martedì 28 marzo 2017

L'etica del capitalismo che non piace a chi se ne maschera.

Il ministro Marianna Madia, delegata dello Studio Gnudi ad intrattenere, dal governo, rapporti strategici, ha copiato trentacinque delle novantaquattro pagine della sua tesi di dottorato all'IMT, l'alta scuola di dottorato di Lucca, ha modificato, in termini analoghi, la terminologia scientifica e tecnica, ha miscelato il tutto per cercare di renderlo irriconoscibile.
Il Fatto ha acceduto all'elaborato attraverso internet, attingendolo dall'archivio dell'istituto universitario. Un caso analogo, pubblicato in Germania dalla Süddeutsche Zeitung, portò, nel 2011, alle dimissioni di un ministro tedesco.
Molti titoli accademici sono conseguiti così, con l'intenzione di vestirsi di un attestato di orizzontale e uniforme acquisizione di nozioni rigidamente applicative, con al massimo la conoscenza dei loro protocolli procedurali.
Nessuna elaborazione critica ed esegetica, dopo, ovviamente, essersi impossessati della materia, allo scopo di trarne un vantaggio immodificabile. Questa aspirazione è realizzabile solo nell'ambito di un ambiente favorevole, nel quale basta solo essere inseriti ed essere poi disposti a rappresentare ed impersonare i demandi del "tutor" professionale.
In quest'ambito, l'acriticità e la fedeltà sono preminenti, mentre coloro che conseguono i medesimi risultati accademici, ma sono fuori dai giochi, possono solo far da coristi. In ogni caso, gli aspiranti, con o senza fondamento, provengono da famiglie culturalmente depresse o dispregiatrici, se non in senso strumentale, della cultura, che, se non incanalata, diventa estraneità ambientale e porta ad emarginazione e disprezzo.
D'altra parte, in questo cattolicissimo paese, fin nel midollo, non è possibile l'etica calvinista, se non come ipocrita e opportunista rappresentazione, verso un incipit pro tempore dominante, ma alieno. E' la stessa rappresentazione celebrativa dei valori democraticamente cangianti, da adottare per stare in branco, in testa o nel mezzo. "Gnosis auton, medice, cura te ipsum" replicante e ricopiatrice di impeccabile coerenza con il modello, sorriso stentoreo di circostanza, moralizzatrice degli impiegati pubblici, degli assenteisti, dei furbetti del cartellino, tu furbastra dell'iterazione, o meglio, ispirata ai classici moderni, antesignana accademica della cortigianeria.
Grande preparazione, dunque, insediamento per meriti conclamati, coma la Maria Stella Gelmini, che superò l'esame d'ammissione all'avvocatura a Reggio Calabria, perché " a Brescia non ci si riesce". Qualcuno ci sarà ben riuscito. Per altro, era convinta che esistesse un tunnel neutrinico che congiungesse l'Abruzzo con il CERN a Ginevra.
Itineranze, entro perimetri ben ristretti, per trovare una scusa ad una mansione di copertura per meriti preliminari e scopi secondari, una Madia, per una Gelmini, per un Poletti qualunque. Ministri di rivalsa, burattini che si credono burattinai, retori del buon costume, della morale superficiale alla quale aderisce per presunzione d'investitura, la fascia grigia che non può farsene beffe.
D'altra parte che c'è di non già noto da spacciare per nuovo e, per precipitato, in meglio, a chi non ha la conoscenza per interpretarne i contenuti sotto traccia, a rirovesciare la prassi, a pochi nota, in instrumentum regni? Ma qua voliamo troppo alto, Machiavelli non si addice a questi sacrestani dell'urna, a queste vestali del fuoco sacro, a queste scimmie imitatrici di quanto è meglio non sapere.
Naturalmente, in replica, si ribadisce la verginità della creazione, ma non si entra nel merito della dissezione praticata al testo dal denunciante, che, invece, essendone l'estentrice, si dovrebbe conoscere a menadito. Chiusura a riccio nel proprio sacello inviolabile, nell'appartenenza all'ordine, anche se gli elementi per rimanervi si sono attinti all'esterno, inaccessibili, come tutto il popolo bove, agli sbugiardamenti elitari. Solo l'irritazione per il dileggio pecoreccio di chi si diverte a trovare in fallo chi credeva di essersi messa al sicuro. Da tutto, fuorché dal ridicolo. 

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