giovedì 30 novembre 2017

La mancanza di principi morali ed i suoi esiti. Contro gli altri o, in caso di sconfitta, contro se stessi.

Il generale croato che si è suicidato in aula a l'Aja ,  come un condottiero classico o un maestro di pensiero, come Socrate, ha rivendicato un onore del tutto ambientale e ha accusato i suoi giudici di applicare criteri politici.
Casomai i criteri politici hanno ispirato le leggi che questi magistrati sono stati chiamati ad applicare.
Il generale si è accanito contro i kosovari, come i Serbi: lo ha fatto in forme barbariche, quelle che il suo aspetto suggeriva.
I musulmani kosovari sono stati sacrificabili nella parte simbolica di un popolo mafioso: bastavano duemila dollari a testa per mettersi in salvo. Solo chi ne disponeva ha potuto farlo.
Molte famiglie hanno divaricato il loro destino solo per questo.
Il generale slavo ha fatto proprie le attitudini e le metodiche dei criminali nazisti. Chi non aveva speranze spesso si suicidava.
Nell'antichità - solo per convenzione diacronica -  chi perdeva, in senso lato, l'onore, faceva altrettanto, ma solo dopo aver tentato di distruggere il male impersonato dagli altri, anche se inermi, a coronamento di una mitologica esegesi storica.
"Non sono un criminale di guerra! Avevo ragione !"
Poteva dire qualcosa di diverso? Era convinto di quanto diceva?
Simbolicamente, la distruzione del ponte moresco di Mostar, ricostruito, ma snaturato come il ponte sulla Drina , svilito al rango delendo di un semplice ponte, fratturava artificialmente una vicinanza storica, mai digerita, irrisolta, ma nella quale gli interessi economici sottintendevano i risibili pretesti razziali e culturali, buoni per il popolo credulo.
Il generale ha agito per il suo Paese e per sé, sperando di averne un imperituro riconoscimento.
Così non è andata e, anche se nei normalizzati, ma non convinti acquartieramenti regional-nazionali non sono mancati gli apprezzamenti, che confermano i presupposti insinceri, ma diffusi fra chi cerca sempre un capro espiatorio per lo spettacolo popolare, il vecchio gerarca ha voluto morire teatralmente, confermando il nichilismo retorico del militarismo e dei gesti criminali paludati.
Da ieri, nessun colpevole sarà offerto in espiazione.
Viva la morte, la sua unica credenza.

Il non pensiero.

L'uniformità e l'oggettività, falsificazioni per definizione, strumenti ideologici e sopraffazioni psicologiche, sono di tutti i sitemi totalitari.
Tanto si è combattuto contro questa pretesa, quando aveva focalizzazioni politiche, quanto la critica culturale predica invano contro il non pensiero unico  commerciale.
Le false facilitazioni e gli aggiornamenti continui delle medesime facilitazioni apparenti, fermi restando il vincolo contratto, reiterano all'infinito gli stessi strumenti e gli stessi servizi, venduti come prodotti non oggettivi, ma puramente evanescenti ed evasivi.
L'assistenza tecnica, a cose fatte, non è più fornita. Gli eventuali e non garantiti tempi di intervento e di sostituzione, sono demandati a una struttura apposita per provincia, dalla quale si possono comperare gli oggetti più banali che si sono guastati, oppure attendere, come minimo, una ventina di giorni.
Lo stesso dicasi per l'assistenza tecnica sugli impianti durante e, soprattutto, all'atto dell'installazione.
Considerata l'interconnesione di questi strumenti in ogni ambito della vita moderna, si ottiene una nuova versione del bene strumentale, si sottoscrive subito la variazione di contratto e si paga anche una penale, anche se il gestore e il distributore non cambiano.
Fra il pagar prima o l'attendere senza impegni da parte dell'officina o del laboratorio del venditore, di solito si corre alla sostituzione del pezzo e si paga il divorzio dal vecchio.
Quando il pacco è stato rifilato, si passa al successivo, senza posa, secondo budget continuamente aggiornati perché non diventino troppo premianti.
Quanto ancora esula da questa dottrina, è svilito, privo di riconoscimento, più intercambiabile dei pezzi di ricambio meccanici e tecnologici.
Dal lavoratore povero, all'identità occasionale,  just in time, ci si perde e si sprofonda e, soprattutto, non si danno più contestazioni efficaci, direi neppure possibili.
L'animus pugnandi si ripiega sulle competizioni interpersonali e, data la labilità dell'identità lavorativa e sociale, si traduce in una paralisi indotta e mantenuta fra i non protagonisti di questa nostra era.
Per me seconda e certamente ultima. 
Considerato che, da che storia è storia, i caratteri della condizione umana, troppo spiritualizzata rispetto alla prosaicità del reale, sono stabili, immutabili e che la frustrazione degli irrisolti li porta a sposare terapeuticamente, utopie, sogni e peana guerreschi, la terza età porta con sé la presa d'atto, anche energetica, della semplice verità dei fatti,senza attribuzioni qualificatorie che non siano fuorvianti.
La fortuna occasionale è solo apparente, come la sfortuna: le cause rimosse ci sono.
Si passa dalla disperazione dell'apparir del vero, al termine dell'adolescenza, all'ingresso nella vita adulta, che si trascina sulle ali della giovinezza, nella maggior parte dei casi, al di fuori delle conferme dinastiche, su di una strada sterrata.
Molti di costoro cercano delle possibilità all'estero, dove, al di fuori di una cinetica applicazione commerciale delle professionalità, si può aspirare, al massimo, ad una gavetta analoga e ad un inserimento successivo ( a quale livello o con quali possibilità, resta da testare con l'esperienza ).
La sagra delle vanità sostitutive o compensative infuria: non è certamente una novità, né sono originali le sue caratteritiche, ne sono solo cambiate le forme, le sembianze, come per tutte le illusorie profferte delle piccole fiammifferaie, dei mendicanti organizzati sotto i porticati, delle etére stradali od internaute, dei venditori di pezzi di ricambio, come facevano i poveri fra di loro, liberi ma depressi professionisti dell'auto mercificazione o, peggio, della mercificazione lavorativa a chiamata, a beneficio dei mercanti.
Ci si è tanto scandalizzati delle aste dei migranti in grado di servire in Libia, ma il non pensiero imperversa uniformemente.
La merce riprodotta è inesauribile.

lunedì 27 novembre 2017

Il mercato delle pulci.

