domenica 3 settembre 2017

Quando l'Italia sceglie, è perduta.

Il botta e risposta nella guerra dei furgoni e dei coltelli, nella quale gli aggressori vengono, subito dopo, uccisi da uomini in armi, ha trasformato l'azione di polizia in una guerra aperta e reciproca.
Il continente europeo è diventato simile al set di un film gangsteristico americano.
L'esecuzione dei terorristi è certamente un ordine impartito ai militi dalle autorità superiori, ma non ha nessun significato deterrente: è una replica dello stesso tenore.
La Spagna non schiera truppe oltre i confini, come ad esempio l'Italia, ma ha una frontiera in territorio marocchino, a Ceuta, sulla quale respinge, quando ci riesce, i migranti africani in fuga.
In quest'ambito, stante anche le accuse di esecuzioni sommarie, va ricercato il motivo dell'attacco ai turisti, quindi a tutti i potenziali avversari, coalizzati con i loro pregiudizi a potenze e Stati nemici, di cui sono cittadini, sulle ramblas ed adesso che il ministo Minniti scaccia i barconi e condiziona con le armi le ONG, è probabile che, oltre alle minacce e al boicottaggio del leader della Cirenaica, si aggiungano le ritorsioni delle truppe salafite-fondamentaliste, che vedono prosciugarsi o ridursi una fonte del loro reddito.
Improvvisamente, da neutra, per la nostra compiacenza verso gli estremisti, la nostra situazione si fa pericolosa e non senza motivo sono state apprestate barriere nelle aree pedonalizzate delle città, per impedire rally decimatori.
La neutralità, pro domo propria, si scontra adesso coll'insostenibilità della presenza degli esuli, rifiutati dagli altri partners della unione europea, che così si vendicano della nostra veicolazione dei terroristi verso di loro.
Anche così qualcosa - non tutto - si tiene nell'Unione europea.
Non è la prima volta che l'Isis annuncia la presa di Roma, ma finora non ci ha provato.
Riusciranno le diplomazie sotterranee a sventare ancora una volta questo pericolo?
L'impressione è che, messi in atto, con superficiale improvvisazione, dei comportamenti impegnativi, il gioco si sia alterato e che qualche raid, casomai di avvertimento e richiesta di ricomposizione, possa avvenire anche da noi, dandoci la possibilità di aggiungerci al coro tragico degli innocenti a passeggio, sacrificati non solo nella veste di condoglianti.   
L'Italia che sceglie, tardi, senza programmazione e senza curarsi delle annunciate conseguenze, sconta l'ambizione di qualche ultimo arrivato, la fuga irresponsabile di chi si è defilato all'ultimo momento dalle assunzioni di responsabilità, che un ruolo ministeriale rivendicato, anzi preteso, presuporrebbero.
Ma non ci se ne cura, in Italia.
Per questo le prossime gimcane fra i passanti saranno commentate con altri luoghi comuni, come tutte le altre stragi, le cui cause, origini e scopi non sono mai emersi e le soluzioni offerte non convincono.
D'altra parte che cosa ci si può aspettare da un paese che, a tempo debito, riallaccia i rapporti con l'Egitto che ci ha preso sistematicamente in giro per la vicenda Regeni e che continuerà a farlo con la nostra collaborazione?
Che continui a fingere, senza prendere di petto i problemi.
Ma in Libia non c'più Gheddafi e il potere contraddittorio è diviso fra etnie e tribù e, mentre si tratta con tutti, è inevitabile scontentarne qualcuno e mettere i bastoni fra le ruote dei trafficanti finanziari di cui le persone sono soltanto la merce e che si sostengono reciprocamente, strumentalmente, perché questo continui ad avvenire, in un gioco di specchi rifrangenti ed occultanti le ragioni dgli assalti alle nostre vacanze..  

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