giovedì 14 settembre 2017

Cronache di fine estate.

In estate, il clima luminoso e la lunghezza delle giornate, coniugati con la lunga permanenza all'aria aperta, le cronache scarne, o affrancate dalla politica e dall'economia, si affollano di stupri.
La savana interiore si rianima e dà luogo a quella violenza, individuale e di gruppo insita negli ormoni e riflessi condizionati di giovani errabondi.
Il clima festivo induce all'accantonamento: nel senso comune, sono fatti scontati.
Ci sono sempre stati, avverranno sempre.
Si fondano tutti su di un abuso, su di un esercizio di potere, maschile sul femminile, attivo sul passivo.
Da parte femminile, oltre all'invidia, la rivalsa ideologica, la reazione isterica e nevrotica, l'artefazione e il sadismo dominatore sulle personalità maschili più deboli, incolpevoli.
Tutto si ricompone nei termini biologico-culturali fra protagonisti alla pari, socialmente, ambientalmente o secondo gerarchie opportunistiche.
Assolutori o colpevolizzanti secondo appartenenza, anche quella simbolica, presunta.
I fatti restano, nella loro nudità, oggettivi.
Soggettive, invece, le motivazioni.
Nei termini del giudizio sommario, le sanzioni divengono, nella discussione occasionale, implacabili verso i diversi da noi, assolutamente giustificatorie nei confronti dei nostri, in rapporto ai quali la responsabilità viene sempre attribuita alle vittime, indegne a priori.
Questo isolamento, chiaramente avvertito ed implicito nell'atto violento che hanno subito, le induce quasi sempre al silenzio, alla macerazione interiore ed al senso di oggettivata sanzione morale.
La loro, non quella dei loro accettati aguzzini, forti, per questo, di sicurezza, sarcasmo e dileggio.
Esiste certamente una suggestione abusiva e di gruppo - per darsi conferma e coraggio - da parte di emarginati sociali, anche giovanissimi, sotto l'impulso scomposto degli ormoni vorticanti per il corpo.
L'aspirazione occlusiva alla preminenza nasce molto prima. Da subito.
Come tutto quanto è frutto di opinione e norma legale conseguente, non è pensato orizzontalmente per ogni persona di entrambi i sessi, bensì è aproristica sanzione per uno pseudo principio a cui officiare.

Una semplificazione pericolosa e inutile.
Vengano le punizioni, siano severe, ma non saranno codeste a inibire un costume, frutto di un impulso, vigente da sempre e che continuerà a vigere,
Le presunzioni ideologiche e normative non saranno deterrenti, ma solo pubbliche manifestazioni di vellicazione degli istinti tanto inquisitori e sanzionatori, quanto goduti internamente.
Esistono sempre due dimensioni: quella punitiva e quella interpretativa, intendendo, con quest'ultima, l'attitudine a comprendere - non a giustificare - le cause, l'iter interiore di fatti ripetitivi e ripetitivamente invalidanti, spiritualmente omicidi.
Cogliernene la volontà annichilente, il disprezzo simbolico, la sociopatia, sia che si eserciti da parte di barbari plebei, sia che sia l'attestato di una supremazia del denaro, dell'ambiente di riferimento, dell'essere di più verso chi è di meno.
Questa presunzione si trasferirà, pari pari, nella psiche dei protagonisti e delle loro vittime.
Esiste anche un'arte perversa e autorisarcitoria di incentivazione al coito per farsene strumento di ritorsione verso un'icona di uomo percepito come profittatore, mentre nei commenti di maniera, se da  un lato non si attribuiscono ai due carabinieri gli stessi epiteti rivolto agli estracomunitari di Rimini, dall'altro se ne annunciano le sanzioni per motivi d'onore, per la divisa e altre  ipocrisie.
Lo sanno le prostitute che devono prestar loro servigi gratuiti, calmi e ripetuti, ad esempio e lo sanno anche le gerarchie militari e ministeriali che non possono far altro che affondare definitivamente gli improvvidi che si sono fatti beccare, che hanno scelto male le loro vittime, che hanno presunto troppo dalle loro divise, come spesso accade a chi ha un ruolo apicale istituzionale o auto attribuitosi.
Basta che non si sappia, che la parte soggiacente non abbia  o non ritenga di avere possibilità di rivalersi legalmente quando subisce degli affronti.
Dopo di che non si dà luogo a procedere, le prede diventano mignotte, il cerchio pseudo protettivo si chiude sull'omertà. 
In queste cronache di fine estate si consumano le ultime accelerazioni sessualmente violente, prima che i venti freddi smorzino i bollenti spiriti, eccitati anche dalla leggerezza delle vesti, in attesa della prossima stagione calda.
Nelle Puglie salentine, casomai ad intervalle biennali, l'estate si conclude con qualche omicidio e l'utilizzo dei pozzi per occultare i cadaveri.
In ciascuna di queste circostanze, entrano pesantemente in gioco le famiglie, le contese, le sceneggiate, le false accuse , l'immolazione succube di figure estranee, la partecipazione alla fase occultatoria della vittima, l'accusa di averla dovuta uccidere perchè, a sua volta, fomentava, come prova d'amore, la soppressione della famiglia rivale, per assorbire l'amato bene nella propria.
Da questo sarebbe derivata la tutela della propria Gens, con l'eliminazione della mortifera seduttrice.
Alle diatribe fra i genitori, versione georgica dei Montecchi e dei Capuleti, subentra l'iraconda follia della sconfitta, della perdita, anche quando avviene a cura delle istituzioni preposte, la fine per la rivelazione e per il venir meno dell'impunità.
Nessun senso morale effettivo, evoluto, solo la ferocia affiancatrice anche dei paggiori delitti, la partecipazione  ( reciproca? ) ad una lotta per l'affermazione e la sottomissione altrui, la vocazione femminile a raggiungere lo scopo per interposta persona, la propria, per iluderlo di poterla fare propria, ma con tutta la sua trionfante famiglia al seguito.
L'inconsulta, ingenua prevaricazione elementare del maschio alfa ed omega, caput et finis.
La barbarie archetipica va in letargo.
Al risveglio, alla prossima estate!  

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