martedì 14 marzo 2017

La vita bohémienne.

Oreste Scalzone ha settant'anni, è stato il fondatore di Potere operaio, è stato condannato a otto anni di reclusione, ne ha passati venticinque, da rifugiato, in Francia. Dal 2007 è tornato in Italia. Non ha affatto abiurato alle sue idee, alla sua storia, fatta di estraneità alla parte che è in grado di imporre le sue regole, a proprio beneficio e di farle applicare a qualche comodo e inamovibile funzionario, a meno che non rompa lui le scatole alla burocrazia giudiziaria, impersonata dalle procure. Walter Giovannini lo ha inquisito per sovversivismo e istigazione a delinquere per aver detto, in occasione della commemorazione di Francesco Lo Russo che solo lui e pochi altri ricordano ancora e con sentimenti opposti o ambivalenti, che, se la polizia attacca, bisogna reagire. Se così non fosse le manifestazioni di opposizione non cerimoniale non potrebbero neanche svolgersi, non dovrebbero neanche essere indette, sulla falsariga di quanto è accaduto ai sindacati con le precettazioni, i preavvisi prima degli scioperi, a cui sono seguite le esclusioni e le scelte dei filo-padronali, sia a livello aziendale, sia - elemento molto più importante per i tribuni della plebe - a livello politico. Poi, come loro, la politica è andata in vacca. Non conosco Scalzone e non ho mai militato in Potere operaio, né in nessun altro gruppo oppositivo di sinistra ( il Partito comunista non lo lo era ); me ne sono sempre interessato sul piano culturale e senza pregiudizi sui contenuti delle affermazioni dei suoi esponenti, frutto comunque di un'elaborazione spesso non banale. Lo Scalzone che ho visto suonare con una fisarmonica ed intonare l'Internazionale, sotto le vetuste vestigia di un menestrello di altri tempi, di un protagonista della commedia dell'arte, non mi è dispiaciuto, soprattutto quando ha affermato che, durante il rito del processo. nel quale non si difenderà, comincerà subito a rifiutare la rituale opposizione fra colpevolezza ed innocenza, senza rispondere alla prima domanda retorica che gli sarà rivolta e che non reciterà né la parte del colpevole e, men che meno, quella dell'innocente. A modo suo, un irriducibile in un mondo di marionette e di sacerdoti di una convenzione sociale.

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