Commentare la campagna elettorale già in corso è esercizio inutile e sgradevole, ma la riproposizione della destra incravatttata per la borghesia dei dominii, affiancata da quella plebea e rissosa ( come la mafia nei confronti della setta borbonica che la sovraintende ), richiede un faticoso impegno.
Di nuovo.
D'altra parte quanto si ripropone è il sottofondo tumorale della scollata società italiana, la cui incongruenza è finalmente affrancata dagli orpelli dell'ideologia unitaria, sostituita, per affannosa difesa, dalla fortificazione europea, per noi subordinante, nella quale nessuno vuole più pagare i conti degli altri, perché la fine effettiva della seconda guerra mondiale non consente più di accollare agli sconfitti, anche da parte dei voltagabbana dell'ultimo momento, i loro costi.
Costi clientelari, ruberie ed elemosine, struttura parassitaria di consenso, insidiata dai salari da lavoro delle famiglie monoreddito degli immigrati.
Le caratteristiche esogene, culturali e religiose, sono pretesti propagandistici: la fede degli ultimi non li ha nai portati al cielo: nemmeno in quello di Allah.
Questi immigrati non contano e non conteranno mai niente; i loro figli ne ripercorreranno le orme e, l'essere italiani, ne ibriderà inconsapevolmente la natura proletaria e misconosciuta, in una società senza lavoro o con un lavoro occasionale imitativo dei ritmi dell'informatica.
Bisogna filtrare, depotenziare ed opporsi alla marea fascista, in doppio petto berlusconiano ed a quella proletaria, sociale, impostasi nei territori orfani del clientelismo della casa, del pacco di pasta, dell'impiego ai minimi, ma orizzontale.
La sinistra in campo potrebbe ripetere la funzione di filtro che già fu della Democrazia cristiana, ma la composizione contraddittoria della compagine messasi insieme solo dopo la fine dei blocchi, del partito comunista e del partito dei cattolici, non più richiesto dalle gerarchie vaticane, non ha trovato sufficente torta da spartirsi e, quindi, si frange, si sfarina e sopravvive solo per reticolari, ma circoscritte sotto-compagini, mentre apre spazi senza prospettive che non siano l'auto perpetuazione dello stipendio da parlamentare. 
Se da un lato, per fortuna, questo non avverrà, almeno per ora, dall'altro bisognerà continuare a convivere col revanscismo di destra che potrebbe trovare perverse sinergie con la sua pseudo opposizione e servirsene, come fanno i borboni con i mafiosi, dagli ambiti segreti delle Logge massoniche meridionali, mentre i millanatatori di favori e di vantaggi non sono più in grado di assicurarli, tante è vero che Berlusconi dovette procedere alla compravendita diretta, a cui la pletora politica parlamentare fornì una concorrenziale e prona adesione commerciale.
L'alta percentuale delle professioni ereditarie è andata in malora, insieme a quella stabile dei richiedenti lavoro a prescindere.
Potrebbe ritrovarsi in una vichiana accolita di revanscisti, questa volta di un progetto chiaro ed evidente, secondo il quale i disoccupati, i sottoccupati, gli esclusi ed i sottopagati senza diritti, devono essere schiacciati e ridotti all'istituzionalizzazione della loro inferiorità.
Un intero secolo, il ventesimo, non può essere passato invano e superato in via di fatto sull'abbrivio dell'ignoranza delle masse.
La resistenza e il contrattacco riguardano l'età matura e non ancora affossata di questa nuovamente venduta società.
Quella merce molto vile  trovò la maniera di essere sopravvalutata, a causa e ad onta di un'impeccabile formulazione teorica, machiavellica.
Il contrasto sarebbe necessario, ma mancano le condizioni perché possa avvenire.
Per cui, si vola su tutto questo.
Si finge, come si è sempre fatto.

domenica 26 novembre 2017

E' il momento di chiudersi.

Il mondo che va in vacca va lasciato al suo corso.
I bisonti fanno rintronare la terra marmorizzata alla ricerca di uno sconto proclamato che si conferma comunque una spesa.
E' la compensazione strumentalizzata della sfiga quotidiana, ha il senso della valorizzazione della merce per le più giovani, della corsa low cost alla dimensione sfuggita, per quelle meno.
E' un dato di fatto che il richiamo dello sconto è irresistibile per le femmine: sono come i selvaggi, gli piace tutto quel che luccica.
La propaganda degli stracci ha sostituito quella dell'identificazione, per chi era privo di identità, il senso di un'illusione anestetizza, solo per poche ore, il proprio egosimo fallito o irriconoscente.
Ci si guarda allo specchio e ci si trova gritteschi/e.
Bisogna riprovarci: un ritocco, un particolare finora sfuggito saranno la maschera ostentata di cui fregiarsi allo scoperto.
Una mascherata dispregiativa di se stesse che qualcuno, della stessa risma, si sentirà in diritto di abusare.
Ai vari strati dell'immagine, o autoimmagine venduta e, da qualche altro incauto o parimenti deficiente, comperata, la finzione e l'uso compiacente per stati miserabili, si acconcia alla ruffianaggine.
Qualsiasi babbeo/a può accedervi, non sono richieste qualità, bensì uniformità.
Una imponente maggioranza di officianti spende, si sindebita, spreca in idiozie ricorrenti.
Su questo speculano i mercanti polifunzionali: dalle indulgenze ai calzini, dai toys erotici ai pasti più belli a vedersi che a gustarsi...conformemente.
E' il momento di chiudersi alla barbarie presuntuosa, perché inconsapevole: restino pure in strada a dannarsi l'anima, non a nostro beneficio.
Noi non abbiamo niente da vendergli, né ci interessa comprare.
La voragine dell'educazione, dell'incultura e della frenesia insoddisfacente che provoca la continua ripetizione di iterazioni nevrotiche, è riscontrabile in tutti i momenti, in ogni circostanza, in ogni ambito lavorativo: si bestemmia e si impreca nelle cooperative di facchinaggio - ma non da parte dei musulmani - come nelle sale chirurgiche, dietro le quinte di un palcoscenico, nell'anticamera di un consiglio di amministrazione.
Poi, tutti insieme, come per gli straccetti che vengono acquistati, si trovano ancora una volta conformi nei giudizi, nella moralità propagandata, vessilliferi di ciò che non pensano, per invidia e pusillanimità.

mercoledì 22 novembre 2017

Il progresso basato sullo sfruttamento.

