venerdì 8 dicembre 2017

Le declinazioni dell'uso.

Declinare il lavoro è diventato ozioso.
In senso proprio, stante la frenesia senza scopo personale dei galoppini che inseguono un sempre più faticoso e misero stipendio.
E' chiaro: i giovani, disoccupati e sottoccupati, sposano l'ideologia dominante, per bisogno reddituale e mancanza d'alternative.
Almeno quelli che non sono in grado di emigrare, che si accontentano della tutela familiare, da cui ricavano anche una sorta di demando reddituale di sussitenza.
Lo sfruttamento è alla base della concorrenza ed il 50% per cento della forza lavoro è impiegata con contratti a termine.
Tutti gli aborti legislativi che hanno accompagnato la controriforma, si sono accodati al neo sistema classista, nel quale le competenze acquisite restano succedanee del clientelismo familiare e possono trovare mercato solo all'estero.
Il classismo italiano riassume il suo storico carattere di consequenzialità con il privilegio dinastico, mentre gli schiavi efficientisti si sfigurano e si spolmonano dietro risultati sempre inferiori, studiatamente inferiori, al loro sforzo.
La fine del comunismo ha provocato il superamento delle attività produttive, all'interno delle quali gli operai avevano acquisito un peso politico altrimenti utopistico e, soprattutto, ha introdotto un mero calcolo di valori presunti, finanziariamente stimati.
Ora, in tutti gli ambiti, la classe lavoratrice non c'è più e lo sfruttamento è libero, eppur di nuovo ricercato, per farsi speranzosamente prendere per il naso.
Durante la contrapposizione fra due sistemi, di cui uno spregiudicato e dinamico e l'altro statico e  culturalmente alimentato, le attività produttive, le fabbriche, erano il recinto controllato per la realizzazione di guadagni, la base controllata dal sindacato marxista, oppure, ad est, lo stato uniformante di un modello chiuso ed autoassorbente.
Fra i due mondi, così analizzati, correvano solo più o meno suggestive autocelebrazioni.
Un metodo che, ora, esercitato solo ad una via, irreggimenta i suoi artefici, li gratifica con galloni di ottone, con i quali in coro si celebrano i riti ragionieristici.
Il ritorno annunciato ai confini interni dell'Impero statunitense, potrebbe provocare degli effetti interessanti e non soltanto negativi, come preconizzato ufficialmente dagli stati europei unitari.
Dal disordine al ritorno sui propri passi, con un processo che potrebbe durare altri venti o più anni: tanti quanti ci ha messo il neo sermone a crearsi le proprie volatili basi.
L'attuale non è la prima generazione di senza lavoro, già dagli anni '80, lo yuppismo fece da staffetta alla demolizione dei preesistenti equilibri e comportò una  rattrappimento dell'energia lavorativa che non riusci ad esplicarsi.
Siamo dunque al perfezionamento parziale di un contro progetto liberatorio dei comunque salvaguardati interessi esclusivi ed ereditari, mentre sono gli immigrati a prendere il testimone , culturalmente alieno, delle vecchie clsasi deproletarizzatesi.
Saranno i loro discendenti..italiani a mettersi sul groppone la merce da portare ai mercati capitalistici ed ai mercatini dei nostri provinciali speculatori.
La loro alterità sarà a metà materiale, come già per gli italiani poveri, ma avrà anche un'altra connotazione  spirituale ed educativa che la  caratterizzerà.
Sarà comunque un ghetto, una categoria arrabbiata e rancorosa, ma perdente, secondo uno schema conservativo che contempla l'assimilazione ipocrita e fin dove fa comodo, la messa in soggezione di chi dovrà aderirvi, facendo loro sentire come anomalia e peccato, infine reato, ogni interiore esigenza di rivalsa e, ottenuto tutto questo, provvederà con il braccio armato della legge e le sentenze dei suoi pigri, comodamante o esteticamente, funzionari: l'ultima ricca e saccente categoria di statali.
Il Santo Sinedrio del diritto.
In fondo l'ozio si fonda sul lavoro, purché non sia il proprio.
E' logica elementare.

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