giovedì 6 aprile 2017

Il paludamento della giustizia.

La Corte di giustizia europea ha condannato l'Italia per le torture inflitte agli occupanti dell'improvvisato dormitorio della scuola Diaz a Genova, durante il G8.
Una violenza tutt'altro che inaudita, scatenata dalla regia politica di Gianfranco Fini, finalmente liberatoria degli istinti più mediocri e reazionariamente autogratificatori di sadici in divisa, ignoranti e smaniosi di ritagliarsi un giorno da dominatori, soprattutto su chi è in gran parte destinato ad un ruolo diverso nella società.
Solo cinque o sei hanno accettato il risercimento di quarantacinquemila euro, conciliato in giudizio dal governo; gli altri settanta si sono rifiutati.
Se mai ce ne fosse bisogno, risulta ancora una volta macroscopicamente evidente come esista una violenza "bona", se travisata a beneficio di un ordine gerarchico sostanziale anche se formalmente inespresso ed una "mala", esperita per possesso, gratificazione e dominanza, senza ipocrisie, ancorché criminali, ma solo diversamente criminali.
Quegli uomini e quelle donne, allora ragazzi, non hanno acceduto alle miserabili scuse di un governo all'epoca non in carica, non si sono accomodati nell'istituzionalità irresponsabile di una finzione giuridica; sanno che i loro tormentatori sono impuniti e che molti di loro hanno fatto carriera.
L'approdo squadristico della polizia di Stato è un dato rimosso, ma assodato: anche i due giustizieri dell'attentatore di Monaco di Baviera, ucciso a Milano, erano due nazi-fasci manifesti che esercitavano, "sotto copertura", la loro catarsi immolatoria, la loro impossibile rivalsa rispetto ad una vita miserabile, in tutti i sensi.
Il paludamento, accettato, conciliato, della giustizia, conferma implicitamente il rischio di prendere sul serio la democrazia.

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