sabato 20 gennaio 2018

Le fonti inquinate e i rigagnoli sorgivi.

Le banche in generale e quelle italiane, per quanto ci riguarda, hanno sempre avuto la connotazione di ricettacolo clientelare, prima di incongrui protettori polici, poi economici ed oggi finanziari.
La Banca centrale europea accentra, come costuma in ogni regime autoritario, il nuovo Impero guglielmino e il nuovo feudalesimo vassallatico delle altre subordinate componenti. Il dominio ragionieristico si coniuga ed indirizza i flussi astratti e informatizzati  del denaro valutato in rapporto ad una sola divisa: l'euro-marco o viceversa.
Anche in questa circostanza, dunque, la valuta sintetizza la preminenza ed il riferimento stretto ad un'area politica, questa volta sovranazionale, più che a un sottostante valoriale economico.
Prima di questa, per altro tradizionale abdicazione, le banche italiane dominanti e strategiche erano tre: quelle di interesse nazionale, vale a dire la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano, radicate al nord e il Banco di Roma nella capitale.
Tutte e tre erano di proprietà dell'I.R.I. e per suo conto, gestivano la politica economica italiana con una forte influenza dei massoni al nord e dei preti, dei palazzinari e di tutto il sottobosco politico al centro-sud, fornendo anche il necessario collante ministeriale e governativo alle attività imprenditoriali dell'Italia ricca e produttiva.
Lo sgretolamento del sistema anticipò inavvertitamente quello della Prima Repubblica.  
I Banchi padronali, più settari che clientelari, erano relegati all'incremento dei patrimoni di una ristretta cerchia di proprietari, reddituari e discendenti dell'imprenditoria agricola e industriale di aree omogenee.
Si sono espansi quando, revocata l'autonomia ai banchi meridionali, tutti dissestati e creativamente amministrati, furono indotti, a prezzi da saldo, ad acquisirli, mantendendone almeno il carattere provinciale, neo-localistico.
Così facendo diventarono, per buona parte, delle banche nazionali, eppur monche di servizi decentrati che non fossero di mero collocamento, di reti estere, di una gestione finaziaria che non fosse, alla fine del valzer, autoreferenziale.
Alcune di queste, usate come forzieri personali dagli amministratori, sono fallite: altre sono ai vertici delle classifiche.
Bisogna considerare di quali campionati: Premier o a scendere.
Se infatti io, a casa mia, ho un'oculata amministrazione dei miei beni, risulterò, al rating, eccellente.
Bisognerà considerare che cosa muovo.
All'interno della grandi banche, o, se preferite, grosse, l'assegnazione dei ruoli direttivi avveniva, a rotazione, in base alle referenze economiche e politiche, a salvaguardia degli assetti consolidati,  a cura dei fiduciari dei partiti, soprattutto espressi dalle loro correnti di destra.
Facevano apparente eccezione i socialisti - oggi tutti a destra - i socialdemocratici, che ci sono sempre stati e i repubblicani, piccolo partito economico e massonico di nicchia.
I comunisti ne erano rigorosamente esclusi e, soprattutto nell'ambito dell'I.R.I., buona parte della loro sistematica agitazione sindacale - pur detenendo quote minoritarie di iscritti - aveva lo scopo dell'assalto al Palazzo d'Inverno: cercavano di inserirsi nei livelli direttivi.
Si sarebbero accontentati, almeno al principio, di quelli iniziali e mediani, ma sulla loro esclusività, di cui approfittarono a man bassa, i partiti vassalli pelosamente della N:A:T:O: e della Chiesa cattolica, fecero quadrato, per poi competere su  tutto il resto.
Qualche traccia di liberali - formazione da cui proviene l'attuale presidente dell'A.B.I.
Ma la parte militante e servilmente popolare della destra si era da tempo riportata su posizioni fasciste.
Il già segretario del P.L.I. Bignardi, che era bolognese, come il senatore Veronesi. furono entrambi spazzati via da due esponenti missini, poco più di vent'anni dopo la fine della guerra.
Gli assetti bancari descritti si giustificavano con la preminenza elastica e reciproca che veniva riconosciuta ai padroni pubblici e privati connessi, mentre in rete, a cascata, venivano insigniti, o meglio volgarmente nominati, i cascami locali, ma itineranti, del potere centrale.
Si diventava, insomma, partendo da Roma, procuratori  a Trieste, vice-direttori a Perugia e condirettori a Torino.
Infine, c'erano le nomine dei direttori, esito di un lungo itinerare, ma anch'esso determinato dall'endogena clientelarità.
Al sud, la stanzialità della dirigenza era giustificata  con gli equilibri particolari di quelle zone e, quando i candidati da soddisfare, come i semplici impiegati raccomandati, erano troppi, li si trasferiva al nord.
Un sistema clientelare perfetto, modellato sulle esigenze della politica economica dell'Italia, prima che sulle dinamiche di un mercato ancora di là da venire.
Queste realtà strategiche ed evidenti non ci sono più o non sono facilmente rilevabili: sono state sostituite e trasformate attraverso fusioni, le cui conseguenze immediate, ma prolungate fino all'ultimo uomo,  sono state indecorose lotte di potere.
Ormai, i grandi Gruppi sono diventati internazionali e le loro criticità sono dovute prevalentemente alla dispersione dei loro affari non sempre trasparentemente interconnessi, oltre all'ancor non completamente digerita eredità dell'era bancaria precedente.
Residua, come già detto, il peculio privato, che gode evidentemente di una zona franca, in Italia, rispetto alla complessità dell'economia fluida, comunicante.
La sua clientela principale è multibancarizzata e si serve dei grandi marchi per le transazioni specialistiche più complesse e oltre i confini, mentre delega i suoi accantonamenti ai conoscenti dei paraggi, secondo una tradizione spesso generazionale.
In quest'ambito, anche se non uniforme, gli speculatori domestici, comunali e provinciali - in tutti i sensi - hanno creduto di speculare su offerte fuori mercato, provenienti da ambienti conosciuti, tranne che nella versione di mutato contesto, dove le vecchie furbate a sistema non erano più consentite.
Anche le amministrazioni di codeste banca hanno ritenuto, a torto, di poter raddrizzare nel tempo una situazione, venutasi a creare, che invece andava ineluttabilmente precipitando.
Così, chi troppo vuole, nulla stringe, anzi ci rimette quanto messo volontariamente in gioco e non per la prima volta.
Stavolta, le truppe dei clienti e i loro condottieri sono rimasti spiazzati e l'alienazione di aziende da rifondare ha provocato l'espulsione di innocenti operatori, senza alcun interesse, da parte di nessuno, per il loro futuro compromesso.
I salvataggi politici parziali - con nuove emorragie di personale e ridimensionamento della diffusione territoriale - hanno riconsegnato ad un mercato minore capitali bruciati e redditi ridimensionati.

Nessun commento:

Posta un commento