C'è un bel libro di Marta Fana: Non è lavoro, è sfruttamento, che analizza le leggi eversive dell'ordine lavoristico, affermatesi negli ultimi venticinque anni.
La ricercatrice ne sviscera i dati statistici, le percentuali d'incidenza sulla degradazione del lavoro e sul suo rinnovato sfruttamento, cardini della vittoria incontrastata del capitalismo nel confronto equilibristico con il lavoro produttivo, politicamente organizzato.
 E' stata proprio l'esigenza organizzativa a determinarne nel tempo la sconfitta, nei confronti dell'indistinto mondo del capitale e della finanza, che ha superato, abolendola, la classe operaia.
I sovietici avranno fatto sparare a Giovanni Paolo II, dalla la mafia turca ( come avviene per la mafia italiana e, credo, per qualsiasi altra forma mafiosa in giro per il mondo ), ma fra i suoi nemici nazionalisti annoverava anche il Papa polacco che aveva colto l'opportunità di partecipare alla preannunciata dissoluzione della patria dei lavoratori, inserendovi il cuneo della diplomazia vaticana, fra le varie cancellerie.
Il vero artefice della vittoria fu il rozzo ed ignorante presidente Ronald Reagan, che mise in ginocchio la periclitante economia della lesina con l'installazione dello scudo stellare  nell'atmosfera, capace di intercettare i missili avversari, ma anche di farli grandinare sulla testa degli impertinenti.
Da allora, tutto il mosaico di diritti e guarentigie lavorative è stato smantellato, con la tardiva e comoda resipiscienza della sola CGIL, che vi aveva invece contribuito all'epoca degli esecutivi presieduti da Romano Prodi.
D'ora innanzi farà gioco di sponda con Bersani, D'Alema e Pietro Grasso, che conferirà una veste istituzionale sia a MDP, sia alla CGIL.
Sarà solo un'apparenza minoritaria e.. fino a quando? 
La lucida disamina di Marta Fana resterà - è ovvio - fine a se stessa; una dispensa universitaria di supporto a qualche esame, finalizzato proprio a evitare il destino descrittovi.
Su base familistica e censitaria, non certo culturale.
Fu Margaret Thatcher a lanciare il peana dall'Inghilterra, patria del capitalsimo e di Adam Smith.          La destra europea continentale ha riscoperto il fascismo sociale, praticato a condizione dell'acquiescenza,  a favore dei ghetti periferici delle città metropolitane, con un successo particolare nella grande Roma.  
Nella metropoli  slabbrata e primitiva. i pischelli coatti di Pasolini, che di Roma è stato mentore non esornativo, né celebrativo, ( ma romano non era ), si sono riconvertiti ai tempi.
Non c'è più il riccetto, con solo una camicia bianca, che esce dalla sua baraccopoli, la domenica, per andare a fare la prima comunione, dimentico per un'ora della violenza intrinseca fra i brutti, sporchi e cattivi e del suo non riconosciuto sfruttamento sessuale.
Adesso albergano nel sottosuolo, come a Timisoara e a Bucarest e ripetono le esperienze narrate una generazione fa nei "Ragazzi dello zoo di Berlino".
Immigrati e italiani senza famiglia o con una famiglia da rigettare, che li ha ignorati e trattati come un'insopportabile impiccio, convivono: qualche bambina è incinta.
Ha smesso di drogarsi, in una resispiscenza sentimentale di un'idealità morale e sentimentale di cui è la negazione più triste, ma alla quale non vuole rassegnarsi, anche se, mentre  la gravidanza va avanti, preconizza il momento della nascita, quando la bambina o il bambino le sarà tolto.
L'indifesa precarietà attira i pedofili, comuni personaggi altrimenti mimetizzati nella vita di ogni giorno, spesso professionisti, spesso con rispettata famiglia.
Un pedofilo americano, un ingegnere in trasferta, come a Manila e a Bangkok è stato prosciolto dalle provate accuse di abusi su di una ragazzina di tredici anni, perché nessun genitore ha sporto denuncia.
Ma come? Questi abominii, sotto specie di reati, non si perseguono d'ufficio?
Si vive anche così, in una primitività senza senso, eclusi ed usati da  crudeli ben pensanti, in una costrizione disperata e senza vie d'uscita, fra i topi e i profittatori.
Il giustiziere della notte a Roma non c'è, ma il film è piaciuto ad una generazione ormai anziana, solo per la sua violenza a trecento sessanta gradi, ad opera di mentecatti scimmieschi e per vendetta verso di loro, di un marito e di un padre.
In questo caso, sono i mariti e i padri ad abusare di inermi disprezzati per rimozione ed autoapprovazione.
A scalare verso il basso, la società declina e la corruzione materiale e morale è da terzo mondo, raggiunto a ritroso.
Permanendo un potere d'acquisto, sempre più concentrato, nelle nostre società di vulgata mercantile, i corpi e le psiche si comprano, come in tutte le énclaves infernali delle città troppo grandi e popolate per non riservare una quota di reietti, recuperati al sadismo irreprensibile di chi ha la facoltà di soddisfarlo, nell'indifferenza e nell'interpretazione rimuovente di un canone che dovrebbe essere automatico ed obbligatorio. 
                                                                                                                                             

La candidatura ricorrente.

Un rumore di passi. Squittii d'accoglienza e d'ingresso.
Scampanellate successive e replay; in gruppo, in famiglia, in coppia, da soli.
Ruoli, in realtà, indefiniti: la padrona di casa effettiva, l'ancella rivalutata ad arte e per necessità, l'espressione di affetti pre analitici, fatica, disordine, sporcizia sul campo, a cose fatte.
Nel frattempo, libagioni e svinazzate, poi, per assurdo, dessert e caffé.
Ma non basta ancora: liquorino.
Tutto passato fra  il palato e la lingua, ma poi finito in una poltiglia invereconda nello stomaco e, di transito, nelle budella intestinali.
Alticci e con il mal di testa ecco le blaterazioni alcooliche, sempre più ovvie e triviali, fra un'ostentazione di superati splendori e mascheramenti grottescamente penosi.
Fin dall'inizio, prima che il chiasso si armonizzi con la betoniera buccale e gli schiocchi, le richieste di avvicinare quella bottiglia o quel piatto da portata, il rumore è indistinto, crescente: ognuno vuole partecipare alla manifestazione, ma vuole anche prevalere sugli altri, imporre la sua tesi con l'immagine discendentene.
Il sorriso stereotipato, l'adesione al sentire presunto come prevalente, non altera l'intenzione maggioritaria, della quale candidarsi a leader successivamente.
In realtà, nessuno ascolta nessun altro, come sempre avviene, al di fuori  delle gerarchie ruffianesche.
Ma nell'indistinto, seppur privato, della piazzetta domestica, nulla vale, ma di questo alcun si accorge.
Mastica e si parla addosso sotto una cascata.
Gli incongrui e solipsistici oratori si coalizzano e si riconoscono verso i marginali delle feste, soprattutto quando costoro, chiamati in ballo o per incauto desiderio di entrarci, esprimono pensieri , non ostili, non alternativi, ma critici analiticamente, non del baccanale, ma degli pseudo pensieri in agone.
Questo è il loro errore più grosso.
Semplicemente non ci dovevano andare.
Ma la lagna uniformista  di femmine avvalorate di riflesso, anche nella finzione sopravvenuta, spesso ha la meglio, per pura pace dei sensi scossi dall'idiozia irriducibile, irrazionale, ma proprio per questo, pretenziosa, nel tentativo di sottrarsi alla accuse di difformità, se non loro, della loro famiglia o di un singolo membro.
La ritorsione competitiva, aspetta solo che, sull'altro versante, qualcuno dimostri l'insubordinazione d'interesse, un po' come la loro, cementata dai figli e dalla mancanza d'alternative, in una vantata virtù mal sopportata.
Ecco che le tasche, già piene, tracimano.
Qualcuno e poi ciascuno cominciano a rammentare a se stessi ed a tutta la loro coorte, un impegno , una scadenza, il desiderio di affrancarsi da quel rito esausto e manducato, come in una primitiva convenzione magica.
Come erano entrati, per gruppi, per famiglie, in coppia o da soli, i commensali scrocconi se na vanno, lasciando in loco le padrone di casa a gerarchia variabile, in un cumulo di macerie, di avanzi scomposti, come una città dopo un bombardamento.
I Vandali vanagloriosi se ne sono andati verso altre razzie, in attesa di ripetersi sul medesimo luogo del delitto.
Lo scoppiettio e poi il fragore della festa si sono spenti nell'alveo eccessivo del riscaldamento e nella tristezza del crepuscolo dell'abbandono.
Apparente.
La candidatura è accettata in cambio di un materiale favore.

sabato 18 novembre 2017

La custodia.

