lunedì 22 gennaio 2018

Echi.

C'è un'eco retorica in ogni storia incerta o perdentesi nella luce rifratta del tempo andato, come nelle sfumature della coscienza, quando i sensi si attenuano e il pensiero si fa retrospettivo.
Se, per un flash accecante, ci si fissa su un'istantanea, l'azione si arresta e la mancanza di ricordi si fa congettura con la quale si cerca di spiegarsi quello che è, che non ha bisogno di alcuna spiegazione.
Questo avviene quando e se alla coscienza sono già state sovrapposte semplificazioni interpretative aprioristiche, quelle che insieme all'influenza familiare, costituiscono l'ereditarietà del Super Io.
Fuor di metafora, la chiarezza è quanto di meno chiaro, descrittivamente, ci si possa aspettare, perché nasconde ed enfatizza una asserita realtà che invece non è mai esistita.
La vita è priva di spiegazioni, queste ultime si attagliano strumentalmente ad obiettivi neppur propri, inseriti in un'organizzazione imprigionante ed alienante.E' quello che costituisce una civiltà - da civis, cittadino - anche quando sintetizza in termini di potere le più bieche sopraffazioni,  mentre solamente il disagio che provocano, necessariamente, ne impedisce la convinta assimilazione e ne sancisce la falsità insidiosa giacente nelle sovrastrutture giustificative; meglio: assertive.
Per cui, ogni riesumazione del già avvertito ne scopre la materia e la sua artefazione e contorce l'analisi in una spirale di illuminazione e di rifiuto, che rimanda al guardiano corrotto del Super Io adattato ai propri propositi.

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