sabato 29 luglio 2017

Saldi.

Anche la TIM se ne va, o meglio, resta ma in mani francesi.
Ecco spiegata la fuoriuscita inaspettata e sontuosamente liquidata del suo amministratore delegato, che pur non aveva sfigurato.
L'apparenza inganna e di apparenza e slongan si nutrono le imprese di qualsiasi genere, comprese quelle industriali.
Quarant'otto ore dopo, l'annuncio: TIM passa, armi e bagagli, nelle mani di Vivendi, la stessa che aveva conteso a Mediaset le torri di trasmissione e di irradiazione dei segnali telefonici mobili e delle onde televisive.
Ecco perché.
Salvate, ancora una volta, le sue televisioni, sempre più con il fiatone, l'ex cavaliere ritorna in politica a ottant'anni, per i motivi per i quali c'è sempre stato, per cercare di approfittare, finora senza successo, del potere governativo, o di quello condizionante, per piegare ai propri scopi ( in precedenza anche a quellidi una massoneria mandante ), le sue rendite, le attività che aveva estorto sempre tramite la politica.
Ma Vivendi non demorde.
Appena acquisita TIM ed subito rinominato il consiglio di amministrazione, ha annunciato la nascita di una nuova pay TV in Italia, in concorrenza, quindi, iniziale e prevalente con quella del biscione, non foss'altro che per una questione di dimensioni.
Tutte le attività economiche strategiche italiane vanno in malora, oppure vengono conquistate dall'estero, dove si rifugiano, chi entusisticamente e ingenuamente, chi con qualche prospettiva, i giovani laureati nostrani.
L'unica che si è salvata è stata la FIAT, che se ne è andata per tempo da sola.
Aveva ben compreso che la politica economica, lo scambio, non sarebbero stati più filtrabili, praticabili, da parte di governicchi Quisling, ai vertici dei quali uomini-fantoccio, cercano, in queste infelici guise, di fondare un potere personale, una possibilità insperata di arricchimento e di influenza personali.
Almeno fino a che saranno disarcionati anche loro, a prima missione compiuta.
Lo sanno e vivono, almeno astrattamente, preparati: un'altra occasione così, per il resto della loro esistenza, non si ripresenterà più. 
Un'Italia svuotata delle sue proprietà pubbliche - che invece la Francia ripristina - e di quelle private, basate sul debito bancario che, restringendosi, le ha fatte fallire quasi tutte e ridotto alle dimensioni di un'officina quelle sopravvissute.
Un'altra icona a ritroso: cominciò così la ricostruzione nazionale del dopoguerra, che si arrestò alla fine degli anni '60, per cominciare a raccoglierne le spoglie, alimentando la corruzione con il baratro di bilancio e la spartizione illusionistica dei cespiti, creati attraverso la politica affaristica e clientelare.
L'Italia ritorna al punto di partenza e come tutte le entità statuali di terza fascia - ad essere generosi - si riarma maldestramente, ma costosamente, per contendere due pozzi petroliferi ai francesi in Libia, decisissimi a recuperare sulla Germania, affossandoci definitivamente.
Gli unici la cui sorte è sicura, è quella dei profughi dalla miseria e dalle guerre.
La schiuma di questo mondo.

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