle scientifiche, a loro volta elitarie, bensì, dopo quelle di base, le scuole tecniche, durante le quali ed all'uscita dalle quali, conosceranno uno sbocco professioanle secondario e limitato, salvo eccellenze utili alle imprese.
Le culture che conferiscono il senso di sé, rimangono intonse e non basta un rimescolio superficiale o, appunto, tecnico a omogeneizzarle, tanto meno a subordinarle.
Per questo, a seconda delle contingenze storiche, risorgono con i loro elementi intrinseci ed interconnessi, che non sono solo di pace e di amore, ma prevedono irremovibilmente, il loro contrario.
Si giustificano a vicenda. 

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