sabato 9 settembre 2017

La simil civiltà.

Il Consiglio d'europa ha sbertucciato l'Italia, già troppe volte richiamata, circa la primordialità delle sue carceri, sovraffollate ed in cui la violenza è ordinaria.
Per i detenuti, spesso anche per reati modesti, non è previsto lo spazio vitale che le norme pretendono; i secondini sono di frequente protagonisti di pestaggi e le percosse iniziano fin dall'inizio, al momento del fermo.
L'Italia ansima irritata: "ma guarda se tutti devono mettere il naso fra questa fetenzia, verso la quale nessun diritto deve essere invocato. Certo che li prendiamo a calci e bastonate, non siamo in un albergo e poi non danno retta".
D'altronde, noi secondini su chi potremmo rivalerci, verso chi potremmo esercitare un potere gratificante?
Effettivamente le aree sociali di depressione e di insignificanza, che cercano surrogati, sono tante e in questi ambiti si recluta la sbirraglia, quella che non è reclutata dalla malvita.
Se quest'ultima è assimilabile all'imprenditoria privata alla ricerca di una non solidale preminenza, anche in ambiti marginali, la seconda, marginalizzata a sua volta, ha scelto di esplicarsi all'ombra del potere che si serve di loro, li paga poco, ma li lusinga facendo loro ritenere di godere di impunità se rivolgono i loro abusi solo sui reietti.
Anche in questo caso è la Germania a dettare la linea: nelle sue carceri si gode della palestra e di altri ambiti sportivi, si può leggere, studiare e dedicarsi ad una crescita lavoratva metodica.
La rieducazione e poi l'inserimento non sembrano parole al vento, ipocrisie da prendere a calci.
In tutti gli altri, con l'eccezione ancor più evoluta dei paesi scandinavi, non è così. Osta anche l'invidia sociale che, spesso, ritiene privilegiata - figurarsi per questi aspetti - la condizione dei detenuti rispetto alla loro, che sono liberi ma completamente priv idi capacità e competenze, anche le più umili, per fare da sé.
Una politica di basso livello vellica questa istintività plebea rancorosa e teme di venirne penalizzata.
Invece i diritti sono diritti ed attengono ad uno stato di totale costrizione.
Se la vita quotidiana non è del tutto abbrutente, se i detenuti studiano o acquisiscono l'essenziale per svolgere un lavoro, la funzione concreta del luogo di segregazione acquista un'altra veste, un'altra dimensione.
Quella che dovrebbe essere normale.

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