sabato 29 aprile 2017

Dopo l'ubriacatura.

I giovani italiani, nel frattempo un po' invecchiati, si sono resi conto che l'abolizione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori e tante altre trovate demolitrici degli equilibri fra imprese e lavoratori, hanno solo prodotto occasionalità e concorrenza al ribasso sulle retribuzioni.
I contratti atipici sono diventati la norma nei lavori, ripartiti fra precarietà e schiavitù e che la campagna d'infamia del posto pubblico, serviva a delegittimare la stabilità del posto occupato.
L'acquista moralità, troppo repentina, metteva  alla stanga, non i corrotti - la maggioranza - del mondo produttivo e di quello politico che, negli ultimi sessant'anni, avevano provocato una situazione di potenziale "default", rivelatasi quando la fine effettiva della seconda guerra mondiale ci ha lasciati seduti sulle macerie di un benessere usurpato con i debiti e il clientelismo.
Dopo una generazione, ormai, bruciata sull'altare del liberismo, di quei padronali destini eterni e progressivi, i discendenti di altri operai od impiegati hanno verificato che, ritornando sui propri passi  e indugiandovi, si finisce come la logica attesta e che quando si abbandona la logica per le suggestioni, l'errore è implicito.
Ormai, però, siamo nella tenaglia di un'Unione fra paesi di diversissime capacità reali di reddito e, per di più, noi abbiamo smantellato l'attività produttiva ed alienato le nostre maggiori imprese.
La FIAT ne ha preso atto e se ne è andata a sua volta.
La tenaglia strozza per le miopi politiche - anche d'arricchimento personale, nel corso di una sola generazione: la propria - e la mancanza, ormai passata agli atti, di uno sviluppo concreto e, per forza di cose, non in grado di assicurare, da subito, i livelli di ostentazione e di spreco molto più diffusi della loro sostenibilità.
Oggi, la ricchezza perduta morde ferocemente le presunzioni di status, conservate, a costo di altri debiti, questa volta individuali e familiari, mentre chi, da sempre, conduceva un tenore di vita umile, si è visto dileggiato, disprezzato e abbandonato ad una povertà che sembrava relegata nella memoria storico-tradizionale.
Anche i venti di guerra si sono levati in molte parti del mondo ed altre perturbaziooni si annunciano.  Torniamo al posto fisso, meno nevrotizzante, casomai modestamente retribuito, ma programmatore per i singoli e le loro famiglie, dal momento che anche i lavori angoscia(n)ti sono ritornati a paghe da miseria.
Troppo tardi, anche per la generazione in corso, la ritirata sindacale e l'appiattimento acritico o impotente sulle magnifiche oportunità prospettate, sono stati ingannevoli e, nelle nostre condizioni, un ritorno ad una disprezzata, per induzione, età dell'oro - altra mitologia all'incontrario - resterà confinato nel mito.    

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