mercoledì 29 marzo 2017

Noi siamo felici, noi siamo contenti...

C'è, nel minestrone amministrativo, un margine di manipolazione che vecchi arnesi dell'imprenditoria che non conosce crisi, affidano alla cura tartufesca degli azzeccagarbugli disoccupati - alcuni anche molto bravi - che si impiegano e si umiliano nel parare il culo al padrone e nello scoprirlo agli altri, mettendo nelle previsioni la ritirata strategica, ma, se richiesti, anche la più cupa ed indecente circonvenzione degli incapaci, che sono molto numerosi e dei distratti. All'ultimo momento questi ultimi non sanno come acquisire facoltà trascurate fino ad allora e a dirimere le tesi artatamente interpretative delle aziende. Siamo tornati all'impiego post bellico, quando spesso e volentieri agli sprovveduti lavoratori non venivano versati i contributi previdenziali da parte di ditte poi trasformatesi od estinte. Oggi, sull'abbrivio della distruzione dei diritti lavoristici, sul superamento dei contratti e sulla scelta dei sindacati interlocutori, le aziende ruminano, forzatamente ed  artatamente, per farsene una gestione finanziaria attraverso "l'offerta", barattata nei contratti aziendali sempre dal tribunato della plebe ammansito, di un welfare privato, nato, per miracolo, dalla sera alla mattina e che ha sostituito ( o è sostituendo delle ) le guarentigie contrattate in azienda, del personale. Qualcuna di queste aziende non le ha mai avute ed ha scoperto, sempre insieme ai sindacati di fiducia, per slancio assistenziale mai esercitato, il "benessere" e la sicurezza dei propri felici dipendenti. Sono queste ultime, spesso dimensionalmente inadatte ad impegni improvvisati di questa portata, le più insidiose
Certamente, nella loro storia e nella loro attualità, hanno avuto ed hanno un contenzioso giudiziario elefantiaco, vincono e perdono, praticano un'omertà ambientale assoluta, anche quando perdono hanno ottenuto un guadagno, con la pratica, quasi prestimabile. 
Se queste sono le premesse ce n'è da "far tremar le vene e i polsi", senza tutele da rappresentanza, che non siano a loro volta insidiose, barattate a livelo aziendale ed a livello politico.
Come nelle garanzie e nelle fidejussioni esistono, in basso e in piccolo, le clausole onerose ad annullare il rischio del garante ed a fargli lucrare, nel frattempo, quando il garantito lavora, una rendita, cosi' appaiono negli statuti, nei cedolini degli stipendi e nei riferimenti alla normativa aziendale, dei codicilli che, pur non potendo derogare dalla legge generale, se non in meglio, vengono illusionisticamente agitati, mischiati, emulsionati e poi proposti, ma in termini ingiuntivi, per farne una forma, non condivisa, di tesaurizzazione.
Ovviamente, in queste more, il popolo lavoratore è felice come quello della Corea del nord per il suo pupazzone, nel timore della delazione ambientale, ma anche semplicemente della difformità di atteggiamento nei confronti dell'offensiva e demenziale propaganda.  
Ἰφιγένεια, Iphighéneia, Ifigenia, in Aulide e in Tauride, tragedia euripidea, declinata in farsa compiaciuta e prevaricatrice e rimodellata nel serventese universitario: " noi siamo felici, noi siamo contenti, il culo, festosi, porgiamo agli eventi". 
Nel mondo prossimo, prossimissimo, venturo, sarà necessario dotarsi dell'avvocato di famiglia, come ora del medico, ma trattando il leguleo il diritto privato, sarà accessibile a pochi, in rapporto a cifre individualmente modeste, che, invece, costituiranno un volano cumulativo per le aziende, fra l'altro trasformistiche e per le banche in particolare. Gli altri "patronati", di qualsiasi natura, saranno trappole per i topi. 
La delega, oltre che a tradire incompetenza e tradizione a demandare la rappresentanza dei propri diritti a dei "promotori", non è più esercitabile. I diritti sono individuali, oppure ed è il caso in oggetto, non ci sono.

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