martedì 18 luglio 2017

Le culture morte e le giustificazioni culturali di una guerra in corso.

Guardavo, sulle pagine on-line del Manifesto, la produzione principale di opinioni dell'ultimo quotidiano comunista d'Italia e l'ho trovata del tutto accattivante per un pubblico indistinto di ben pensanti di sinistra.
Quando il Manifesto fu fondato, alcuni militanti di valore del P.C.I. furono espulsi e lavorarono per decenni fra le quinte colonne della sinistra extraparlamentare, della sinistra delle origini, internazionalista.
Quella che lo era stata, era stata anche eterodiretta, per cui quel quotidiano dalla vita stentata, ma che non fallì mai, a differenza dell'Unità quando perse la bussola, si caratterizzò per un'intellettualità ben divulgata e andò a riempire un vuoto esistenziale, come certa pubblicistica francese, radicale e bohémienne.
Non credo che sia un caso se una delle esponenti di maggior spicco e glamour, che ancora collabora al così mutato giornale, viva i suoi ultimi giorni a Parigi. Alludo a Luciana Castellina, già moglie di Alfredo Reichlin, les elegantiers del fu P.C.I.
L'uno ci rimase, l'altra se ne andò. Anche i due si separarono.
Ebbene, anche oggi il Manifesto, dopo la presa d'atto che il comunismo spendibile non poteva che essere molto più labilmente intellettuale di quello che l'aveva preceduto e dopo l'abbandono di tutta la vecchia guardia costituente, celebrata alla memoria, continua ad assomigliare ad un foglio ella gauche francese, ma non all'ufficiale l'Humanité, bensi al Canard Enchaîné, più incline al sarcasmo impotente che alla lotta sul campo.
Il campo è infatti desertificato e privo di riferimenti, non solo per i vecchi compagni che ululano alla luna, ma anche per i rappresentanti degli autoreferenziali vincitori, che sono pupazzi spellacchiati, grevemente e buffonescamente opportunisti. 
A suo tempo il Manifesto fu un organo rappresentativo di un'opzione politica, che forse intersecò ambiti non ben focalizzati del sentire di sinistra, ma lo fece con onestà e capacità di autoanalisi. Per questo non poteva essere accolto in un partito e basta.
Riconobbe nelle Brigate rosse le foto dell'album di famiglia, fu sincero intellettualmente nella formulazione delle sue analisi, sempre interessanti, a prescindere.
Fu disorganico perchè non rinunciò all'investigazione border line e non rinnegò mai tatticamnte le sue fondamenta ideologiche e culturali.
L'ultima edizione invece lo ha fatto.
Per costringersi a sopravvivere ha sposato l'utopia e compete con le associazioni umanitarie, sul piano fattuale, pur non rinuciando alla disamina laica. Una laicità propedeutica ad un nuovo fondamentalismo, non più obiettivo, materiale, ma fantasmagorico.
In fondo è diventato una lettura per onanisti cerebrali.
Anche Micromega, un tempo le ragioni del socialismo, è diventato una interessante rivista di filosofia, ma è costretta a militare nel campo delle libertà civili dell'illuminismo massonico europeo, ad ospitare meritoriamente le menti e le personalità messe ai margini dai rispettivi apparati. una rivista interessante nei suoi specifici ed individuali contributi, che, quando cerca una sintesi editoriale, scade nel manicheismo e nella povertà d'orizzonti.
E' il destino attuale del pensiero ..non più applicato.
La destra è popolare, cioè volgarmente profittatrice.
I liberali che andavano alla Camera dei deputati con le candele perchè la fornitura del gas era temporaneamente sospesa, sono gli antenati ottocenteschi di quei deputati che furono soppiantati dopo pochi anni dall'istituzione della Repubblica dai fascisti del M.S.I. ed infine espulsi, nella figura del loro segretario nazionale Valerio Zanone, da Cicciolina.
Oggi bisogna parlare, da destra, alla pancia roditoria e ai coglioni millantati della gente, non escluse le donne che propendono per un processo d'osmosi identificativa e ribadire che i criminali sono sempre brutti, sporchi e cattivi, in arrivo sui barconi della desolazione delle guerre e della conseguente carestia.
Prima erano poveri, ma non venivano e non c'era bisogno di campi di concentramento, in Libia, dove gli organi vengono espiantati e le donne sistematicamente violentate, per frenarne l'afflusso.
Afflusso quasi esclusivamente italiano, perchè nessuna altro paese europeo ne vuole condividere il carico, ad indicare chiaramente all'Italia che deve provvedere lei ai respingimenti, in quanto frontiera più prossima. ma l'Italia ha interessi, non bellici, ma pur secondari, a lei più congeniali e come al solito, si barcamena fra Scilla e Cariddi, facendo e disfacendo, dicendo e negando.
Sperando di continuare a sfangarla, avendo solo interessi di riporto nelle zone in cui si svolge la terza guerra mondiale e scacchi.
Un'accoglienza così soddisfa il solo requisito della sopravvivenza e precipita nella spersonalizzazione.
Solo la Chiesa attuale predica e in parte assai modesta, pratica l'accoglienza.
Lo fa anche per contrastare alcune importanti correnti epsicopali fautrici del fondamentalismo cattolico, in una sorta di affinità con l'Islam radicale.
Se Ratzinger svolgeva lezioni magistrali a Ratisbona, nelle quali bollava l'Islam come una religione sanguinaria e poi si scusava, senza curarsi delle teutoniche sevizie morali e, purtroppo, anche sessuali, alle quali erano sottopsoti cinquecentocinquanta coristi, diretti dal fratello Georg, che a sera inoltrata, suonava il pianoforte insieme al Papa, negli appartamenti vaticani.
Questo Papa nuovo, pur in coabitazione, esorta all'ecumenismo, anche verso i musulmani, in un calcolo da scacchiera per frenare un processo guerresco che informa ed interseca, più di quanto si sia disposti ad ammettere, in queste more di laicismo di facciata, anche le sue fila, le sue congregazioni nazionali e il corpo vescovile della Curia romana, che le rappresenta in Vaticano.
Lavoro, per questo, improbo, suscettibile di cambiare direzione e in collaborazione non invasiva con l'islamismo, più che con la Chiesa ortodossa e con il pur risorto rapporto con la casa madre appartata dell'ebraismo.
Intanto i poveri aumentano e impazziscono in giro per l'Italia, sotto i ponti - come si diceva - nei bagni e sui piazzali pubblici - derisi da ridicoli ed impotenti ministri e capi di governi inutili, tranne che alle forme istituzionali svuotate.

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