lunedì 4 settembre 2017

Un viaggio culturale nel globalismo delle religioni.

Non avrei mai pensato che le religioni, il loro substrato o marcatore, parallelamente ed ora distintamente dal marcatore culturale, avessero una così ampia trasversalità nel mondo liquido e globalizzato.
Trasversalità identitaria, ma anche ibrida: conversioni, non imposte, dal protestantesimo all'Islam o dall'evangelismo al giudaismo.
Sapevo che esistono dei nuclei ebraici storici in Africa, ma non conoscevo che ce ne fossero circa duemila e cinquecento sul suolo di Israele. Risiedono da cittadini, ma sono culturalmente poco considerati e poco incentivati a trasferirvisi.
Se esista alla base di questo atteggiamento un riflesso razzistico, vietato dalla legge israeliana, non so dire, ma è storicamente accertato che gli ebrei, pur mantenendo un marcatore religioso ed identitario, che non viene rimosso neanche dai laici, sono molto dissimili fra di loro e mantengono radici linguistiche radicalmente diverse - ebraico a parte - fra le varie comunità.
E' quindi da presumere che la cautela nella piena accettazione religiosa e culturale degli ebrei africani derivi da un sincretismo non approfondito, figlio di costumi e culture non filtrate nei secoli dalla cultura giudaica in europa.
Oggi, la più forte comunità non sionista è radicata a New York.
Nelle terre sante e da lì e prima che da lì, si riverberano una serie di non teologiche trasmigrazioni etniche ed ambientali fra una religione e l'altra, fra diverse componenti delle chiese o sette protestanti, fra le religioni cristiane e l'islamismo e all'interno delle varie correnti dell'islamismo.
Negli Stati democratici che non temono l'interculturalità depotenziata, pubblicitaria e appunto liquida, questi fenomeni sono oggetto di studio accademico, ma sono ignorati dalle autorità politiche che non curano questo tipo di controllo sociale.
In termini esclusivi questo avviene negli Stati Uniti, mentre in europa, la limitatezza dei confini e la storia nazionalistica, rendono più occhiuta e monitorata la situazione, senza però contrastarla.
Il mondo intero è influenzato dalla perdita della sovranità nazionale sotto la spinta dei mercati, qualche nazione vi si è opposta con successo. Nel perimetro occidentale, fra scarti e ipocrisie, il modello nord americano è ancora una volta dominante e anche le economie e le società primitive si adeguano, prendono spunto dal modello nomade, anche se, molto spesso, non hanno la possibilità di muoversi dai propri perimetri territoriali.
Quindi anche le religioni navigano sul materiale liquido del commercio e le sue sedimentazioni logistiche sembrano essere la salvaguardia di identità, ma anche di lobby di interessi, autonome o mediatrici con quelle degli Stati e dei gruppi di interesse sparsi per il mondo.
L'adesione spontanea, individualistica o di gruppo - come la scelta di un bar di tendenza - interseca, non sconosciuta le zone più disomogenee del mondo, economicamente parlando, ma sempre meno superficialmente separate per via dell'influenza di internet.
Il piccolo territorio di Israele conserva, nella città storica, Gerusalemme, diversi crogioli etnici, culturali e religiosi che vivono in silenziosa autonomia gli uni verso gli altri, incrociandosi, senza considerarsi, spesso in abiti tradizionali, più o meno eleganti, lungo le strade antiche, pedibus calcantibus.
Gli unici ad essere stati estromessi dalle loro secolari terre sono i palestinesi, respinti nel sangue anche dai paesi arabi circonvicini, quando si trovarono, sotto il bastone e il ferro degli israeliani, nella condizione in cui si trovano ora i migranti nel mediterraneo.
Allora, la Giordania completò l'opera dei sionisti, massacrandoli alle sue frontiere.
La società israeliana è democratica. I fondamentalsiti religiosi, che sono pochi, naturalmente no.
Eppure vive, per psicologico retaggio, barricata, assediata, chiusa e, almeno ritualmente dolente, verso il rifiuto di una socialità naturale, senza peraltro mitigare o rinunciare alla loro particolare specificità.
Per questo, in queste more e su questo territorio, che solo mitologicamente ( marcatore culturale e religioso insieme ) è la terra di Sion, la terra promessa del loro nomadismo.
Concretamente era la terra dei palestinesi, una delle comunità arabe più scolarizzata, che ne sono stati estromessi e ghettizzati, tanto che la loro qualità culturale va sciupandosi o deve lottare contro i condizionamenti materiali, spesso ai limiti della sopravvivenza o, almeno, della sussistenza, come nella striscia di Gaza.
La sassoiola conseguente al divieto, per i giovani e gli uomini di mezza età, di pregare e praticare la spianata delle moschee, che sovrasta il muro del pianto, non si è trasformata in intifada.
E' stata, per ora, solo una replica velleitaria alla prepotenza israeliana, che si esercita su un territorio, loro solo per attribuzione post bellica delle potenze europee. Su quella scelta risarcitoria e discriminatoria, prese sostanza, ad opera delle lobby sioniste, l'edificazione artificiale dello Stato d'Israele.
