venerdì 26 gennaio 2018

Le pieghe dell'ordinarietà.

La morte di Giulio Regeni diventerà commemorativa come la strage alla stazione di Bologna.
I fatti e i loro effetti sono di un'oscena evidenza.
Sono serviti a qualcosa ed a qualcuno.
Altro non s'ha da sapere e non si saprà.
Il povero ragazzo stava conducendo un'analisi investigativa, di tipo accademico, sui sindacati indipendenti egiziani, in regime di dittatura.
La ricerca gli era stata commissionata dalla sua tutor, una professoressa anglo-araba di Cambridge e i servizi egiziani vi hanno intravisto un tentativo mascherato d'ingerenza.
Come avrebbe fatto qualsiasi studente, Regeni ha svolto le sue indagini e i suoi tentativi di approfondimento, ben oltre i margini della prudenza ed è stato eliminato con corredo di sadismi tipici di quelle strutture segrete, note solo, cioè, a pochi e neppur orizzontali apparati della Stato.
Così, una normalissima attività di ricerca si è rivelata un pretesto ed una trappola. Una trasferta in un ambiente incongruo con il diritto delle genti.
Secondario ed irrisorio l'argomento sviscerato eppur velenoso.
I bassi servizi politici dei sindacati ufficiali e l'attività di quelli informali, nella quale può albergare l'affiancamento malcelato, ma anche la velleità politica di dar ricetto all'opposizione clandestina.
Politica, per politica: nient'altro.
Il tuo nemico si nasconde nelle pieghe dell'ordinarietà.

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