lunedì 26 febbraio 2018

L'elemosina del marchese del Grillo.

Il consolidamento precario e gattopardesco del clientelismo borbonico va assumendo l'aspetto sperimentale della deframmentazione del lavoro publlico, il crogiolo capientissimo del favore alla meridionale.
Bene, dirà qualcuno. Era ora che si invertisse la rotta e si desse spazio all'efficienza e al merito.
Il fatto è che, partendo da una piazzola strategicamente insignificante, come la Basilicata, si va testando un sistema di demando ad agenzie private della ricerca e del collocamento a rotazione di poveri giovani mulinati sulla ruota dei favori ciclici e intermittenti.
Le agenzie per il lavoro interinale nei feudi dell'impiego sottopagato ma non impegnativo, hanno già incassato milioni e milioni di fondi pubblici ( quelli che spesso giacciono in cassaforte per l'incapacità di investirli ) e si apprestano a fare da intermediari della sottoccupazione a singhiozzo secondo indicazioni e raccomandazioni esclusivamente di fazione o fra fazioni che sempre lucreranno il bacio della pantofola dai devoti-rassegnati del favore ammantato di modernità.
D'altra parte la mafia politica, pseudo privatistica, è diventata l'unica azienda corporate del sistema del riciclaggio del denaro pubblico e delle tangenti private, per cui è conseguente che anche le clientele ambientali conoscano un mascheramento.
Tanto, alternativa al pane azimo o a quello troppo salato, sarebbe la scoperta di un'onestà non retorica o di principio, ma basata sulla necessità di creare ricchezza stabile e distribuzione del reddito.
Ma in che cosa consisterebbe allora il prestigio per l'elemosina degli impreditori pubblici scartuffati del sud?

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