venerdì 15 settembre 2017

L'apparente oggettività.

Che dire della dea bendata e dei suoi sacerdoti e vestali?
Si sa che i magistrati sono inamovobili, a meno che un loro organo di autogoverno, i probi viri della situazione, non ne sancisca l'incompatibilità ambientale.
Insomma bisogna stare al gioco.
Quale?
Quello delle Procure, in autonoma sinergia e potenziale contrasto con carabinieri, poliziotti, prefetti e entità localmente influenti, in un domino carrieristico intersecato?
Ma come? Se i magistrati oltre che inamovibili, fanno carriera solo per anzianità?
Si, la carriera di un travet qualunque, sia pure infinitamente più pagata.
Per altre funzioni e retribuzioni fuori mercato, servono colpi ad effetto, indagini mirate, risonanza mediatica, evidentemente adeguatamente ripagata.
Lungo il percorso, il cursus honorum, si collabora e si confligge con altri apparati e corpi dello Stato, con gli uomini e le donne dei quali ci si contende l'uso strumentale delle collaborazioni.
In sede di incrocio dei dati, si spara ad alzo zero sui collaboratori del giorno prima, che si rifanno, oltreché con le scontate frasi retoriche di maniera, con contro rivelazioni e messaggi in codice.
A buon intenditor, poche parole.
In ambito magistratuale ci si rifà esclusivamente al Foro interno, non nel senso di interiore, ma proprio di interno, autoassolutorio o autocolpevolizzante, della corporazione.
L'effetto è di un incrocio in progress di tutele da smantellare, di interessi da salvaguardare o distruggere, di menzogne formalizzate.
Il gioco delle parti rivendica la sua sacertà, la sua esclusività, nel cui ambito, ogni tipo di artefazione è possibile.
La stessa artefazione di ogni altra predicazione ex cathedra, riproposta di generazione in generazione a tutela degli status dominanti e, attraverso di essi, dei propri.
I nomi da partigiani degli alti gradi dei Carabinieri, il lavoro sotterraneo offerto alla formalizzazione giudiziaria, l'attacco con l'immediata chiusura a riccio, la replica che mette in luce riserve, sospetti e contrati in corso o in potenza, fra i potentati dello Stato, da ciascun di essi servito.
All'accusa segue la reazione rivelatrice: Medice, cura te ipsum!
Qua di medicine non c'è traccia, di intrugli sì, mentre i paludamenti metastorici e metasociologici vengono stracciati. Quando accade si cerca rifugio nell'alveo amico, fino a che lo si può considerare tale.
Le indagini calde, non è detto se importanti e, casomai, per chi, anziché svolgersi con ordinaria semplicità e libertà, vengono ordite in maniera cospiratoria, sospettosa.
I collaboratori di un tempo vengono giudicati e colpevolizzati se e quando si vuole giustificare un'inerzia.
Inerzia pigra, ma neutra, o soccorso a qualcuno messo in difficoltà dagli esiti, sempre riconsiderabili, delle indagini?
Oppure calendarizzato soccorso di figure riemergenti?
Si fa spesso uso, anche a fini privati, di carabinieri e poliziotti; si può condizionare, quando non determinare, l'agire di un giudice?
Perché farlo?
Sta di fatto che, mentre in determinate fasi dell'indagine fiorisce la letteratura di denuncia , in quelle successive, si coagulano ricomponimenti del puzzle impazzito, che forniscono alle vittime, prima rei, la facoltà di denunciare complotti.
Evidentemente i complici erano solo quelli a noi avversi.
Esiste la possibilità di comportamenti non inficiati da linee di condotta eteronome, fossero anche le proprie in sinergia con la dialettica tossica degli interessi rappresentati dalla politica?
Probabilmente no.
Il maccheggio potrebbe essere finalizzato a tenere sotto schiaffo protetti, protettori ed esegeti, attraverso una combinazione proteiforme della legge e della vulgata, dei principi e della prosaica indifferenza a tutto che non sia il proprio tornaconto.
Il gioco, l'obiettivo indicato sotto traccia è solo questo e la sua teatralizzazione ne scopre l'inattendibilità.
La burocrazia è sempre serva e, soprattutto, non ha principi.

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