Ebbene, in questa plaga, grande come la Lombardia, il senso multietnico e  multireligioso si è assiso e conferisce la sensazione di un interesse libresco, pergamenaceo, interessante, formativo, oppressivo e avulso, nelle sue pratiche visibili, quotidiane, dal dinamismo, dalla cinesi sociale.
Gli interessi delle razze e delle etnie, delle culture e delle economie, con tutti i loro substrati di stratificazioni sociali, che si fronteggiano e si cimentano di nuovo con l'uso, talora praticato, talora minacciato, della forza militare, ne sono estranei, all'esterno. Israele si sente perennemente minacciato, in discussione e questo stato d'animo è chiaramente avvertibile entro i suoi angusti confini, il suo ghetto nazionale, produttore di un altro ghetto, di un altro campo di concentramento indigeno.
Quando nacque lo Stato di Israele vi fu uno sforzo di omogeneizzazione, dovuto alla variabilissima provenienza dei migranti verso la loro terra promessa e, non potendo assimilare le diverse culture di cui si componeva la loro identità, si procedette ad un'omogeneizzazione religiosa che favorì l'ortodossia.
E' quanto avviene oggi nelle comunità islamiche in europa.
L'ortodossia israelita ridusse così il pluralismo culturale ebraico.
L'immigrazione in marcia verso Israele, ha distrutto la poliedricità degli ebraismi.
L'ebreo di Spagna, già ridotto ai minimi termini dalla santa inquisizione e l'ebreo arabo, a suo tempo sottomesso.
Eppure Isarele, almeno per gli ebrei e anche per chi la abita, non presenta una società omogenea.
La diversità, la pluralità è ascrivibile alla laicità dello Stato, per cui l'elemento culturale e quello religioso sono sconnessi.   
Si diceva che gli ebrei-arabi sono scomparsi, mentre i sefarditi, mentre vivono tranquillamente in Turchia e prima nell'impero ottomano ( a Istanbul fanno i grossisti, appena fuori dalla porta d'accesso al gran bazar ), in Israele si tutelano attraverso il recupero di autoctone forme di religiosità, rinvigorendo una dimensione culturale e sociale specifica.
Le fratture nella società israeliana sono ben visibili fra il religioso e il non religioso, fra i laici e i religiosi, ridotti ad una piccola parte dogmatica e fondamentalista ( hanno anche un piccolo partito che qualche volta è stato anche al governo con le destre, anche se in posizione politicamente ridimensionata ), fra i sionisti e i non sionisti, pur residenti nello Stato degli ebrei, fra ebrei della diaspora e cittadini israeliani.
Si può essere cittadini israeliani e non ebrei, da qualche anno è stato introdotto il reato di antisemitismo, dopo che taluni russi-ebrei immigrati non erano riusciti a contenere i loro figli teppisti, che sull'abbrivio di quanto facevano in Russia, razzista e antisemita, si misero a picchiare gli altri ebrei sul suolo di israele, non avendo per nulla il senso di apparteneza ed essendosi portati dietro il costume delle periferie russe, nelle quali la caccia all'ebreo e ad altre espressioni di minoranza, anche all'interno dei gruppi stessi, costringeva queste originalità a subire quella sorte per il divertimento autogiustificativo di codesti precoci oppressori. Nell'ignoranza persecutoria si contraddiceva un'identità che, evidentemente, non si possedeva.
Anni fa fu prodotto un bel film, su queste periferie dello spirito, protagonista del quale era un ebreo nazista. Non ne ricordo in questo momento il titolo.
D'altra parte la dicotomia, l'ambivalenza fra essere perseguitati e persecutori è una caratteristica acclarata storicamente e psicologicamente, di ogni ristretta, soprattutto mentalmente, comunità umana e Israele ne è un esempio territoriale.
L'erraticità, coniugata a un forte senso identitario, pur nella diversità degli apporti culturali, in particolare linguistici, sinergizza la cinesi fra i marcatori culturali e quelli religiosi del popolo eletto, fecondatori e fecondati dal transumare internazionale.
Eppure l'ebraismo antico, dal quale sono discese le altre due religioni monoteistiche, rappresenta la koiné di una nazione translitterale che ne conserva i caratteri pur nello sposalizio con tutte le dinamiche, soprattutto economiche, del mondo libero.
Gli ebrei della dispora hanno invece apportato un grande contributo culturale e scientifico in tutti i campi dell'arte e della scienza, disvelando le dogmaticità con lo strumento dell'agnosticismo.
Per cui, girando per la Terra promessa e santa dei discendenti di quella narrazione, si ha un sentore di museale, di stantio, di cristallizzato come i dogmi di quella trinità.
Nel senso di sé, del ghetto interiore, pur nella piena assimilazione appartata delle dinamiche della ricchezza salvifica, che la solidarietà soccorritrice e lobbystica comporta, sta l'irriducibilità ebraica alle lusinghe partecipative del mondo, quello medesimo che, in europa, li ha strumentalizzati e reclusi, esclusi e chiamati a soccorso finanziario, per cercare infine di distruggerli come etnia culturale e religiosa.
