domenica 11 febbraio 2018

Quando i buffoni si prendono sul serio.

Insolubile indistricato groviglio di esistenze, anonimia dell'inutile, del superfluo.
La superfluità valoriale che ne discende è inattendibile, come qualsiasi fede nella predicazione.
Falsificazione, rimozione e recita capziosa, insidia recitata nei canoni delle convenzioni, velenosità sempre pronta a manifestarsi in forme mutevoli, sempre pretenziose di moralità.
Superficialità di rapporti pubblici, manicomio privato, coppie male assortite e lento declinare nel fallimento relazionale, pur pretendendo che i figli debbano avere destino ideale.
Impossibile, casuale e sempre fuorviante.
Le utopie non contano eppure non muoiono mai, perchè sono psicologicamente utili a tutti i falliti e i mutilati dello spirito: sono una forma di religione compensatoria della vacuità di quasi tutte le esistenze.
L'amore cattolico si basa su questa consapevolezza e ne trae profitto, ai piani alti, ai quali sono destinati i figli minori di famiglie altolocate, secondo un canovaccio medievale mai dismesso.
A fare da raccoglitori ci sono i preti poveri ed illusi, che si consumano nella noia e nei vizi piccini a loro destinati.
Nessuno è vittima della società, bensì di se stesso in rapporto monco o deforme con la società medesima, dalla quale non si sa prescindere e che si è indotti ad imitare invidiosamente, facendosi attribuire atteggiamenti ed immagine, da quelle scimmie che siamo.
Non v'è proposito che non sia egoistico: le folle ignave si accodano e spesso esagerano.
Sono sempre più realiste del re.
Proseguono per tutta la vita in questo auto inganno e se ne tediano quando la vita volge al termine e la vis, mal indirizzata e sprecata, scema.
D'altra parte, se tutti esercitassero senza freni inbitori la loro vis, la ubris sarebbe orizzontale e caotica; non consentirebbe più l'uso esclusivo, dei maggiorenti, ben presenti e rappresentati, riconosciuti e officiati, anche nelle società democratiche.
Solo formalmente democratiche.
Questo piccolo teatro compendia omogeneamente tutte le parti ed i ruoli, in un gioco avvilente di finzioni sfinenti, esercitate a tutti i livelli, senza interromperne la riproduzione.
Ciascun, nascendo, si colloca prospetticamente in caselle predefinite: ben di rado e spesso millantatamente, avvengono rovesciamenti di cavallo subito richiamati ad attestare la virtuosità fattiva del modello.
Sono solo le eccezioni che confermano la regola.
Ci sono molte figure seriose che fingono di prendersi sul serio, ma ce ne sono molte di più che credono, pretendono di salvaguardare un gioco di ruolo che non trova nessuna corrispondenza in interiore homine-muliere.
L'acidosi caratteriale ne è sintomo ed effetto.   
L'uomo e la donna grassi, bolsi, invecchiati scoprono la quieta (?) saggezza che non avevano mai praticato per tutta la vita e se ne fanno alfieri, pigri fin nel motteggio.
Il codice  della socievolezza che intruppa ed esclude è indissolubilmente buffonesco. 

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