giovedì 20 luglio 2017

L'antitesi della giustizia.

La magistratura romana è ancora la necrofora del diritto e non solo nell'ambito della Corte di cassazione: ha condannato molti dei protagosti dell'osceno e stupido torneo di clientele, ma ha salvaguardato  il generone politico, senza il quale quegli atti e quegli eventi non avrebbero potuto verificarsi.
Colpevoli i malavitosi sul campo, esenti i titolari del sistema, che, come la mafia siciliana, si servono dei picciotti e dei loro capintesta e devono però lasciargli un ampio e personale potere sul territorio.
Per questo si è sempre detto e le decisioni di politica giudiaziaria ancora attestano, che "la mafia non esite", nel senso che è connaturata al sistema, quello stesso che afferma o denega.
Alla base un'affollamento di clientes  plebei.
Quindi, Mafia capitale non è esistita, un'organizzazione reticolare, adattabile alle circostanze non è individuabile, non ostante che sia sotto gli occhi di tutti coloro che hanno frequantato Roma per un sufficiente numero di anni.
Per qualsiasi specie ed a qualunque livello.
Il teorema non ha trovato dimostrazione tranne che per assurdo, laddove l'assurdo è il paradosso indolente e inequivocabilmente mafioso, dei ladri del tempio che ne vengono indicati come i sacerdoti e i priori, mentre ne sono solo i travisati, ma riconoscibili, strumenti.
Ovviamente, al soldo.
Le sentenze, nella capitale, di prima, seconda e terza istanza, sono sempre adattatorie e negatorie di quell'utopia dottrinaria che si spaccia per essere il diritto, la sua antitesi reale che ne nega proprio l'autonomia e l'indipendenza e che riafferma, ad ogni pie' sospinto, il suo ruolo di esegeta delle pandette ( come il dottor Azzeccagarbugli ) o di cane da guardia del delitto inevitabile.
Un po' come la pedofilia fra il clero.  
Dall'infantile eticità, al realismo dell'età adulta.

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