giovedì 13 aprile 2017

Delitti ipnotici.

La caduta verticale del senso del divenire si appalesa nelle martellanti e ripetute campagne per la morte "liberatoria".
Il ritorno nei ranghi miserrimi di intere classi sociali, non più lavoratrici, ma disperse in un caleidoscopio di impieghi occasionali e intermittenti, a tutto beneficio del capitale, ha aperto la strada all'emarginazione ed al degrado, che, dall'interiorità, tracima nel sociale o meglio nell'accumulo di "assurde" esistenze.
Il venir meno dell'assistenza sanitaria, ridotta al modello a lei estraneo, del servizio remunerativo, rispetto alle sempre più scarse risorse pubbliche, rende insostenibili - soprattutto per chi deve accudirvi - l'esistenza degli handicappati e dei colpiti da malattie invalidanti.
Il dolore, ma anche l'abbandono, rendono personalità, già defedate e nevrotizzate dall'improvvisa privazione di qualsiasi manifestazione d'amore, inclini a togliere il disturbo: ecco che varie pittoresche associazioni, confacenti all'economicità dell'assistenza, liberatrici del proprio tempo, così recuperato, li aiutano, li accompagnano, li lasciano infine a mordere una fiala o un pompetta. L'esecuzione, nel braccio della morte, se la impartiscono da soli.
Non ci sono i parenti delle vittime e le autorità circoscrizionali a presenziare all'agonia indotta, non si viene condotti semi narcotizzati, paralizzati o privati di volontà, bensì filmati in grottesche manifestazioni di giubilo e di saluti, rivolti in realtà a nessuno. " E' serenamente scomparso" si potrebbe chiosare come nelle necrologie senza contenuti comunicabili. "E' spirato felice".
Eccoci all'inversione dello spirito di conservazione, tanto patetico, infine, quanto naturale; ecco che alla malattia si sovrappone la morte interiore, che è sempre indotta dal comportamento di qualcuno, in questo caso degli angeli della morte.
Non credo che l'esperienza vissuta da spettatori sia un buon viatico per poter giudicare, suggerire, accompagnare: non è una missione benefica richiesta e, semmai, vale pubblicitariamente quella dell'assistenza alla sopravvivenza, ormai esclusivamente a pagamento.
Dunque è la stanchezza di spendere, di sacrificarsi, l'impossibilità di mantenere ancora a lungo schiere di badanti esose e ladre con i mezzi della scarna e posticipata assistenza previdenziale, che si trasmette all'impotente spettatore della sua solitudine, del suo sostanziale abbandono e che è indotto a chiedere quanto altri, per le più egoistiche o psichiatriche ragioni, desiderano che esprima. Il saluto sorridente è l'ultimo tentativo di illudersi di un rapporto che il peso della malattia ha cancellato, perché non più gratificante, né fonte di interesse.
La cultura della morte, spacciata per civiltà, va di pari passo con l'inaridimento della partecipazione sociale, dell'illusione vivificante di poter rappresentare, in salute e valentia, qualcosa di alternativo allo sfruttamento opportunistico da parte di chi è più forte ed asseconda la marginalizzazione, fino all'eliminazione di chi si trova, per qualsiasi causa, al di fuori del gioco.
Le gravi facce degli assistenti all'eliminazione, degli auisliari del boia, nascondono, anche psicologicamente, il sorriso, non  allucinato, ma rivelatore, dell'infermiera di Lugo di Romagna  e del dottor Morte di una clinica pubblica del nord Italia.
Intanto quel parlamento che Matteo Renzie, dietro mandato, aveva avviato al suicidio assistito, quasi riuscendoci, dato che è sopravvissuto, al Senato, suo malgrado, sforna pigramente, "in absentia", ogni norma suicida che le venga suggerita da un apparato non meno lobbystico di quelli economici, che, per avere successo, deve, con questi ultimi, strettamente correlarsi.
Altri attendono, nei vagoni piombati per la Svizzera, di compiere il loro viaggio prematuro verso il nulla, rifiutando la condizione del dolore.
Come dire: se non possono suicidarsi da soli, devono poter essere uccisi, lavandosene le mani, fornendo loro un manicotto plastificato da mordere.   

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