giovedì 20 aprile 2017

Marcia trionfale.

Dopo troppi anni di ininterrotte rielezioni, sulla scia di una riscoperta strumentalmente confessionale, osteggiata da tutta la società civile acculturata, ma non da tutta quella imprenditoriale, Recep Tayyip Erdogan ha sovvertito il "ghota", politicamente filo occidentale della società turca ed ha portato il suo paese sulla soglia dell'autoritarismo ottomano. Lo ha fatto cavalcando i sentimenti plebei dei turchi poco o per nulla coinvolti, che sono ai margini dell'evoluto sistema economico e che si sono così rivalsi, conferendo un potere abnorme ad un uomo ed alla sua famiglia, che se ne servirà per veicolare interessi, denari e influenze nel suo raggio affaristico, dal quale tutta l'economia e la nazione turche dipenderanno.
Mentre si depenalizzano i rapporti sessuali degli adulti con i minori, purché abbiano compiuto dodici anni, si sta per indire un referendum per reintrodurre la pena di morte, che costituirà un ulteriore strumento di repressione ed eliminazione di qualsiasi avversario impegnativo. 
Il separatismo dall'Unione europea - che non li ha mai voluti - non segna il ritorno, molto tardivo, dell'orgoglio ottomano, ma l'appartarsi del fortilizio erdoganiano da un ambiente che non gli avrebbe permesso di dominare, come potrà o potrebbe fare d'ora innanzi. E' corretta l'affermazione per la quale "sono cinquantaquattro anni che ci prendono in giro", ma potevano accorgersene prima. Il senso recondito della frase è però capzioso, non analizza i trascorsi storici recenti, non dà ragione dell'atteggiamento attendista della Turchia, ma è bensì riaffermativo di un potere dinastico e affaristico, sull'abbrivio del richiamo alle radici sottostanti dell'islamismo..moderato, perché, in una versione più radicale, potrebbe alterare i traffici degli oligarchi, quelli vecchi e disponibili e di quelli nuovi. 
La tigre cavalcata si correda di affermazioni tipo: "spirito da crociati", riferito ai paesi dell'U.E.  
La Turchia, dove vige, dall'abortito colpo di Stato, lo stato di emergenza, cioè il diritto di guerra, ha portato a compimento la sistematica opera di criminalizzazione dell'opinione libera. Sul suo territorio, non solo l'espressione delle opinioni e dell'opposizione sono stati inibiti, ma anche la documentazione giornalistica internazionale è stata repressa, soprattutto quella dei blogger e dei reporter "free lance". L'ultimo caso, del nostro connazionale Del Grande, verso il quale non vengono autorizzate neanche le visite consolari, è rivelatore dello stato di dittatura sulla penisola anatolica.
La Turchia, poco tempo fa acerrima nemica della Russia, si trova ora nella situazione di esserne un'imitatrice...per puri scopi affaristici, di appropriazione affaristica.
Da tempo, con la Russia di Putin, altro autarca falso-democratico e l'ultimo dittatore senza infingimenti dell'ex Unione sovietica, il presidente dell'Azerbaijan, Aliyev, con il quale, a suo tempo, anche Berlusconi aspirava a fare affari per l'Italia, il neo despota turco Erdogan, con la sua coorte familiare e la cerchia degli imprenditori ( che non sono mai persone eminenti, ma sfruttatori di situazioni ) ha costituito una holding, una Triplice Alleanza per la realizzaizone e lo sfruttamento privato del Tap, il gasdotto dei tre regimi.
Durante la Prima Repubblica, in Italia e segnatamente nel triveneto, si irinizzava ed ironizzava  sul tratto autostradale Pi.Ru.Bi.. a cui mancava soltanto una "U": la super via che passava per i feudi di Flaminio Piccoli. Mariano Rumor e Antonio Bisaglia. Piccole assonanze di una poltica domestica e non imperialistica, ma affine alla "ratio" della politica, spiegazione delle guerre diplomatiche e poi in armi. 
Per realizzare la "grande opera" bizzantina non bastano i tre "ingegneri"; il serpentone si alimenta e viene gestito da un altro rettile lombricoforme, fatto di connessioni societarie. 
Il Tap è, per noi, la parte finale di una conduttura, che transita dalla Grecia ( ricordate l'avvicinamento greco alla Russia, quando non accettava ancora le sanzioni ? )  all'Italia, di un gasdotto di quattromila chilometri che origina dall'Azerbaijan e attraversa tutta la Turchia. Gli uliveti che si volevano abbattere in Puglia, dovevano far posto al terminale d'arrivo.
Il processo di accumulazione gassosa e societaria si è dipanato almeno dal 2006 e vede la Socar, società azera, quale mosca cocchiera di interessi che si sono via via ingigantiti. 
Il gasdotto, perché passa attraverso la Turchia, si arricchisce, a quelle latitudini, di un intreccio di società costituite ad hoc, pari per numero a quelle della casa madre. 
Numerose società "di passaggio" sono riconducibili ad Erdogan e sono dirette da suoi familiari, uno dei quali, il cognato, è anche ministro e dal cerchio magico degli imprenditori sultaneschi.
Il progetto di portare il gas dell'Azerbaijan in Puglia interseca manager in affari con le cosche, oligarchi russi e capitali offshore.
La matriosca societaria vede ai suoi apici il cognato di Erdogan e, scendendo per li rami, una "salsiccia" di imprenditori riconvertiti o di facciata. Costoro sono detti i bancomat di Erdogan e famiglia. 
Da qui, si dipana una minuziosa tela di connessione che ben altri divulgatori investigativi hanno rivelato, che disegna alla perfezione il meccanismo degli interessi veicolati in casseforti private e sicure dei denari realizzati, attraverso l'eterodirezione delle imprese, almeno di quelle strategiche, e la corte di profittatori di regime che ne puntella le connessioni.
Chiaramente, anche la stampa consentita è di regime.
Ecco le ragioni sottostanti alla dittatura referendaria e alle "pipelines" affaristiche, filtrate dalla mafia mediatrice, in Italia, copia di una mafia regional-federalista istituzionale, con assoluti margini di licenza, in generale e soprattutto nello specifico.
Di questo si felicitava il presidente egemone, ma il suo cammino è ancora contrastato più all'interno che fuori. 
Si tratterà di vedere quale sarà la capacità di influenzare gli eventi dell'Unione europea e degli Stati Uniti, se sarà coordinata o meno, se i poveri Curdi, in attesa di una loro nazione, serviranno ancora da pretesto per un gioco di spostamenti bradisistici, mentre combattono, per nostro conto, contro l'Isis. 

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