domenica 5 marzo 2017

Le ambizioni contraddittorie del ceto medio, incravattato e senza la tuta.

.All'interno dell'economia del merciaio e del giocatore, operano, si muovono  a comando, i produttori, i promotori di chiacchiere. Un mondo di marionette e di battute da dietro le quinte. Il livello culturale è assente, non stimabile: qualcuno scambia i suoi hobby per competenze. Proprio per questo, da membro di una squadra, qualcuno si trasforma in squadrista, aspirante gerarca. Quando un modello sub-culturale, una prassi lavorativa si fa, anche se solo autoreferenzialmente, totalitario, questi ominiccoli e donnicciole pullulano. La loro influenza è insignificante, ma è un fastidio, simile a quello di un foruncolo. Esistono varie definizioni di questi personaggi e di questi ambienti da avanspettacolo, la dottrina giuridica delle democrazie del nord ne ha da tempo definito i contorni, il costume sociale ne ha acquisito, in parte maggioritaria, i contenuti.
La molestia emozionale si scatena, spesso sotto traccia, tra singole persone, fra la gerarchia, soprattutto quando è camuffata, nella quale al decalogo mosaico aziendale fa da tramite officiante il capo, dissimulato da atteggiamenti amichevoli "sub condicione" e, per trasporto, anche a cura dei colleghi, di qualche imbecille in particolare. D'altra parte l'imbecillità è un buon viatico per simili carriere. Alla base di tutto questo si trova la strategia dell'impresa privata. 
Le dinamiche relazionali, sotto l'egida dell'apparenza, diventano disfunzionali e si concretizzano in atteggiamenti lesivi della dignità delle persone e fomentano nei fantaccini un contributo meschino e vigliacco.
Insomma, registi e servi di scena concorrono al perseguimento, anche in quest'ambito, degli obiettivi aziendali, per promuovere l'allontanamento, non solo dal proprio ambito, ma dal mondo del lavoro stesso, per uno scopo privato, dei soggetti scomodi. L'appoggio conformistico dei fantaccini, che inizialmente assumono il ruolo teatrale degli spettatori, prendono poi le distanze dal malcapitato e infine lo attacano in branco o con puntate solitarie, nel timore di subire, a loro volta, forme di rappresaglia e di essere privati dei piccoli privilegi compatibili di cui possono godere. A questo malcostume si acconcia spesso il sindacato, soprattutto quando è monocratico e rappresenta siffatti lavoratori. Di fatto, fa da cinghia di trasmissione con l'azienda.
Queste dinamiche vengono alla luce anche negli atteggiamenti di taluni clienti che vengono sollecitati con "confidenze" fuor di luogo a interferire in ambiti per loro estranei, con ricorrenti apprezzamenti e sollecitazioni incompetenti, perchè i fantaccini cercano di farseli alleati per il raggiungimento degli scopi della cupola sotto la quale si sono sistemati o pensano, tapini, di essersi protetti.
Anche la gelosia da impiego si rivolge, in questa fase micro-storica, a chi occupa gli strapuntini "negati" dai destini eterni e progressivi del capitalismo e delle sue "resistenziali" casematte private e consortili, perché la labilità del lavoro, la sua precarietà, che resterebbe nonostante la più accentuata piaggeria, la disoccupazione, gli esiti lavorativi in mano ai padroni, per l'atipicità, che è diventata la norma,  dei contratti, la mancanza di trasparenza nello sviluppo della carriera, favoriscono una insana competizione in grado di attivare alti livelli di aggressività e di destrutturare i rapporti interpersonali.
Situazione grottesca, buffa e malevola, nella quale la prevalenza dello stupido, nell'ambito di una consorteria, meritocratica solo in questo senso, la fa da molestatrice verso i più deboli e da provocatrice verso chiunque altro non stia al gioco di mettere all'ammasso la propria personalità e la propria capacità anlitica  dimostrando di possedere sia l'una, sia l'altra, senza negare la prima e volgere all'incontrario la seconda. C'è e c'è stato molto di peggio nell'esperienza, ma i prodromi nefasti ed etologicamente antropologici, sono ancora qui, riesumabili, ricorrendone di nuovo le condizioni, dai peggiori strateghi.

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