lunedì 10 luglio 2017

Il turbinare del nulla.

Nell'epoca enfaticamente definita della globalizzazione, le realtà particolaristiche, cioè vissute come una comunità ristretta, sono sparse dovunque e sono ben arroccate nei fortilizi eretti a propria difesa.
Il principio d'esclusione si è di molto rafforzato e viene condiviso, per stupidità e spirito gregario, da vaste plaghe del proletariato sanfedista.
Sì, perchè l'identità, è stata riscoperta proprio nei frangenti in cui viene messa in discussione dai venti finanziari.
L'immaterialità del calcolo itinerante ha indotto un senso d'insicurezza generale che si cerca di salvaguardare, nella ridotta della propria famiglia, attraverso una ritrovata solidarietà negli interessi.
Nelle famiglie proletarie, invece, l'aspirazione scoordinata ai beni  e agli status, provoca contrasti, prevaricazioni, disunione e, infine, necessità.
L'apparente convegno dei facilitatori politici, in feroce concorrenza fra di loro, è controcelebrato per strada, dai globalizzati contestatori che si danno appuntamento, in ogni parte del mondo, per scontrarsi non con loro, ma con i poliziotti.
La riduttiva pantomima è comunque l'ultima frontira del pensiero e della pratica generalista di una mitica classe degli emarginati, che vuole ricordare al mondo la condizione ignorata di un numero imponente e crescente di nuovi poveri.
In Italia si ricostituisce un'alleanza fra il partito delle partite I.V.A. e il sottoproletariato culturale del nord, specularmente affine, ma a classi invertite, ai borbonici padroni dei feudi.
Intanto, l'industria residua e ridimensionata, stenta ogni giorno a sbarcare il lunario, aggredita da una tassazione inconsulta e priva di qualsiasi affidamento da parte del finanziarizzato sistema bancario.
I pochi dipendenti rimasti si lagnano per la modestia della retribuzione netta, trascurando di leggere sulla busta paga, quanto se ne va in inutili contributi.
Si, inutili perché in questi giorni, un giovane opearaio di un'officina metalmeccanica, si è visto recapitare una lettera da parte dell'I.N.P.S., con la quale lo si informava che sarebbe andato in pensione nel 2050, con l'equivalente di 1.400 euro attuali. La prospettiva, sadicamente anticipata, di condurre gli ultimi anni della sua vita in ambasce, coerentemente a tutta la sua vita. In più sarà vecchio.
Si dice che il popolo italiano sia mite, ammansito: io non ci credo.
L'assenza di rivoluzioni, nella sua brevissima e inconciliabile storia, è stata dovuta alla sua costruzione artificiale, ai contrappesi politicamente gestiti della lotta fra poveri del centro-nord e di quelli del sud.
La Chiesa cattolica ha fatto il suo, ma è anche la formazione recente di una placca labile, di un'identità nazionale inesistente, a non averlo consentito.
Eppure, durante la guerra, al nord il vento soffiava e i partigiani hanno combattuto, sia contro i nazisti, sia contro i padroni, sconfessati da una sinistra burocratica, che ha finito, nei decenni, per perdere se stessa, come se non ci fosse mai stata.
Eppure, fino al 1989, l'Italia ospitava il più grande partito comunista dell'occidente intero, tenuto sottotraccia fino alla sua sconfitta posticipata, senza traumi, colpi di stato, che pur furono ideati, senza lasciare eredità culturale e tradendo la classe lavoratrice che ingenuamente aveva sostituito la fede in dio, con quella nel partito.
Ancora una volta, la nazione italiana svolazza sulle correnti globalizzatrici, stando ben attenta a conservare la rotta del proprio drone orientativo e i propri particolaristici interessi, lasciando in balia delle trombe d'aria il proletariato, genitore dell'eternamente utile volgo disperso che nome non ha.

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