I figli che vogliono cancellare la memoria dei padri, nel nostro caso un neopaganesimo nibelungico.
Il Muro del pianto, iniziato nel 19 a.c., è ancor oggi frequentato, prevalentemente da ebrei religiosi e tradizionalisti, è l'icona del sentimento mesto di chi è respinto perchè, dopo generazioni di esclusione, non accetta di farsi integrare e di perdere un'identità tanto sofferta ed una koiné nomade.
Sion non è solo un mito, ma è troppo lontano nel tempo per essere agitabile e per chiudervisi, scacciandone gli altri, perché quasi cancellati in europa.
Gerusalemme fu capitale giudaica far il decimo e il sesto secolo avanti Cristo e si trova fra Ramallah, Gerico e Betlemme.
Il Giordano che alimenta il lago di Tiberiade, la fortezza di Mesada, rimandano ad un periodo confuso, fra storia e lavorio teologico-religioso, nel quale l'identità era già segnata da marcatori inconciliabili, pur nell'organicità rimossa della dottrina, con le sue gerarchie temporali, ma particolaristiche nei fini.
L'eresia di Gesù, sovvertitrice di quest'equilibrio-instabile, fu cancellata dalla volontà del Sinedrio e dalle real-politik dei Romani.
Verrà il papato e, con esso, le crociate. Nella chiesa del Santo sepolcro, costruita sul luogo della crociffissione  e della resurrezione, riposa, dal 1060, Goffredo Di Buglione, un feudatario, crociato belga in missione nella terra santa cristiana. Un'altra particolarità revanscista.
I musulmani, allontanati dalla Spianata delle moschee, che domina il Muro del pianto, in memoria della supremazia islamica, sono a loro volta irriducibili all'integrazione nel democratico Stato di Israele. Più che l'identità, che sarebbe religiosamente e culturalmente rispettata, rivogliono la loro terra e vogliono espellerne di nuovo gli ebrei.
Questi ultimi replicano, "ab origine", con il secondo tempio di Re Salomone, ricostruito sulle rovine del primo, distrutto da Nabucodonosor nel 586 a.c.
Sulle stesse macerie, questa volta sì, è fiorito il mito.
Non ci crede nessuno, neanche i rabbini, ma la dottrina dice che il terzo Tempio sarà edificato dal Messia, quando arriverà..per il popolo eletto, ma sofferente.
Nel frattempo il popolo ebraico continuerà nella sua appartata partecipazione agli eventi. Questa autoghettizzazione gli costerà ancora delle persecuzioni.
La Città vecchia è l'icona dell'antica Sion, la Terra promessa alla quale sono ritornati, senza trovarvi pace, ma senza più lo spirito della rassegnazione e della sottomissione, che invece gli islamici reclamano fin dalla denominazione della loro variante religiosa veterotestamentaria.
Tel Aviv è il laico a astorico ribaltamento della vetustà monumentale ed ideologica.
Edificata solo un secolo fa, popolata da cittadini provenienti da luoghi ed etnie tutte diverse, è la vecchia capitale e la città della movida, dei divertimenti e delle manifestazioni più irrituali rispetto alla gravità metastorica.
Peccato per l'asfissiante umidità.
La città dell'Es.
A Gerusalemme, quel che è restato, ancora immutato, dei popoli che costituirono e costituiscono un crogiolo riservatamente preservato, lungo i muri e fra i viottoli, recita, interpreta un metropolismo apparentemente cristallizzato.
Un incrocio di diversità filosofica e teologica nel suo scenario immutato.
Fuori dalle mura della Città vecchia, patrimonio dell'umanità,  il grande lago salato e quello di acqua dolce sopravvivono al deserto, gli arabi vivono emarginati e accatastati, vagheggiando, per ora senza speranze, la loro rivincita.
La prima sede della trinitaria religione monoteistica, non ha conosciuto e non conosce pace e non si fida delle mediazioni diplomatiche, né politiche, né cattoliche.
L'internazionalizzazione della Città santa sarebbe coordinata dalla Chiesa e le particolarità verrebbero diluite; gli edrei si dovrebbero ritirare nuovamente nel ghetto che adesso riservano agli arabi islamici che vorrebebro uccidere il padre, tornato dalle latebre dell'antichità, per dominarli.
Pace e condivisione non sono di questo, di quel mondo.
Il monoteismo giustifica le guerre.
Non si uccide in nome di Dio, è una semplificazione e una bugia.
Dio, nelle terre in cui è stato creato, non esiste e, per questo, deve essere evocato con la guerra, della quale i sempliciotti si fanno strumento per consumare, nella violenza, un attimo, l'unico e l'ultimo, della loro fede contraddetta, negata.  
L'unica soluzione sarebbe di demandare definitivamente alla storia ed all'esegesi gli scoordinati elementi di un'unico Libro, venerato e non analizzato da conflittuali prospettive.
Ma questo non avverrà.
  
  

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