mercoledì 22 novembre 2017

La candidatura ricorrente.

Un rumore di passi. Squittii d'accoglienza e d'ingresso.
Scampanellate successive e replay; in gruppo, in famiglia, in coppia, da soli.
Ruoli, in realtà, indefiniti: la padrona di casa effettiva, l'ancella rivalutata ad arte e per necessità, l'espressione di affetti pre analitici, fatica, disordine, sporcizia sul campo, a cose fatte.
Nel frattempo, libagioni e svinazzate, poi, per assurdo, dessert e caffé.
Ma non basta ancora: liquorino.
Tutto passato fra  il palato e la lingua, ma poi finito in una poltiglia invereconda nello stomaco e, di transito, nelle budella intestinali.
Alticci e con il mal di testa ecco le blaterazioni alcooliche, sempre più ovvie e triviali, fra un'ostentazione di superati splendori e mascheramenti grottescamente penosi.
Fin dall'inizio, prima che il chiasso si armonizzi con la betoniera buccale e gli schiocchi, le richieste di avvicinare quella bottiglia o quel piatto da portata, il rumore è indistinto, crescente: ognuno vuole partecipare alla manifestazione, ma vuole anche prevalere sugli altri, imporre la sua tesi con l'immagine discendentene.
Il sorriso stereotipato, l'adesione al sentire presunto come prevalente, non altera l'intenzione maggioritaria, della quale candidarsi a leader successivamente.
In realtà, nessuno ascolta nessun altro, come sempre avviene, al di fuori  delle gerarchie ruffianesche.
Ma nell'indistinto, seppur privato, della piazzetta domestica, nulla vale, ma di questo alcun si accorge.
Mastica e si parla addosso sotto una cascata.
Gli incongrui e solipsistici oratori si coalizzano e si riconoscono verso i marginali delle feste, soprattutto quando costoro, chiamati in ballo o per incauto desiderio di entrarci, esprimono pensieri , non ostili, non alternativi, ma critici analiticamente, non del baccanale, ma degli pseudo pensieri in agone.
Questo è il loro errore più grosso.
Semplicemente non ci dovevano andare.
Ma la lagna uniformista  di femmine avvalorate di riflesso, anche nella finzione sopravvenuta, spesso ha la meglio, per pura pace dei sensi scossi dall'idiozia irriducibile, irrazionale, ma proprio per questo, pretenziosa, nel tentativo di sottrarsi alla accuse di difformità, se non loro, della loro famiglia o di un singolo membro.
La ritorsione competitiva, aspetta solo che, sull'altro versante, qualcuno dimostri l'insubordinazione d'interesse, un po' come la loro, cementata dai figli e dalla mancanza d'alternative, in una vantata virtù mal sopportata.
Ecco che le tasche, già piene, tracimano.
Qualcuno e poi ciascuno cominciano a rammentare a se stessi ed a tutta la loro coorte, un impegno , una scadenza, il desiderio di affrancarsi da quel rito esausto e manducato, come in una primitiva convenzione magica.
Come erano entrati, per gruppi, per famiglie, in coppia o da soli, i commensali scrocconi se na vanno, lasciando in loco le padrone di casa a gerarchia variabile, in un cumulo di macerie, di avanzi scomposti, come una città dopo un bombardamento.
I Vandali vanagloriosi se ne sono andati verso altre razzie, in attesa di ripetersi sul medesimo luogo del delitto.
Lo scoppiettio e poi il fragore della festa si sono spenti nell'alveo eccessivo del riscaldamento e nella tristezza del crepuscolo dell'abbandono.
Apparente.
La candidatura è accettata in cambio di un materiale favore.

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