mercoledì 7 giugno 2017

L'eterno ritorno.

Riascoltavo le voci impresse nei dischi che hanno accompaganto la mia vita fino al crepuscolo e le riconoscevo attuali, come se non si fossero mai estinte, mentre non potrò più udire il suono di parole familiari, che non sono state registrate.
Le voci di dentro e quelle ancora udibili si spegneranno con me. 
Il remake musicale compendia atmosfere che hanno impressionato la parte cosciente delal mia psiche e l'hanno fatta coincidere con il sentimento comune - in realtà un compendio di romantiche solitudini - di un'epoca brevissima, ma ormai desueta, prodromica - l'attuale - come, inavvertitamente, quella vissuta e non compresa nell'illusione di rassicuranti presunzioni.  
Allora, anche le intemerate dei menestrelli impegnati, spesso mi infastidivano, le criticavo, mentre adesso, pur intrise di dati storici e riferimenti socio-politici scomparsi, mi sembrano storicamente accettabilissime, attraverso il binocolo rovesciato con il quale le osservo.
Le altre impressioni, quelle mute, continueranno a condizionarmi, inavvertite, fino alla fine di quel sogno inconscio, fatto di equivoci e cangianti - nell'aspetto - simbologie, che in forma diluita si sono trasmesse, per parziale contagio, anche alle generazioni familiari ormai in procinto di iniziare la loro vita adulta.
Di parzialità in parzialità si riassembleranno in un mosaico trasformato di un'infinita gamma di figurazioni possibili, in una pandemia  intrinseca, inidentificata.
Un sequel bizzarro, non trascendente, che è piacevole, nonostante tutto, sapere che sarà rimesso in scena, da altri ( nuovi? ) interpreti.

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