giovedì 13 luglio 2017

Pirandellismi.

Nella vita di ogni giorno, nelle ripetitive esperienze generazionali e della storia, la retorica pubblica, il senso civico, la sollecitudine verso gli scarti dell'assetto sociale, sono una finzione meramente politica.
Approssimarsi effettivamente al reietto, immedesimarsi, fare proprie le sue esigenze, è un atteggiamento da carenza o negazione materna, ma non ha nessuna valenza palingenetica.
Si ferma sulla soglia della soddisfazione sostitutiva.
Il Papa stesso, a capo di una accolita di pedofili, nel propugnare un utopico ritorno(?) al Vangelo, rilancia un altro "lasciate che i bambini vengano a me" di ben più prosaica intenzionalità.
Saprebbero, d'altra parte, i reietti apprezzare un'invadenza che si protraesse oltre il soccorso contingente ed immediato; recuperate o soltanto immaginate alcune facoltà, cresciuti nell'illusione della sicurezza alimentare,  non vorrebbero lasciare il nido, deprimendo ed abbandonando le loro solitarie nutrici?
Lo stesso scetticismo giustificativo alligna nelle file, anzi fra le legioni degli opportunisti, delle prostitutive vestali, fra i profittatori di situazioni.
Non esistono moralità che non siano di facciata, da quelle diplomatiche a quelle criminali, tutte funzionali a millantare gli scopi, empirici e rilevabilissimi, perseguiti: nessuno se ne adonta sinceramente; lo si fa per pubblicità negativa nei confronti dei propri competitori od avversari d'ambiente, di classe, di ambizioni, quando grottescamente si esercitano e si perseguono nel medesimo ambito e settore.
La dicotomia, l'avversità, la contrapposizione, che è stata politica, ora è nella sensitività di apparteneza o di repulsione, nella sciocca identificazione con ambienti irragiungibili, almeno per i maschi adulti.
La commedia dell'assurdo si ripropone ad ogni cambio generazionale, giustificato da un'illogica speranza per i più, come se non avessero già sperimentato e risperimentato le uniformi dinamiche rigide del pentolone sociale, che la democrazia di facciata, stempera nelle mode, negli atteggiamenti di sfacciata ostentazione della propria esclusività/esclusione.
Le ideologie assolutiste, non importa se laiche o religiose - impongono una figurazione simbolica che, per la base della sua sussistenza, diventa un'icona: come l'ardito del fascismo o il lavoratore del comunismo.
La superstizione religiosa si rifà ad altri, del tutto affini e speculari, principi interpolati.
Mentre la scenografia che ospita figure, controfigure e comprimari, si spopola di apparenti protagonisti di se stessi, che cadono nel dimenticatoio della non più vita e altri si avviano a raggiungerli - ma non in un'altra esistenza, bensi in una rinnovata negazione, nel nulla - altri si affacciano per riempirla di contenuti illusori per la massa, quali credenze, speranze, affettività impotenti, tal'altri sono già sulla via mediana, affannosamente alla ricerca di un esito che si allontana, mentre il fiatone aumenta.
Restano le iconografie, i monumenti all'immortalità possibile dei lasciti, esteriormente ammirabili, per nuovi, ma sempre etologicamente uguali, nasi all'insù, gli atteggiamenti imitativi di un'educazione smentita nei fatti in ogni momento, la memoria degli storici esponenti, creati o reali, di un sistema cangiante nei modi e immutabile nei suoi approdi.

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