mercoledì 24 maggio 2017

Quando si dice la propria, si accetta di non catechizzare il mondo.

Il Vescovo di Ferrara, che lascerà la diocesi fra pochi giorni, si è congedato con una preghiera pubblica, in seguito all'attentato di Manchester.
L'a-diplomatico sacerdote non si è smentito ed ha formulato, o ribadito, talune opinioni, che, pur analizzabili criticamente, introducono degli elementi di riflessione non convenzionali.
" Figli miei, siete morti così, quasi senza ragioni, come avevate vissuto"
"Non preoccupatevi, non vi hanno aiutato a vivere, ma vi faranno un ottimo funerale in cui si esprimerà al massimo questa bolsa retorica laicista, con tutte le autorità presenti, purtroppo anche quelle religiose, in piedi, in silenzio."
" Siete venuti al mondo, qualche volta neppur desiderati e nessuno vi ha dato delle ragioni adeguate per vivere. 
Si sono dimenticati di dirvi che c'è il male".
" Spero che qualcuno dei guru, culturali, politici e religiosi, in questa situazione trattenga le parole e non ci investa con i soliti discorsi, per dire che non è una guerra di religione, che la religione, per sua natura, è aperta al al dialogo e alla comprensione. Mi auguro che ci sia un momento di silenzioso rispetto."
Sottoscrivo e condivido, nella sua essenzialità e chiarezza questa analisi e la constatazione dell'onnipresenza di un elemento, intrinseco alla natura umana ed ai suoi calcoli amorali, che acquista, in costanti situazioni, cangianti nell'aspetto esteriore, una stentorea evidenza, rimossa, sibito dopo, da un adattamento interpretativo, anche se io non penso che "il male" sia demandato al diavolo.
Il Vescovo, secondo me, non discrimina fra le convergenti espressioni di violenza che provocano delle conformi reazioni, non si pone il fuorviante confronto fra i morti, prima torturati da almeno due  moderne e menzognere inquisizioni contrapposte.
Sottolinea e richiama, invece, nello specifico, la tara morale del razionalismo laico ed utilitaristico, che ha improntato le peggiori nequizie nel corso della storia contemporanea, ma sbertuccia, senza reticenze, anche la bolsa retorica ecumenica, richiamandosi all'empirismo storico: è anche una guerra di religione e lo è, soprattutto, nelle coscienze delle comunità richiamate e coinvolte.
Attacca a testa bassa le ipocrisie e le convenzioni politiche delle quali anche la Chiesa fa uso ed alle quali si subordina, anche attraverso un'improbabile "union sacrée" dell'Amore, ignoto alla dottrina dell'Ebraismo e dell'Islam.
La replica, non necessaria, della comunità islamica di Bologna, suona scontata e ripetitiva, un canovaccio sempre pronto, sempre uguale, una confezione sotto vuoto: " Non ci stancheremo mai - sarebbe invece meglio - di condannare le atrocità commesse per mano di questi(?) terroristi; ancora una volta una strage di innocenti ( per inconsapevolezza o in rapporto a chi e a che cosa? ) in Europa ( circoscrizione politicamente ostile, ma da citare ipocritamente ) e nel mondo ( generalizzazione concettuale espansiva e subliminale, che rivela la potenziale estensione dell'azione di difesa e di offfesa )".
"Nessuna religione potrà mai giustificare queste barbarie" . Copyright di Bergoglio.
Infine una polemica comparativa: "Qualcuno dovrebbe dire ( chi?, perché sollecitare una censura, che non cambierebbe di una virgola il contenuto ) al Vescovo di Ferrara, che la stragrande maggioranza ( sottolineatura quantitativa ) delle vittime del terrorismo ( in quali concrete espressioni? ) è composta da musulmani e quindi ci chiediamo di quale guerra ( fra) di religioni(e) parli."
Rivendicando la primogenitura del martirio, senza parere, i rappresentanti di una comunità islamica 
si contrappongono dialetticamente al mondo occidentale ma, implicitamente, anche al mondo dei "crociati", come vengono chiamati dalle milizie non soggette all'autorità politica di uno Stato, ma la cui convinzione è condivisa dal sentimento popolare, al quale si contrappone, all'incontrario, il pensiero recondito dei cristiani occidentali.
Nell'ambito della guerra di civiltà, entra, con grande peso sul sentimento delle comunità nazionali, la guerra di religione e la negazione acritica di questa secolare realtà psicologica, serve a disarmare la capacità identificativa dell'avversario, al livello della potenziale "fanteria".
Non so, né mi interessa, se citando Georges Bernanos, il Prelato volesse riferirsi ad un devoto nazionalismo che lo scrittore francese impersonò: probabilmente si, ma anche se, in questa declinazione, l'influenza volesse essere di destra, oltrechè tradizionale, l'intemerata del Monsignore, avrebbe una sua pregnanza, meritevole di attenzione e d'analisi, a prescindere dalle insignificanti affermazioni dei celebranti, talora laici, talora religiosi, quasi sempre in simbiosi cerimoniale.

 

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