Totò Riina, il capo dei capi, il Negus Neghesti della mafia sta morendo in questi minuti.
Una vita conclusa, intrisa di dichiarati principi, che, come tutti i principi, sono valori della minchia.
Si sta spegnendo un tratto lungo e importante, anche se consegnato al sotto-traccia, della vita del Boss, guardiano degli equilibri statici in tutto il mondo.
A cosa sono serviti i sacrifici, le morti, l'impegno - quando c'è stato - di fronte all'uniformità della morte che cancella tutto e tutto rivela per inutile?
Il vecchio recluso è morto da trentasei ore e la retorica misteriologica ha ribadito i già noti luoghi comuni e ripercorso una carriera criminale, durante la quale ha avuto più a che fare con i competitori interni che con gli apparati dello Stato.
Quando qualcuno di questi ultimi gli si è opposto e non solo a lui, lo ha eliminato, non solo per sé.
La mafia è sempre stata il braccio armato del potere meridionale e di quello politico romano, almeno per la parte borbonica ivi rappresentata.
Con l'inserimento dei propri capitali nell'economia settentrionale ha portato a replica autoctona quanto già fatto dopo l'emigrazione in america.
In quella del nord, ricca e mercantile.
Se lo ha fatto anche in quella latina, non è dato accorgersene: è in perfetta simbiosi con quell'ecosistema.
Anche con quella Chiesa, oltre a quella territoriale che ha sempre portato i sacramenti ai latitanti, senza mai contribuire a farli localizzare.
Da quando Giovanni Paolo II li aggredì verbalmente e, soprattutto, Francesco I li ha scomunicati, la posizione ufficiale evita la pubblica commistione con un potere delegato, per troppo tempo seppellito in una buia galera.
Anche Riina aveva fatto il suo tempo e la sua irriducibilità in carcere è stata l'ultima assurda battaglia autoimmortalante: il suo excursus di vita non è stato banalizzato dal pentimento e dalla confessione.
Con questa gente è meglio non averci a che fare e invece lo Stato, specifici apparati istituzionali e para istituzionali, hanno e continuano ad avere un sistematica collaborazione con la mafia ed è in onore di questa atavica consonanza che il Capo non ha mai parlato, ma si è invece investito della conservazione del suo segreto. 
Gli oppositori, ingenui epigoni dell'immolazione celebrativa, sono stati eliminati attraverso i suoi buoni uffici, secondo la prassi consolidata degli esecutori ambiziosi.
La loro esecuzione è stata sempre preceduta dall'isolamento, proprio da parte di quegli ambienti da cui avrebbero dovuto essere supportati e tutelati.
Lo scambio di favori non ci fu, perché quello vero non aveva alcuna attinenza con quelli presunti.
Il potere non indulge alla sua autodistruzione, ma ha bisogno di figure simboliche su cui riversare tutta la sua retorica occultatrice e coloro che vi hanno contribuito in vita e in morte continuano ad essere iconizzati nelle vie e nelle piazze.
Mentre il capo minore del gioco combinato ne ha taciuto i fondamenti, noti, ma volutamente indimostrabili, perché continuino a perpetuarsi, laddove l'uno ha bisogno dell'altro e tutto si tiene.

domenica 12 novembre 2017

La spinta a sprovincializzarsi.

Il riposizionamento delle entità e strutture politiche, improntate alla retorica politica e morale, va lentamente configurandosi. Gestito con cura e preveggenza, porterà nel tempo i destinatari a scoprire dimensioni inesplorate perchè troppo assorti in equilibrismi adeguatori.
Le notizie scemano e rimangono confinate nel loro stagno, da quelle recenti del secessionismo repubblicano della  Catalogna, agli acquitrini nei quali si è mimetizzato, per poi certamente uscirne, Igor della bassa.
Ogni vicenda cronachistica resterà ibernata, dopo essere stata inizialmente spesa, fino a che, se e quando tornerà d'attualità.
Allora si sprecheranno le analisi diacroniche, accumulate ed accantonate nel frattempo.
Non si tratta solo di spendibilità informativa, ma, in particolare nell'era del digitale, di una studiata politica di accentuazione-rimozione, secondo il tattico schieramento riposizionabile o confermabile, a seconda degli stati inerziali o degli interessi agguantabili.
La retorica di principio è sistematicamente contraddetta dai fatti empirici, in lontananza ma anche in prossimità: i principi non contano, servono solo a interpretare e a sorvolare: solo i fatti sono incontrovertibili.
Le disamie psicologiche, sociologiche eccetera, sono utili ed interessanti, ma sono estranee ai fatti nudi e crudi.
Il diritto che li amministra, autonomo in dottrina, deve però applicare la legislazione parlamentare, schierarsi, senza dichiararlo, con le gerarchie di fatto, con gli obiettivi e gli interessi prevalenti coalizzati, espressi cioè dalle coalizioni traditrici delle aule legiferatrici.  Che poi tutto venga ricondotto nell'alveo del diritto dottrinario e procedurale dalle commissioni tecniche, che traducono in norme le espressioni legislative della confusa rappresentanza politica, riafferma solamente il pendant reciprocamente compensatorio e dipendente.
Ne conseguono le spartitorie remunerazioni ed i privilegi burocratici.
Le sinergiche spirali mantengono la loro credibilità assolutizzatrice sull'appeasement popolare che si adagia sul gioco da altri preordinato e garantito, secondo la dinastica discendenza immutabile dei posti assegnabili.
Le solidarietà identitarie riguardano tutti gli strati sociali, dai più vaghi, sensitivi e generalisti, pro quota, a quelli di fortificazione dei privilegi intangibili.
Infatti, per attaccarsi alla coda della cometa, bisogna intercettarla a latitudini lontane da quelle presso le quali si è nati e dove si sono acquisite le basi di un'affermazione altrimenti impedita.
Mettendosi al servizio, non dei raccomandati, ma di progetti industriali, in qualsiasi campo, sanità compresa, per i quali altri paesi chiedono competenze, qualcuno, da emigrante, riesce ad emergere faticosamente, a differenza di quelli che hanno sempre avuto la testa fuori dall'acqua.
Insomma, la lotta non riportabile si consuma senza gran cassa, in maniera isolata, debole, aggredibile e, soprattutto, tenuta ai margini di un confine insuperabile.
Meglio portarsene fuori.

sabato 11 novembre 2017

Le tenebre distruttive dell'anima.

