lunedì 24 luglio 2017

E' difficile andare d'accordo in due, figurarsi in ventisette. L'unione impossibile. L'economia non può superare le culture e le tradizioni storiche..

Legge e costume, il costume che si fa legge.
Il diritto delle genti nel nostro mondo dottrinario non ha attecchito.,
Non c'è dubbio che così, la bi-tri-quadripartizione del costume, storico o opportunista, continuerebbe a mantenersi ed a manifestarsi nell'ambito di gruppi omogenei, fra persone di diversa indole, nella melassa inibitoria di un clima.
I marcatori culturali ribadiscono le etnie, non ostante tante apparenze sovvertite, per cui a una base colta se ne contrappongono tante altre d'impronta conservatrice o reazionaria.
Se l'eterodirezione dell'Europa continentale, a prevalente influenza massonica, ha tarpato le ali alle tradizioni politiche delle nazioni, che, in verità, cercavano di camuffarsi dopo la venuta meno della più importante alternativa al capitalismo, che ha fatto annegare anche le socialdemocrazie, il mondo della democrazia mercantile e cosmopolita, mentre accoglie, per farli lavorare come schiavi, la schiuma arcaica dell'assolutismo morale e religioso, dall'altro liberalizza gli ultimi anfratti della vergogna e dell'emarginazione, esclusiva creazione induttiva delle burocrazie morali al potere, attraverso il loro riconoscimento pubblico e formale.
Il pregiudizio resta immutato anche se viene stivato nelle intersezioni del mondo neo-ideologico.
Dopo il razzismo nazionalistico di Orban in Ungheria, ecco formarsi un quadrilatero di Paesi con costumanze nazionalistiche e particolaristiche, insostenibili autonomamente se non nei termini del più reazionario criterio di chiamata a raccolta dei vandeani e di un rinato particolarismo etnocentrico.
Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia ( pur separatesi per la spocchia dei cechi e la marginalità culturale ed economica degli Slovacchi, ritrovano l'unità nel voler restare in europa alle proprie condizioni ) vanno costituendo un blocco profondamente eterogeneo: cattolici e nazionalisti i Polacchi, parafascisti gli Ungheresi, colti e snobisticamente separatisti i Cechi. Gli Slovacchi, non so; probabilmente risentono anche loro di un complesso di marginalità, al quale però sono arrogantemente legati.
Eterogenei e con storie diverse nell'ambito di quella mitteleuropa, che senza la Germania e l'Austria non è storicamente esistita.
La Cecoslovacchia ci stava con prestigio, mentre gli Ungheresi e i Polacchi non ne facevano parte , se non geograficamente.
Ecco che proprio loro, con due aggiunte tralignanti, si fanno solidali per riaffermare le loro nazionalità reazionarie e populiste. Da loro, il gioco strumentale anti crisi è stato gestito dall'interno dei governi e non è stato tentato dalle opposizioni - come in Italia -. Per questo si sono assunti atteggiamenti e chiusure contro le migrazioni, di stampo strettamente razzistico e si è cancellata la separazione dei poteri in Polonia.
Un'infamia per la democrazia e, anche se la periclitante costellazione europea non è scevra da difetti molto evidenti, la Vandea centro-europea minore, può appartarsi tranquillamente, meglio può uscire, altrimenti potrebbe inquinare un assetto istituzionale e liberal-democratico, che sono un esclusivo appannaggio dell'occidente europeo.
Ci mancherebbe solo che la sventata costruzione allargata su fondamenta argillose, ci facesse precipitare in una palude malmentosa.
Anche l'Italia con le sue stratificazioni incivili, potrebbe adagiarvisi senza imbarazzo, trovando un equilibrio fra i suoi compositi e abborracciati marcatori culturali. 

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