mercoledì 25 ottobre 2017

Si eredita quel che c'è.

Per poco che serva, il vescovo ( con la minuscola ) di una terra accudita, prima dalla solidarietà contadina, non scevra di cattiverie ed invidie, poi dal comunismo scandinavo delle amminsitrazioni post resistenziali, in un empito di riflusso, riveste nuovamente l'attitudine nascosta al soccorso, che  diventa pubblica, strategica di quell'alleanza che il papa aveva preannunciato.
E così il vescovo si porta dietro il sindaco in un tour fra i senza tetto della rinomata provincia, che i suoi poveri li aveva nascosti, ma che ora non può fare finta che non ci siano e che il loro numero ne impedisca l'amministrazione. per cui è diventato necessario frequentarli di persona, non per interposto servizio, non per ideale carità, ma con diurno e notturno impegno nel raccogliere i cocci ed i rifiuti di una società che non prevede sconfitti.
Il fenomeno non sarà superato, non si cerca utopisticamente di superarlo, ma di testimoniarne la solidarietà negata, si.
In termini idealistici, utopistici appunto.
Servirà alla salvezza dell'anima dei soccorsi o dei soccorritori? E come va intesa codesta salvezza?
In termini immanenti, quindi politici, anche se senza lucro evidente.
Si affiancano i derelitti, ma si fa anche simbolo di una vicinanza che, anche se non risolverà niente fra le schiere ignorate dei vinti, sarà a loro di compagnia, si spera senza tentativi di coinvolgimento, né politico, nè religioso.
La loro libertà consiste nella loro inutilità: saranno disperatamente liberi, fino alla decadenza fisica, prima ancora che alla morte, che, come la nascita, non li riguarda.
La loro libertà miserrima viene agita dai soccorritori inaspettati, non invocati, respinti fino a che la debolezza ha il sopravvento, la solitudine rimanda al nulla incombente.
Anche il cagnolino ignaro, sottratto improvvisamente al gioco con i neonati fratellini per essere portato in una casa lontana per fungere da compagnia, che si innamora di chi lo accudisce ed apprezza la comodità del rifugio, si arrende al suo straniamento e ama chi lo ha trasformato in un amico, si adegua, ma il suo assurdo vivere lo richiama, a prescindere, da un atavico contesto nel quale sarebbe lui ad avere compagnia.
Una compagnia fatta di naturale cattiveria, da prevaricazioni ed abusi ed infine dalla morte violenta e gratuita o dall'equivalente abbandono al momento della sua progressiva inabilità.
Comunque utopisticamente si può far del bene, mentre l'algida razionalità lo esclude a priori, ma quel bene si può esercitare solo in termini primordiali, immaturi e quindi solo entro i limiti di una condizione acclarata o di una regressione intervenuta, attenuandosi le quali, verrebbe proprzionalemnte scalzato, diversamente respinto, avvertito come un'interferenza  e non più come un appoggio-
L'efficacia è quindi strettamente correlata allo status quo.
Insomma: la pratica del bene resta monca, insufficiente, la sua premessa è l'immutabilità dell'infelicità, con accentuazioni a volte spirituali o, come di questi tempi, materiali.
Gli uomini del fare passano dalle imprese lucrative al lavoro di strada, i pensieri astratti vengono, per ora, ignorati, la predicazione si fa con i fatti e i vecchi burocrati del comunismo dismesso viaggiano a fianco, ma sostanzialmente a rimorchio di una chiesa con le mani in pasta, anche se maleodorante e putrescente - la pasta e la Chiesa -  raffigurata in uomini, per tutta la parte precedente della loro vita, relagati negli anfratti dell'esistenza, insieme ai loro reietti, che vengono ora offerti sul proscenio, avendo cura di non insignirli di paramenti principeschi, confermando la loro francescana  dimensione popolare, vicaria rispetto al potere, che Francesco abbandonò mentre loro non l'hanno mai conosciuto e, per questo, intrisa di dolore assimilato e piagato lavoro.
L'impegno sarà profuso direttamente sul campo, l'eventuale consolidamento od arricchimento che la carità comporta, sarà riscontrabile solo domani e l'eventuale istituzionalizzazione degli enti preposti, degli strumenti organizzati della relegazione assistenziale, sarà rilevabile solo a cose fatte.
Nel frattempo, il bene accordato non potrà essere contestato e possibilmente neppure messo in dubbio, pena l'anatema sociale, popolare e falsamente sdegnato presso un'aristocrazia tanto vuota e superficiale, quanto ereditaria.
Così i poveri erediteranno, di generazione in generazione scartata, la terra.
Ad accompagnarli, per un breve tratto ci sarà la mitologia cristiano-cattolica, temporaneamente sottobraccio alla sinistra, anzi più marcatamente sinistra evengelica dell'esangue e bisognoso di sostegno crogiolo di indeterminatezze, nelle quali la parte periferica, senza interessi estrinseci, si fa strumento di un'evangelizzazione che domani cambierà riferimento.
In fondo l'amore è mediazione illusoria e maliziosa di credenze originarie rimiscelate nell'occasione e destinate all'usura da noia immobilistica una volta che ci si sia fatti catturare.
A Bologna potrebbe essere diverso. 

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