La denuncia tardiva delle molestie e soprattutto delle violenze, nel mondo del cinema si susseguono come in una catena di Sant'Antonio.
Espresse in questi termini, sono una campagna para-politica condotta sulla falsariga puritana del capitalismo liberale, la cui ideologia si è sparsa per tutto il mondo occidentale, compreso il precipitato radicale dell'arrassement, che spopolò negli Stati Uniti quarant'anni fa.
E' un processo revisionista di fatti sotto traccia che oggi perpetuano l'iter rimodernato delle attrici e di pochissimi attori.
Nel mondo della celluloide e in quello digitale, da che mondo è mondo ci si è sempre prostituiti, senza distinzione di genere.
Vorrei che non solo le attrici, apparentemente tutt'altro che traumatizzate da questi ripetuti eventi, ma anche gli uomini facessero coming out e non solo a fini rivendicativi nel falso mondo degli omosessuali adulti, come in quello falsissimo della finzione cinemetografica.
Vorrei, soprattutto, che non fossero pochi ed isolati, prima derisi e poi omertosamente rimossi, gli ex bambini abusati e resi infelici per tutto il resto della loro vita.
Nulla da eccepire alla propaganda moralistica, ridicolmente puritana a latitudini non consone: ben venga un modello culturale di contrasto e di prevenzione di codesti atti ed atteggiamenti: ma non sarà così.
Il sesso è piacere, appagamento, ma può essere anche affermazione di una supremazia che, per non essere ridicola, si vale dell'annichilimento dell'oggetto predato e che dovrebbe comportare l'annichilimento penale del suo autore.
La condizione dell'innocente annichilito non cambierà per questo, ma la legge del contrappasso sarà stata applicata.
Ma, si sa, siamo un paese cattolico nel quale anche i chierichetti del Papa venivano sodomizzati dal suo entourage, come rivelano altri documenti segretati portati alle stampe dal giornalismo d'inchiesta.
Anche quest'ultimo - il giornalismo d'inchiesta -  un chiaro segno del puritanesimo protestante importato.
Siamo nell'ambito della cultura propagandistica e non solo nei termini finora espressi.
C'è anche quella populista, di destra, che intravede l'unica possibilità di stupro nell'immigrazione, mentre non parla mai di quella infantile, ad esempio.
Le categorie sotto-culturali si toccano ed hanno certamente una base di identificazione e di proselitismo imponente, che è ormai emersa, dopo lo sdoganamento del fascismo endemico e sotto traccia e la sua ribalta sociale riproposta.
Purtroppo è vero che in taluni ambiti defedati e sudici, sono gli unici a interpretare la parte del Comandante Lauro, dell'omonima flotta oggi inglobata nella Costa crociere: un pacco si pasta, una scarpa oggi e l'altra sub condicione
Come sempre le vittime vere sono un pretesto polemico, mentre l'atteggiarsi ad esse, una conferma di status, dietro denuncia delle condizioni per acquisirlo, che non hanno provocato però, né rinuncia, né imbarazzo.
La povera ragazza polacca stuprata a Rimini, che aveva perdonato, nell'immediatezza, i suoi aguzzini, ha reso pubblico quanto scontato: lo scempio è stato mentale e rimarrà a segnare tutta la sua vita.
Le conseguenze, che qualcuno vorrà ridurre a sintomi, sono quelle di chi ha subito un'aggressione più letale della morte, perchè non abbandonerà più la sua vittima ricercata, nella piena consapevolezza dello scopo: vive autorelegata in casa, è in preda alla vergogna, assurda quanto speculare alla proiezione pubblica, soffre di paure paranoiche e teme la vicinanza dei suoi simili, anche di quelli innocui, ma estranei, irriconoscibili.
Teme che il suo stato sia causa di valutazione intrinseca nel suo ambiente, potenziale strumento di offesa nelle inevitabili competizioni della vita di relazione.
Un'esistenza rovinata, un'esistenza violentemente dolente.
Non voglio fare paragoni,
Il dolore normalmente è muto.
Di questo non c'è traccia nelle legittime, ma pubblicitarie denuncie.
Perché non parlano tutte attrici, compiacenti e quelle che rifiutarono una carriera così condizioanta e che furono escluse sul presupposto che l'immagine non prevede qualità?
Perchè sanno che sarebbero ignorate e derise un'altra volta.
Non per tutte/i loro, in un ambito infimgitorio, si è trattato e si tratterà di una novità: qualcuna se lo scrollerà dalle spalle con la stessa indifferenza con la quale ha praticato precocemente un sesso autoreferenziale e senza senso, ma per molte/i altre/i sarà uno stigma, un simbolo etologico, culturale e sociale e tale rimarrà, assurdo ma ineliminabile, nella loro psiche.   

sabato 4 novembre 2017

Divo Giulio.

Piccolo, grande Giulio, un anno fa, di questi tempi, giacevi in una culla, boccheggiante come un pesce sottratto alla sua amniosi, sulla quale era recata una data di nascita diversa, forse lascito di un precedente occupante.
Intorno a te si affastellavano i vaniloqui dei parenti e degli amici convenuti: in fondo, tutti se ne fragavano di te e celebravano, per l'ennesima volta, i loro offici logorroici, vacui e ripetitivi.
Anche tu, apparentemente, non te ne curavi, non mostravi disturbo per quel chiasso inconsulto.
Pare che non sia così, che la sensibilità precoscienziale sia presente, che incameri messaggi non decifrati secondo una chiave convenzionale che cercherà di influenzare anche la vita cosciente, che sarà contraddetta da quella profonda, nella quale sono sedimentate le semplici impronte pre civili, la cui inosservanza provocherà nevrosi, demando alla divinità salvifica, perenne contraddizione interiore, senso di insufficienza, sentore di falsità e di onanistica elaborazione, falsa ma continuamente riaffermantesi.
Dopo quasi un anno vissuto con un contagioso sorriso e una felicità manifesta, gli usi ineluttabili e incongrui alle esigenze vitali, tradotti nei termini economici, ti hanno esposto, fatto conoscere il contagio della socialità coatta, del nido da dove hai importato germi a ripetizione, li hai diffusi, vendicandotene, in famiglia.
Le vaccinazioni, di cui sono fautore, ma non nei termini istantanei nei quali sono somministrate, senza cura delle influenze sul sistema immunitario, a soli fini efficientistici scolastici, stanno facendo il resto e tu battezzi il tuo primo genetliaco col morbo inaspettato, che ti restituirà ai convenevoli più compreso di te stesso, ma probabilmente meno radioso.
E' scontato che i momenti di felicità, di sorriso e di gioia saranno ancora di gran lunga prevalenti, ma la cacciata dal paradiso è avvenuta: la pretesa di adeguare la natura in una convenzione, in usi consuetudinari acquisiti, scambiati per la natura delle cose, ti ha reso infermo e poco importa se, nell'ecosistema non modificato, saresti stato esposto all'inedia o alla sopraffazione, all'annullamento precoce.
Credi forse, credono i tuoi cari, che questa etologica condizione sia stata rimossa per sempre?
Rimossa, appunto.
Dimenticavo, tu non credi ancora nulla, eppure ti sovverrà inconsapevolmente di assumere tutti gli impulsi inconsciamente ricevuti, sovrastati dagli insegnamenti che qualcuno crederà di impartirti a prescindere dalla diversa e faticosa percezione evolutiva della realtà, nella quale alla primordiale ferinità, si sovrapporrà l'ingenua credenza, la mitezza che solleciterà l'istinto predatorio, che non mi sembra che sia nei tuoi geni e coltivato nel tuo ambiente.
Questa complessa dicotomia, tricotomia, quadricotomia, intersecherà il tuo cammino e richiederà semplificazioni utili o comode, tarate sulle possibilità, per vagheggiare una felicità studiata, un'aspirazione all'immortalità che i meno confusi altri animali non conoscono e non è detto, per questo, che siano sfavoriti rispetto a noi.
La febbre alta che ti accompagna, insieme a malanni vari, da quando sei uscito dal bozzolo felice della tua casa, delle già celebrate vacanze al mare e ai monti, dormendo sereno e a lungo, è già prevalsa, appena ti sei affacciato alla condivisione competitiva degli scarsi beni della terra, presentati nelle forme cangianti di un'infinitezza in realtà immutata, prodotti industrialmente per fornire l'illusione del possesso alla maggior parte degli uomini, mentre servono, nella loro reiterazione, a far ricchi solo chi li produce e, per mediazione, chi li vende. 
E' ancora presto, ma il senso del tuo futuro risiederà in obiettivi immaginifici, faticosi ed apportatori di convinti perseguimenti; poi passerà alla complicatisssima fase introduttiva ed attuativa nella quale spesso il gioco è truccato e lascia senza patria i nomadi creati dall'epica del globalismo, all'interno del quale i particolarismi si rapprendono per riflesso e grifagna esclusività.
Ho scorso un tratto troppo lungo del percorso; per adesso limitati al delirio della febbre alta, senza approfondirne i contenuti.    

