mercoledì 1 novembre 2017

Una partita a scacchi fra due schiappe, una castigliana ed una catalana.

La Catalogna ha avviato un percorso di indipendenza e di sepratismo dalla Spagna castigliana e, dopo la repressione dittatoriale di Francisco Franco e l'imposizione "ante mortem" della corona unificatrice, ha proclamato la Repubblica.
La reazione della Spagna monarchica è stata costituzionalmente antidemocratica.
L'art. 155, infatti, è un residuato giuridico del franchismo e tiene sotto un potenziale tallone le secolari rivendicazioni autonomiste di almeno due delle altre nazionalità ispaniche: quella catalana appunto e quella basca.
Anche l'Andalusia conosce un più modesto indipendentismo turistico.
Il fatto è che, lungi dal proporre una federazione fra Stati spagnoli autonomi, i catalani hanno deciso di costituirsi in Repubblica e di praticare uno strappo pacifico, progressivo, con il governo centrale, misconosciuto e rigettato.
La Spagna ufficiale, quella a cui fa riferimento l'Unione europea, ha reagito nella maniera più violenta che la legalità le consentisse.
Dopo i pestaggi degli attivisti ai seggi da parte della famigerata Guardia civil - i carabinieri del fascismo, mai disciolti - è seguito il commissariamento di una nazione che ha scelto di costituirsi in postestà statale autonoma.
Sia pur spalleggiata da entità sovranazionali, la Spagna ha praticato un colpo di Stato, deponendo il presidente catalano e sostituendo le figure di vertice e vicarie, con gli omologhi madrileni, che comunque, lungi dall'esercitare il potere accentrato pur loro già spettante, faranno da commissari, non del popolo, ma del governo sconfessato.
La frattura è ormai definitiva. 
La Scozia e una repubblica dell'Ossezia, affrancatasi dalla Georgia, per fare da cuscinetto alla Russia contro la N.A.T.O., hanno già riconosciuto la Catalogna indipendente; la risoluzione autonoma di una nazionalità parlamentarizzata del Regno unito, la dice lunga sull'aere indipendenstista che ha ripreso a soffiare dopo la finanziarizzazione del mondo occidentale e dei suoi ammennicoli.
Puidgemont e la Catalogna saranno il Don Chisciotte di Cervantes e si sfiancheranno inutilmente contro i mulini a vento, saranno traditi subito prima di essere sconfitti o, dopo la loro carcerazione sventata, assumeranno il ruolo simbolico di una lotta finalmente portata alle sue estreme conseguenze? 
Lo stare insieme, pur non riconoscendosi, non è più subito, ad onta dei conti traballanti e dell'impoverimento regionalistico.
Le culture hanno riacquistato la loro valenza identitaria e fanno aggio sulla crisi, sulla prudenza, sulla solidarietà fra entità diverse.
D'altra parte Madrid risponde con il pugno di ferro, riesumando l'atteggiamento franchista, dittatoriale, che non è stato superato da una democrazia nata per delega successoria, che conserva, insieme all'elemento autoritario centralizzato, le storie particolari delle sue nazioni, senza che nessuno proponga la costituzione di uno Stato federale.
L'ipotetica, comunque, futura federazione d'europa, troverà al suo interno, tante nazionalità specifiche e non sarà più considerata frutto di una coesione ipocritamente data per scontata, con i potentati sovrastatali a dirigerla, ma una congerie di comunità concorrenti all'opera e rivendicatrici del loro contributo, partendo dal riconoscimento della loro costituenda natura statuale.
Il puzzle riguarderà nazioni ricche e meno ricche, autonome sul piano economico e poi politico o autonome solo politicamente, ma senza un soldo.  
Il separatismo catalano è stato trattato dalla stampa italiana ed europea nelle brevi di cronaca, quello inglese, con grande risalto, in linea continuativa implicitamente riconosciuta con una particolarità che la Germania non riusci a soffocare e ad annettere e che il separatismo di tutto il regno avrebbe poi confermato.
La ragione risiede nell'alterità e residua importanza della Gran Bretagna nello scacchiere internazionale, tutt'altro che europeo se non in termini di controllo e di antenna d'oltre Atlantico.
Il fortino continentale è invece legato a squallide convenienze, a cui ci si è sottomessi senza abbozzare una parvenza di lotta per far valere le proprie ragioni ed esigenze e, all'interno di esso, non si possono, né si vogliono tollerare particolarità e rivendicazioni; per questo la Spagna pig gode - si fa per dire - della distaccata solidarietà dei suoi padroni e degli altri occupanti il porcile.
L'interesse "extraculturale" certamente sottostante ad un'aspirazione storica dei catalani, è intrinseco alla costituzione di un nuovo Stato che si erga a loro difesa e rappresentanza, ma anche i subordinati maneggi della Spagna unionista non ne sono privi, sia pur svenduti alla potenza egemone di un connubio difensivo.

