mercoledì 26 aprile 2017

A che scopo?

E' stata fantastico il commento della Camusso alla "debacle" in Alitalia, dove aveva proposto una mutilazione del contratto di lavoro.
L'esito sarebbe dovuto alla mancanza di fiducia dei dipendenti verso l'azienda.
Verso i sindacati no?
E' vergognoso questo giochetto pseudo-dialettico, con il quale strutture ormai utili soltanto a se stesse ed in via di ripiego verso un accentramento di ruolo a rappresentanza quasi nulla, che, come in Francia, li relegherà a interlocutori - per modo di dire - esclusivi dei governi e li escluderà dalla trattativa autonoma e diretta con le aziende che resteranno e che saranno sempre più grandi e multifunzionali.
Il sindacalismo possibile si esercita nelle pur estese ridotte del sindacalismo autonomo, che è ripartito dalle macerie della contrattualistica categoriale e manifesta, senza ancora essere un interlocutore, partendo dalle situazioni contingenti e di fatto.
La mobilitazione si è fatta aziendale, di capannone, magazzino o reparto e viene contrastata con metodi che vanno dalla violenza delle forzature e delle reazioni, all'ignoranza totale del fenomeno "neo-primordiale".
Il cosiddetto populismo trova delle alleanze sotterranee da destra verso la sinistra e viceversa, il fine è sempre strumentale, non si propone certo l'emancipazione "di un volgo disperso che nome non ha".
Per alcuni versi, in questa situazione, non è neppur certo che una controllata disoccupazione, supportata dalle sostanze familiari d'origine, sia sempre e comunque peggio di un lavoro intermittente, nel quale la classe manovale si ritrova, disconoscendosi, in una miscellanea di razze e inculture, coesa solo dalla necessità.
La infelice condizione dei figli di siffatto proletariato, ne segna l'umiliazione e la relegazione che, da adulti, si farà depressione, alienazione e potenziale violenza senza fini.
La violenza islamica che contrattacca sulle sponde dell'europa, si illude di avere un significato, attraverso il proprio autoriconoscimento nell'appartenenza cellulare ad una unica religione, la sola vera, ancorché arrivata per ultima e quindi imitatrice, considerata invece l'apice dell'evoluzione.
Quella che verrà e che, in parte già si manifesta, sarà del tutto individualistica, al massimo organizzata in bande e attenuerà la divisione fra delinquenti "d'antan" e le nuove (per noi) estrinsecazioni di un malessere, a sua volta malevolo.
Figlia e prodotto di una società pubblicitaria e consumistica, la violenza delle periferie, del terzo mondo indigeno, avrà per miraggio i beni inaccessibili di intrattenimento e di svago, la prevaricazione dei prevaricati si accanirà sulle icone, anche umane, di una società inavvicinabile, con la sua estetica, i suoi paludamenti escludenti.
Il controllo sociale dei partiti, dei sindacati, non ci sarà più - già adesso latita, ma è ancora troppo presto -  la famiglia riprodurrà i vizi, i limiti e i rancori degli omologhi e non più, per questi versi, ribelli discendenti.
Sarà comunque colpa di qualcun'altro in una miserevole tattica di conservazione, a sua volta senza uno scopo specifico.

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