venerdì 3 novembre 2017

L'illusione del traguardo.

Tutti in pensione a settantasette anni: la quiescenza di vecchiaia diventa l'unica possibilità di lasciare il lavoro, dopo esserne stati, per la maggior parte dei destinatari, svuotati e sfruttati.
Qualcuno potrà compiacersi in cuor suo di essere stato mantenuto fino al traguardo, per altre sarà stato pretesto per un bilanciamento al minimo sindacale dei doveri domestici con quelli lavorativi e viceversa, per sfuggire ai condizionamenti di entrambi.
Ma per la maggior parte non sarà così, men che meno per i dipendenti privati.
La pensione di vecchiaia sancirà l'interruzione di una prestazione non continuativa, intermittente e costantemente precaria, con contribuzione parametrata e prestazioni in vecchiaia insussistenti.
Questo si omette, ma è la realtà in divenire, per la quale la sostenibilità dei diritti in fieri non costituirà un problema, ma sancirà fino alla morte la diseguaglianza, formalmente negata, per i cittadini.
Vita precaria e pensione da fame, cure ridotte, assistenza privata. Per chi non se la potrà permettere, l'ultimo tratto sarà impervio.
Solamente breve, ma tormentato.
Addio risparmi, accantonamenti; ci saranno due precipitati: la disgregazione familiare e la liquidità, la precarietà sentimentale, e la strenua resistenza, inutile, priva di prospettive, ma almeno coesa, di chi ripiegherà le sue svelate, illusorie prospettive, in un bunker familistico.
Non è affatto detto che il fortino sia costituito dagli italiani del nord. E' più probabile che saranno le famiglie immigrate, strette in una tradizione che non consente evasioni e che modella i comportamenti e le gerarchie morali su di un asse premoderno, ma ordinato, anche sotto il maglio di un consorzio teocratico, ademocratico.
Più consono a resistere, continuando a galleggiare su di un barcone, al mondo al quale il caso non ha consentito loro di sfuggire.         
La proiezione si attesta sulla sostenibilità, teoricamente stimata, non illustrata ai cittadini perchè sarebbe disvelatrice di un'intenzione, negata a parole o rimossa dal già asfittico dibattito ed è una prospettiva generalista  depressiva e noncurante.
Per cui, le naturali aspettative legate alla giovinezza ed alla durata della vita, contraddette dall'evidenza, si spegneranno con il solo trascorrere del tempo, senza più fornire gratificazioni, modeste o illusorie, nel corso di una vita lavorativa improntata all'occasionalità.
Il cursus honorum previsto per le professioni si fa sempre più ambizioso, multispecialistico, in fase formativa e mirato all'utilità nel suo compimento accademico, a cui seguiranno master od esami di stato e specializzazioni secolari, talvolta, a differenza del passato, pagate
Quanti, secondo voi, potranno permettersele; quanti troveranno nelle risorse familiari, economiche e culturali, un approdo, un sostegno?
Quanti, trascinandosi verso la speranza di migliorare la loro condizione, attraverso uno sfinente corso universitario da lavoratori-studenti ( ce ne sono ancora ), troverà alla fine un posto, un ruolo congruo o, ben che gli vada, dovrà accontentarsi della serie B, quella dove, si sa, si continua a correre e a faticare, senza trarne, in nessun senso, soddisfazione, quindi impossibilitati ad estenderla al proprio nucleo familiare?   
Per cui, il prospetto, dogmaticamente fissato a sessantasette anni, con eccezioni, progetti donna, contraddittori con la prima richiesta di uniformità, ribattezzata uguaglianza e poi dichiarata, con voce impostata, da chi dovrebbe consentirla, a livello politico, proprio perchè consapevole che, potendosi approcciare solo al livello più basso e omologatore ( come tutte le uguaglianze ), ci si potrà valere anche di questa mistificazione, per articolarne le strategie pauperistiche.
Coraggio, ci vorranno sessantasette anni d'età, calcolati sulle statistiche di sopravvivenza, adeguabili nel tempo, riducibili, nel frattempo, in termini di prestazioni.
E' secondo questa nuova intepretazione che la nostra Italia continuerà a fondarsi sul lavoro..pigro, consistente nel prendere per i fondelli una massa mal pasticciata, chiamata popolo.
La loro, mutatis mutandis, continuerà a non tenerne conto. 

Molesti e moleste. La distrazione accusatoria che rimane sterile riguardo ad un costume diffuso e infame.

