venerdì 7 aprile 2017

Contro la forza, la ragion non vale.

Salto della quaglia dell'amministrazione americana, di un'entità, comunque, che può impunemente fare il bello ed il cattivo tempo. Un raid sulla base siriana di decollo degli aviogetti al Sarin, morti militari e civili. Non credo alle giustificazioni etiche, anche se mi piacerebbe, di chi ha fatto uso sperimentale, sui civili e sul loro governo, della bomba atomica, di chi si è inventato le armi chimiche di Saddam, di chi usa e fa usare l'uranio impoverito, alle truppe delel sue coalizioni, di chi non risponde dei suoi atti al diritto penale sovranazionale. Sì, perché, il diritto della nazioni non è quasi mai violato, non prevede sanzioni e non presume di impedire atti bellici, da parte di chi è in grado di compierli, che, a sua volta, controlla, etrodirige, sanziona e rivolta quanto perplime  i suoi interessi.
E' sempre stato e sempre sarà così. Le alleanze sono variabili - per fortuna - perchè altrimenti si costituirebbe un direttorio statico ed irrimuovibile.
Insomma, la violenza è endemica, intrinsecamente connessa alla natura, di cui l'essere umano fa parte a tutti gli effetti, non è necessariamente esecrabile, per cui lo scandalo subito dimostrato dalla Russia, altro non è che interesse geostrategico da tutelare ed espandere.
In più, è paradossale che l'America si preoccupi della sicurezza del Giappone, minacciato atomicamente dalla Corea del nord, dopo che lo ha irradiato a suo tempo e che si difenda, come al tempo dei blocchi, da ogni "crescita" bellica e finanziaria degli altri Paesi. Può darsi - ma non è detto - che si tratti di una tutela ed, inquesto senso, di un ordine a noi prossimo per colonizzazione culturale e mediocre appiattimento sul più forte, ma la messa alla berlina del diritto agitato, con la forza esperita discrezionalemnte, è palese.
Contro la forza la ragion non vale.
Non vale e non può valere neppure riguardo alla violenza terroristica, che è una delle varianti, non più crudele e gratuita delle altre, della guerra sul campo, anziché, mosaicamente, dal cielo.
La stupefazione dei morti "accidentali", sulla linea del fuoco o sotto le ruote di un camion è identica, il senso di ingiustizia - da compensare attraverso la vendetta, diretta o simbolica - è esclusivamente autoreferenziale e il perdono fraterno non ha senso tranne che per gli impotenti. Chi vi aderisse per onirica convinzione, si metterebbe nelle condizioni di soffrire e perdonare tanto.
Per questo, al di là dell'analisi tecnico-militare, le azioni degli attentatori islamici o islamisti sul suolo d'europa, non mi meraviglia, né mi turba: è una condotta guerresca remota, "obbligo" morale e quindi politico di ogni musulmano. Si chiama Fatwa e, come tutti i principi religiosi, può assumere una connotazione prosaica.
Mi stupisce, però, che la battaglia si eserciti da tempo su terreni neutri: che cosa c'entra la Svezia, Paese con quattro milioni di abitanti, con leggi assai liberali e Stato sociale di garanzia, con l'imperialismo dell'occidente e della finanza? Capisco l'attentato in Norvegia, che ospitò improvvidamente, un summit fuori contesto, fra Palestinesi ed Israeliani, comprendo le azioni sul suolo danese, per un singolo affiancamento aviatorio in Medio oriente, ma ora mi sembra che il terrorismo si eserciti in ogni luogo di insediamento, anche integrato, di comunità islamiche e questo configura e certifica il conflitto di civiltà che, per ragioni mercantili, ci si ostina a negare, nella presunzione di poter isolare i gruppi armati organizzati e di sterilizzare l'approvazione non manifesta e percentualmente irrilevabile, degli islamici, emigrati nel mondo.
Resta una sperequazione di forze e di organizzazione militare, che l'america neo conservatrice, mentre afferma di non voler essere più il guardiano del mondo, in realtà esercita spregiudicatamente, in ogni dove, a conferma della sua supremazia d'interesssi, che si riverbera sul capitalismo interno, nel timore e nella previsione che possa essere messo in crisi, anche potenziale. 

Nessun commento:

Posta un commento