martedì 18 aprile 2017

Gli intrecci societari, politici, familiari, lobbystici e clientelari.

La crisi del giornalismo scritto ha indotto alcune testate storiche a costituirsi in una holding investigativa, che si vale di corrispondenti coperti negli anfratti degli interessi nascosti e nei paesi non più democratici, ma ancora interessati da un'economia di mercato re-diretto sui suoi maggiorenti di governo.
La guerra informativa sulla mafia, "lato sensu", attiva la parte delle istituzioni ancora disponibile, ma cerca anche di favorire la parte esclusa dal business affaristico che, per lievitare, ha bisogno di saldi appoggi, in cambio di cointeressenze, a livello governativo.
Per questo, la democrazia è messa a rischio sistematicamente ed abolita in Stati evolutisi non in virtù del loro liberalismo.
Il mercato arginato serve a famiglie, despoti e presidenzialisti-presidenti, per focalizzare gli introiti nei loro portafogli, attraverso la designazione di parenti ed amici ai vertici di società, finanziate da imprenditori privilegiati.
E' quanto è sistematicamente stato tentato, in italia, da Bettino Craxi e dai suoi due amici del CAF - Craxi, Andreotti, Forlani - sull'abbrivio del referendum costituzionale sul maggioritario, voluto reiteratamente da Mario Segni e, dopo più di trent'anni, sconfessato, rimediato dal voto popolare del 4 Dicembre scorso.
Toccò poi a Silvio Berlusconi farsi carico, per le sue già favorite aziende, del tentativo di suggestionare le plebi in senso presidenzialistico, anticipando, nelle intenzioni, quanto sta riuscendo ad Erdogan, in Turchia.
L'intreccio degli affari, degli interessi e delle suggestioni popolari verso un miserabile beneficio clientelare, rende coeso il pastrocchio: provvederanno gli interessi forti a disgregarlo quando non sarà più per loro conveniente, per rilanciare subito dopo un'altra campagna volta ad ottenere un consenso di copertura ai loro traffici.
Quando la democrazia "partecipe" va in crisi, ecco che si sollecitano, con tutti i mezzi, non solo mediatici, ma anche terroristici, l'instaurazione di una Stato autoritario "di copertura".
Questo e solo questo sono le istituzioni: democratiche e non.
E' chiaro che le inchieste giornalistiche, spesso veritiere sulle pagine dei periodici più accreditati, vagolano in universi spesso alieni, anche se capaci di coinvolgerci per la transnazionalità del generone profittatorio, colpendo di rado, con nome e cognome. i vandali criminali di casa nostra, se non quando la loro stella declina e il loro potere va sostituito.
Con questi limiti, l'opera è divulgativamente meritoria.
Anche le magistrature si attivano quando le circostanze lo consentono, quando il processo va solo formalizzato, se e quando hanno rivendicazioni di status economico e normativo da confermare, attraverso una correntizia corporatività, che negoziano con successo. Quando le condizioni non lo consentono, ridivengono le sentinelle ben remunerate del sistema autoritario o dittatoriale.
Fra democrazia economica e impositività privata e privatistica il crinale è sottilissimo, se manca una classe lavoratrice e  un contraddittore sociale, l'una si trasforma nell'altra e convince gli ipnotizzati ad approvarla comunque, nell'errato convincimento che tanto la dovrebbero subire lo stesso.
Chi subisce le situazioni non è moralmente migliore di chi le impone, non è questo il punto e non deve essere l'equivoco: la dicotomia reale fra l'una e l'altra sensibilità, frutto dei fatti e delle sue reali conseguenze, deve rimanere sociologicamente non confusa, delusa e rassegnata, perché è il percorso sobbalzante, non soddisfacente, ma inevitabilmente concreto e senza ingannevoli scorciatoie, dell'agone sociale.

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