La litania delle denunce postume dei tentativi molesti, degli approcci maneschi e delle vere e proprie violenze in serie da parte di artefici delle carriere o meno delle attrici e, in qualche caso denunciato, degli attori, si inanella come una catena di Sant'Antonio.
Ciascuna sembra rilanciare la prossima rivelazione alla collega.
Niente di inaspettato: sul fenomeno sistematico esistono testi letterari e anche dei film, messi in cantiere ( su cui hanno investito a fini di lucro ) dagli stessi protagonisti di potere e di influenza sul pubblico e sulle marionette mosse da un regista.
Si, perchè gli attori, anche i più quotati, sono eterodiretti dai registi, condizionati dagli sceneggiatori,
anche quelli che sono accreditati dalle loro qualità e dalla loro carriera.
Questo avviene soprattutto nel mondo cinematografico, nel quale spesso la tecnica recitativa è secondaria se non del tutto assente. I maggiori interpreti, in particolare maschili, hanno fatto della staticità la chiave di volta della costruzione della loro icona.
Non tutti e non in ogni circostanza filmica, ma le scansioni temporali sono caratterizzate da un fermo immagine preparatorio e di collegamento.
Questi interpreti, di ambo i sessi, ma con probabile accentuazione per le aspiranti attrici e per quelle che non hanno uno specifico pubblico di richiamo su cui basare retribuzioni e lunghezza della carriera, vanno soggette alle spintarelle del produttore, del regista e di taluni attori.
Non c'è, a quanto pare, tutela familiare, né registica, né recitativa.
I figli e le figlie dei cineasti, mentre hanno, anche senza doti, una linea successoria garantita, non sono perciò stesso esenti dal costume diffuso ( anche al di fuori dell'ambiente artistico-mercantile ).
Chi detiene il denaro ha in mano il loro destino e approfitta senza remore della situazione.
Forse i genitori hanno fatto o subito lo stesso trattamento.
Alludo alle madri, ritenendo che il fenome all inclusive sia a loro riservato in percentuale quasi esclusiva.
Anche la cronaca relativa all'ambiente teatrale ha conosciuto un'accusa  da parte di una giovanissima figlia di  un attore e regista rinomato, rivolta ad un attore anziano, che approfittava - si affermava - delle situazioni di vicinanza per baciarla  in maniera laida e anticipatrice proprio durante la recitazione e le sue prove, sul palcoscenico.
Ad ulteriore dimostrazione che la parentela serve solo per accedere al mestiere del o dei genitori.
Chissa a quante senza Penati.
Libido speculativa a tutto campo. 
Ma potrei sbagliarmi circa i numeri maschili interessati dalla violenza dell'irrispettosità; le ultime grida, quelle che da tempo sono venute alla luce, parlano di apprezzamenti e atti consimili anche verso i maschi.
Le vecchie categorie paiono superate, anzi, se tanto mi dà tanto, erano così da sempre.
Ovviamente, quanto descritto, talvolta con dovizia di particolari, non avviene, né è avvenuto, solo nel mondo della celluloide o della attuale digitalizzazione, ma, in quest'ambito, la sua spettacolarizzazione lo rende evidente.
Tutti l'hanno sempre previsto e le confessioni rientrano in un progetto ambientale ideologicamente produttivo per le campagne politiche ed ideologiche che anche un attore/trice ha interesse a recitare.
Con questo non voglio, neanche per un momento, svilire un'interpretazione di gesti criminali e situazioni pesantemente mortificatrici per chi le subisce.
A volte però, in ogni ambiente, vengono accettate,  e  prolungate nel tempo per un ritorno personale che altrimenti non si avrebbe, anche, come si diceva nei molti casi in cui latita la qualità e si improvvisa per un'aspirazione vanitosa, sia in termini di immagine, sia in quelli della vita opulenta, della sua ostentazione e del red carpet dell'ambiente ammirato che si vuole impersonare.
A volte si tratta di semplici privilegi nel contesto lavorativo.
E' la meritocrazia richiesta.
Vorrei sapere - altre se lo sono chieste prima di me - quale donna non abbia nel suo bagaglio delle molestie, quante delle violenze che si proiettano statisticamente in percentuali molto alte, anche nell'ambito familiare, con mariti, spesso e in particolare di questi tempi, anche assassini.
Non si conoscono, sono rimosse le percentuali maschili, mentre si specula politicamente sul gender transgender ed, in particolare, a quanto ammontano i bambini/e traumatizzati per sempre dagli abusi infantili?
L'area grigia, ambientale è rimossa anche nel crogiolo sociale, anche micro e visibilissimo, che se ne disinteressa pure quando ne è a conoscenza o si pone preferenzialmente a fianco di chi è amicalmente prossimo od utile, sedimenta questo naturale consumo.
Le denuncie non sono ritenute sempre sincere, soprattutto in quel mondo artistico che la Chiesa cattolica stigmatizzava, per il suo esempio alternativo alla sua predicazione, consistente nel fai quello che dico e non quello che faccio.
Agli attori veniva negata l'inumazione in  terra consacrata, come ai suicidi, altri esempi nefasti, ma soprattutto difformi da una dottrina orizzontale, popolare.
Quanto avveniva a latere era spostato nella categoria emendabile del peccato, nel quale vittime passive e killer psichiatrici venivano omologati.
La campagna in atto  e mi riferisco solamente a quella politica, vorrebbe spostare i termini dell' aggressione al sistema neuronale sul piano del riconoscimento punitivo dichiarato e del rigetto, non sincero, di un costume improprio e per ciò anomalo, foriero di conseguenze che segnano le personalità o le deformano, come accade per i bambini, mentre vellica in realtà il consenso elettorale su comportamenti delinquenziali.
Quando sono opera di giovani di famiglie carenti nell'educazione e nella moralità tramessa, come nel gravissimo caso di Rimini, il facciamo coalizione è, in ambiente borghese, un riflesso condizionato, mentre quando a porre in opera su inferiori  gli stessi stti,  è uno o più fra loro, il giudizio e il sentimento interiore sono più complici, più sfumati e giustificatori: costoro hanno un avvenire ed è proprio la consapevolezza ambientale e una vergogna inversa, a inibire la denuncia.
Quindi, chiunque detenga un potere ( nel caso dei bulli da quattro soldi, anche solo fisico, intimidatorio ) lo esercita in ogni aspetto e trae piacere e perversa gratificazione dai suoi impuniti gesti delinquenziali.
Per le ambiguità descritte, da queste situazioni, nei termini della loro quasi totale impunità,  non si uscirebbe mai e la loro reiterazione continuerebbe ad essere diffusissima. L'unica terapia di contrasto sarebbe di  attenersi ai fatti nudi e crudi. Invece, anche giudizialmente, dove si dovrebbe consumare la contro afflizione e il risarcimento ai colpiti, in questi casi quasi mai prende corpo e non si traforma in una relegazione molto lunga.
Talvolta e molto spesso per le categorie di stupratori superiori, non avviene per nulla e viene confermata per gli abusati/e.

mercoledì 1 novembre 2017

Una partita a scacchi fra due schiappe, una castigliana ed una catalana.