In Italia, la Lega è diventata federalista e non più secessionista.
Questa prospettiva era già contenuta in nuce nel primo movimento secessionista bossiano, che l'ha lasciata marcire con la frequentazione del governo prima e con le ruberie domestiche dopo.
La differenza sta nelle motivazioni storiche e in un'identità che non sia solo economica.
Anche l'Italia è stata una monarchia, a simbolica difesa dell'unità formale di un paese inventato, senza caratteristiche comuni fra le aree territoriali; neanche linguistiche.
Un'accozzaglia di identità e di gerarchie sociali alleatesi e produttrici di un mai risolto inquinamento sottoculturale, nella quale sono convissute e convivono ogni sorta di politica complicità, compresa quella con i poteri criminali delegati delle zone borboniche.
I paladini delle istituzioni traditrici o inesistenti, ne traggono un iniziale successo personale, ma poi vengono sacrificati, esaurita la parata immaginifica di equilibri mistificatori.
L'emigrazione in massa e, di generazione in generazione, dal sud al nord, ha fatto il resto.
Tornando allo specifico frazionario ispanico, le mosse sulla scacchiera, che, a mio avviso, vedono in vantaggio Puigdemont, sono reciprocamente maldestre: quelle spagnole non conoscono strategia né tattica; quelle catalane sono più fluide, strategicamente lunghe e provocatorie verso un atteggiamento istintivo che porterà ai castigliani solo guai.
La separazione fra la Catalogna e la Spagna si è ormai consumata, sia per l'esito della consultazione popolare ( legale o illegale che fosse ), sia per la reazione violenta e dittatoriale di Madrid che, oltre ai manganelli, ha utilizzato un articolo bizzarro della costituzione che vieta, riconoscendolo implicitamente, il secessionaismo, che non è solo catalano.
Infatti, per le stesse ragioni, si ebbe l'appartato, solo filo ispanico, regime fascista di Francisco Franco, appoggiato dalla chiesa cattolica di quel tempo, nello schiacciare i regionalismi repubblicani che volevano diventare Stati autonomi.
La base catalana e basca era marxista: oggi di quella base culturale non resta nulla. Si è adeguata ai nazionalismi europei costretti nella gabbia dell'Unione, mentre il globalismo finanziario sfascia tutto. Anche la monarchia post franchista, fu ripristinata all'uopo, per evitare il repubblicanesimo autonomista ( allora marcatamente di sinistra e, come nel caso dei Baschi, comunista ). Ma la storia delle culture e dei popoli ( così come degli interessi sottesi ) si può schiacciare, ma non rimuovere.
Le mosse di Rajoy e del governo centrale - solo in senso sccapparratorio, non identificativo - l'applicazione di una contraddizione in termini costituzionale in una democrazia, ha il sentore stantio del fascismo..generalisticamente e gerarchicamente unitario , mentre in molti altri Paesi si manifesta quello particulare.
Puigdemont non è andato in esilio, in senso  tecnico, ma, di fatto, difeso e rappresentato da un ottimo giurista internazionale, costituirà il governo all'estero della Catalogna, come avvenne con i fuoriusciti italiani durante il fascismo nostrano. 
Non c'è, non conta l'ingenuo entusiasmo del popolo che si sente sentimentalmente protagonista lungo le ramblas: i termini politici sono sulla scacchiera, mossi da due schiappe, in una contesa mediocre che, di questi tempi, potrebbe ugualmente avere successo.
A favore della maggior autonomia e, di fatto, sovranità non riconosciuta, dei barbari discendenti di Teodorico.

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