venerdì 3 novembre 2017

L'illusione del traguardo.

Tutti in pensione a settantasette anni: la quiescenza di vecchiaia diventa l'unica possibilità di lasciare il lavoro, dopo esserne stati, per la maggior parte dei destinatari, svuotati e sfruttati.
Qualcuno potrà compiacersi in cuor suo di essere stato mantenuto fino al traguardo, per altre sarà stato pretesto per un bilanciamento al minimo sindacale dei doveri domestici con quelli lavorativi e viceversa, per sfuggire ai condizionamenti di entrambi.
Ma per la maggior parte non sarà così, men che meno per i dipendenti privati.
La pensione di vecchiaia sancirà l'interruzione di una prestazione non continuativa, intermittente e costantemente precaria, con contribuzione parametrata e prestazioni in vecchiaia insussistenti.
Questo si omette, ma è la realtà in divenire, per la quale la sostenibilità dei diritti in fieri non costituirà un problema, ma sancirà fino alla morte la diseguaglianza, formalmente negata, per i cittadini.
Vita precaria e pensione da fame, cure ridotte, assistenza privata. Per chi non se la potrà permettere, l'ultimo tratto sarà impervio.
Solamente breve, ma tormentato.
Addio risparmi, accantonamenti; ci saranno due precipitati: la disgregazione familiare e la liquidità, la precarietà sentimentale, e la strenua resistenza, inutile, priva di prospettive, ma almeno coesa, di chi ripiegherà le sue svelate, illusorie prospettive, in un bunker familistico.
Non è affatto detto che il fortino sia costituito dagli italiani del nord. E' più probabile che saranno le famiglie immigrate, strette in una tradizione che non consente evasioni e che modella i comportamenti e le gerarchie morali su di un asse premoderno, ma ordinato, anche sotto il maglio di un consorzio teocratico, ademocratico.
Più consono a resistere, continuando a galleggiare su di un barcone, al mondo al quale il caso non ha consentito loro di sfuggire.         
La proiezione si attesta sulla sostenibilità, teoricamente stimata, non illustrata ai cittadini perchè sarebbe disvelatrice di un'intenzione, negata a parole o rimossa dal già asfittico dibattito ed è una prospettiva generalista  depressiva e noncurante.
Per cui, le naturali aspettative legate alla giovinezza ed alla durata della vita, contraddette dall'evidenza, si spegneranno con il solo trascorrere del tempo, senza più fornire gratificazioni, modeste o illusorie, nel corso di una vita lavorativa improntata all'occasionalità.
Il cursus honorum previsto per le professioni si fa sempre più ambizioso, multispecialistico, in fase formativa e mirato all'utilità nel suo compimento accademico, a cui seguiranno master od esami di stato e specializzazioni secolari, talvolta, a differenza del passato, pagate
Quanti, secondo voi, potranno permettersele; quanti troveranno nelle risorse familiari, economiche e culturali, un approdo, un sostegno?
Quanti, trascinandosi verso la speranza di migliorare la loro condizione, attraverso uno sfinente corso universitario da lavoratori-studenti ( ce ne sono ancora ), troverà alla fine un posto, un ruolo congruo o, ben che gli vada, dovrà accontentarsi della serie B, quella dove, si sa, si continua a correre e a faticare, senza trarne, in nessun senso, soddisfazione, quindi impossibilitati ad estenderla al proprio nucleo familiare?   
Per cui, il prospetto, dogmaticamente fissato a sessantasette anni, con eccezioni, progetti donna, contraddittori con la prima richiesta di uniformità, ribattezzata uguaglianza e poi dichiarata, con voce impostata, da chi dovrebbe consentirla, a livello politico, proprio perchè consapevole che, potendosi approcciare solo al livello più basso e omologatore ( come tutte le uguaglianze ), ci si potrà valere anche di questa mistificazione, per articolarne le strategie pauperistiche.
Coraggio, ci vorranno sessantasette anni d'età, calcolati sulle statistiche di sopravvivenza, adeguabili nel tempo, riducibili, nel frattempo, in termini di prestazioni.
E' secondo questa nuova intepretazione che la nostra Italia continuerà a fondarsi sul lavoro..pigro, consistente nel prendere per i fondelli una massa mal pasticciata, chiamata popolo.
La loro, mutatis mutandis, continuerà a non tenerne conto. 

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