La Catalogna ha avviato un percorso di indipendenza e di sepratismo dalla Spagna castigliana e, dopo la repressione dittatoriale di Francisco Franco e l'imposizione "ante mortem" della corona unificatrice, ha proclamato la Repubblica.
La reazione della Spagna monarchica è stata costituzionalmente antidemocratica.
L'art. 155, infatti, è un residuato giuridico del franchismo e tiene sotto un potenziale tallone le secolari rivendicazioni autonomiste di almeno due delle altre nazionalità ispaniche: quella catalana appunto e quella basca.
Anche l'Andalusia conosce un più modesto indipendentismo turistico.
Il fatto è che, lungi dal proporre una federazione fra Stati spagnoli autonomi, i catalani hanno deciso di costituirsi in Repubblica e di praticare uno strappo pacifico, progressivo, con il governo centrale, misconosciuto e rigettato.
La Spagna ufficiale, quella a cui fa riferimento l'Unione europea, ha reagito nella maniera più violenta che la legalità le consentisse.
Dopo i pestaggi degli attivisti ai seggi da parte della famigerata Guardia civil - i carabinieri del fascismo, mai disciolti - è seguito il commissariamento di una nazione che ha scelto di costituirsi in postestà statale autonoma.
Sia pur spalleggiata da entità sovranazionali, la Spagna ha praticato un colpo di Stato, deponendo il presidente catalano e sostituendo le figure di vertice e vicarie, con gli omologhi madrileni, che comunque, lungi dall'esercitare il potere accentrato pur loro già spettante, faranno da commissari, non del popolo, ma del governo sconfessato.
La frattura è ormai definitiva. 
La Scozia e una repubblica dell'Ossezia, affrancatasi dalla Georgia, per fare da cuscinetto alla Russia contro la N.A.T.O., hanno già riconosciuto la Catalogna indipendente; la risoluzione autonoma di una nazionalità parlamentarizzata del Regno unito, la dice lunga sull'aere indipendenstista che ha ripreso a soffiare dopo la finanziarizzazione del mondo occidentale e dei suoi ammennicoli.
Puidgemont e la Catalogna saranno il Don Chisciotte di Cervantes e si sfiancheranno inutilmente contro i mulini a vento, saranno traditi subito prima di essere sconfitti o, dopo la loro carcerazione sventata, assumeranno il ruolo simbolico di una lotta finalmente portata alle sue estreme conseguenze? 
Lo stare insieme, pur non riconoscendosi, non è più subito, ad onta dei conti traballanti e dell'impoverimento regionalistico.
Le culture hanno riacquistato la loro valenza identitaria e fanno aggio sulla crisi, sulla prudenza, sulla solidarietà fra entità diverse.
D'altra parte Madrid risponde con il pugno di ferro, riesumando l'atteggiamento franchista, dittatoriale, che non è stato superato da una democrazia nata per delega successoria, che conserva, insieme all'elemento autoritario centralizzato, le storie particolari delle sue nazioni, senza che nessuno proponga la costituzione di uno Stato federale.
L'ipotetica, comunque, futura federazione d'europa, troverà al suo interno, tante nazionalità specifiche e non sarà più considerata frutto di una coesione ipocritamente data per scontata, con i potentati sovrastatali a dirigerla, ma una congerie di comunità concorrenti all'opera e rivendicatrici del loro contributo, partendo dal riconoscimento della loro costituenda natura statuale.
Il puzzle riguarderà nazioni ricche e meno ricche, autonome sul piano economico e poi politico o autonome solo politicamente, ma senza un soldo.  
Il separatismo catalano è stato trattato dalla stampa italiana ed europea nelle brevi di cronaca, quello inglese, con grande risalto, in linea continuativa implicitamente riconosciuta con una particolarità che la Germania non riusci a soffocare e ad annettere e che il separatismo di tutto il regno avrebbe poi confermato.
La ragione risiede nell'alterità e residua importanza della Gran Bretagna nello scacchiere internazionale, tutt'altro che europeo se non in termini di controllo e di antenna d'oltre Atlantico.
Il fortino continentale è invece legato a squallide convenienze, a cui ci si è sottomessi senza abbozzare una parvenza di lotta per far valere le proprie ragioni ed esigenze e, all'interno di esso, non si possono, né si vogliono tollerare particolarità e rivendicazioni; per questo la Spagna pig gode - si fa per dire - della distaccata solidarietà dei suoi padroni e degli altri occupanti il porcile.
L'interesse "extraculturale" certamente sottostante ad un'aspirazione storica dei catalani, è intrinseco alla costituzione di un nuovo Stato che si erga a loro difesa e rappresentanza, ma anche i subordinati maneggi della Spagna unionista non ne sono privi, sia pur svenduti alla potenza egemone di un connubio difensivo.

In Italia, la Lega è diventata federalista e non più secessionista.
Questa prospettiva era già contenuta in nuce nel primo movimento secessionista bossiano, che l'ha lasciata marcire con la frequentazione del governo prima e con le ruberie domestiche dopo.
La differenza sta nelle motivazioni storiche e in un'identità che non sia solo economica.
Anche l'Italia è stata una monarchia, a simbolica difesa dell'unità formale di un paese inventato, senza caratteristiche comuni fra le aree territoriali; neanche linguistiche.
Un'accozzaglia di identità e di gerarchie sociali alleatesi e produttrici di un mai risolto inquinamento sottoculturale, nella quale sono convissute e convivono ogni sorta di politica complicità, compresa quella con i poteri criminali delegati delle zone borboniche.
I paladini delle istituzioni traditrici o inesistenti, ne traggono un iniziale successo personale, ma poi vengono sacrificati, esaurita la parata immaginifica di equilibri mistificatori.
L'emigrazione in massa e, di generazione in generazione, dal sud al nord, ha fatto il resto.
Tornando allo specifico frazionario ispanico, le mosse sulla scacchiera, che, a mio avviso, vedono in vantaggio Puigdemont, sono reciprocamente maldestre: quelle spagnole non conoscono strategia né tattica; quelle catalane sono più fluide, strategicamente lunghe e provocatorie verso un atteggiamento istintivo che porterà ai castigliani solo guai.
La separazione fra la Catalogna e la Spagna si è ormai consumata, sia per l'esito della consultazione popolare ( legale o illegale che fosse ), sia per la reazione violenta e dittatoriale di Madrid che, oltre ai manganelli, ha utilizzato un articolo bizzarro della costituzione che vieta, riconoscendolo implicitamente, il secessionaismo, che non è solo catalano.
Infatti, per le stesse ragioni, si ebbe l'appartato, solo filo ispanico, regime fascista di Francisco Franco, appoggiato dalla chiesa cattolica di quel tempo, nello schiacciare i regionalismi repubblicani che volevano diventare Stati autonomi.
La base catalana e basca era marxista: oggi di quella base culturale non resta nulla. Si è adeguata ai nazionalismi europei costretti nella gabbia dell'Unione, mentre il globalismo finanziario sfascia tutto. Anche la monarchia post franchista, fu ripristinata all'uopo, per evitare il repubblicanesimo autonomista ( allora marcatamente di sinistra e, come nel caso dei Baschi, comunista ). Ma la storia delle culture e dei popoli ( così come degli interessi sottesi ) si può schiacciare, ma non rimuovere.
Le mosse di Rajoy e del governo centrale - solo in senso sccapparratorio, non identificativo - l'applicazione di una contraddizione in termini costituzionale in una democrazia, ha il sentore stantio del fascismo..generalisticamente e gerarchicamente unitario , mentre in molti altri Paesi si manifesta quello particulare.
Puigdemont non è andato in esilio, in senso  tecnico, ma, di fatto, difeso e rappresentato da un ottimo giurista internazionale, costituirà il governo all'estero della Catalogna, come avvenne con i fuoriusciti italiani durante il fascismo nostrano. 
Non c'è, non conta l'ingenuo entusiasmo del popolo che si sente sentimentalmente protagonista lungo le ramblas: i termini politici sono sulla scacchiera, mossi da due schiappe, in una contesa mediocre che, di questi tempi, potrebbe ugualmente avere successo.
A favore della maggior autonomia e, di fatto, sovranità non riconosciuta, dei barbari discendenti di Teodorico.